Depòsitum
Depòsitum [Deposito; cfr. artt. 1766 ss. c.c.]
L’istituto del depositum fu preordinato a realizzare una delle finalità della fiducia cum amico, evitando il rischio derivante dal trasferimento della proprietà delle cose date in custodia.
Contratto reale, tipico, perfezionantesi con la consegna di una cosa mobile che una parte (depositante) faceva all’altra (depositario), con l’obbligo per quest’ultima di custodirla gratuitamente e di restituirla a richiesta del depositante.
La consegna (tradìtio) comportava il trasferimento al depositario della mera detenzione della cosa (possèssio naturàlis [vedi]).
Oggetto del (—) doveva essere una cosa mobile ed infungibile.
Si trattava di un contratto gratuito, poiché il depositario non riceveva alcun compenso per la custodia. Se fosse stato previsto un sia pur minimo compenso, non si aveva più (—), ma locazione [vedi locatio-conductio].
Differiva dal (—) il mandàtum ad custodièndum, vale a dire l’incarico di custodire una cosa: mentre il deposito si perfezionava con la dàtio rèi (consegna della cosa), il mandatum era un contratto consensuale, come tale perfezionantesi a seguito del mero incontro delle volontà dei contraenti.
Il depositante era tutelato da un’àctio in factum [vedi] accordata dal pretore, azione poi trasformatasi in actio [vedi àctio] ex fide bona.
Al depositario, invece, era accordata un’actio contraria, con la quale egli poteva far valere, contro il depositante, le pretese relative all’indennizzo delle spese sostenute per la manutenzione della cosa e al risarcimento dei danni arrecati dalla cosa depositata.
Le fonti romane contemplavano figure peculiari di deposito:
— depositum necessarium o miserabile [vedi];
— depositum in sequèstrem [vedi];
— depositum irregulare [vedi].
L’istituto del depositum fu preordinato a realizzare una delle finalità della fiducia cum amico, evitando il rischio derivante dal trasferimento della proprietà delle cose date in custodia.
Contratto reale, tipico, perfezionantesi con la consegna di una cosa mobile che una parte (depositante) faceva all’altra (depositario), con l’obbligo per quest’ultima di custodirla gratuitamente e di restituirla a richiesta del depositante.
La consegna (tradìtio) comportava il trasferimento al depositario della mera detenzione della cosa (possèssio naturàlis [vedi]).
Oggetto del (—) doveva essere una cosa mobile ed infungibile.
Si trattava di un contratto gratuito, poiché il depositario non riceveva alcun compenso per la custodia. Se fosse stato previsto un sia pur minimo compenso, non si aveva più (—), ma locazione [vedi locatio-conductio].
Differiva dal (—) il mandàtum ad custodièndum, vale a dire l’incarico di custodire una cosa: mentre il deposito si perfezionava con la dàtio rèi (consegna della cosa), il mandatum era un contratto consensuale, come tale perfezionantesi a seguito del mero incontro delle volontà dei contraenti.
Il depositante era tutelato da un’àctio in factum [vedi] accordata dal pretore, azione poi trasformatasi in actio [vedi àctio] ex fide bona.
Al depositario, invece, era accordata un’actio contraria, con la quale egli poteva far valere, contro il depositante, le pretese relative all’indennizzo delle spese sostenute per la manutenzione della cosa e al risarcimento dei danni arrecati dalla cosa depositata.
Le fonti romane contemplavano figure peculiari di deposito:
— depositum necessarium o miserabile [vedi];
— depositum in sequèstrem [vedi];
— depositum irregulare [vedi].