Curia
Curia
In età arcaica, la (—) rappresentava un elemento fondamentale del sistema di organizzazione piramidale della popolazione romana. Questa originariamente era ripartita in tre tribù [vedi tribus] ed ogni tribù era, a sua volta, composta da 10 curiæ, ciascuna delle quali era presieduta da un curio; a loro volta le curiæ erano ripartite in decuriæ, ciascuna presieduta da un decurione.
A differenza delle tribù, le curiæ non rappresentavano dei distretti territoriali: la distribuzione della popolazione fra le diverse curiæ avveniva per gènera hòminum, ossia in base a vincoli gentilizi o quanto meno di stirpe.
Esse, peraltro, non avevano solo funzioni amministrative, ma fungevano anche da distretti di leva, dovendo fornire alla cìvitas un contingente fisso di fanti e cavalieri.
Un ruolo fondamentale era riservato a tali organismi nella convocazione dell’assemblea popolare: riuniti i còmitia curiàta [vedi], il popolo veniva distribuito ordinatamente nelle 30 curiæ, ciascuna delle quali costituiva una distinta unità votante.
Fra gli atti più importanti compiuti davanti alle curiæ va certamente annoverata l’enunciazione del calendario (ossia dei giorni fasti e nefasti [vedi dìes fasti] effettuata dal rex, all’inizio di ogni mese.
Nel IV sec. d.C. le curiæ erano i consigli municipali delle città. Di esse potevano far parte solo i cittadini muniti di un certo reddito proveniente da patrimonio immobiliare. Fu Costanzo [vedi] nel 342 d.C. a stabilire il reddito minimo necessario per la partecipazione alle (—). Alla fine del IV sec. d.C. furono ammessi anche i titolari di un patrimonio mobiliare non inferiore a 300 solidi. Col tempo l’inserimento nella curia fu reso obbligatorio per tutti i cittadini più ricchi e divenne ereditario. La sua principale funzione fu quella di formare i ruoli d’imposta e di attendere alla riscossione dei tributi, compito che era adempiuto per mezzo dei susceptores (esattori) [vedi]. Oltre a ciò, gli iscritti alle (—) erano tenuti, nei confronti della città a pesanti munera (doveri, oneri), quali la costruzione di opere pubbliche e l’organizzazione di giochi e servizi.
In età arcaica, la (—) rappresentava un elemento fondamentale del sistema di organizzazione piramidale della popolazione romana. Questa originariamente era ripartita in tre tribù [vedi tribus] ed ogni tribù era, a sua volta, composta da 10 curiæ, ciascuna delle quali era presieduta da un curio; a loro volta le curiæ erano ripartite in decuriæ, ciascuna presieduta da un decurione.
A differenza delle tribù, le curiæ non rappresentavano dei distretti territoriali: la distribuzione della popolazione fra le diverse curiæ avveniva per gènera hòminum, ossia in base a vincoli gentilizi o quanto meno di stirpe.
Esse, peraltro, non avevano solo funzioni amministrative, ma fungevano anche da distretti di leva, dovendo fornire alla cìvitas un contingente fisso di fanti e cavalieri.
Un ruolo fondamentale era riservato a tali organismi nella convocazione dell’assemblea popolare: riuniti i còmitia curiàta [vedi], il popolo veniva distribuito ordinatamente nelle 30 curiæ, ciascuna delle quali costituiva una distinta unità votante.
Fra gli atti più importanti compiuti davanti alle curiæ va certamente annoverata l’enunciazione del calendario (ossia dei giorni fasti e nefasti [vedi dìes fasti] effettuata dal rex, all’inizio di ogni mese.
Nel IV sec. d.C. le curiæ erano i consigli municipali delle città. Di esse potevano far parte solo i cittadini muniti di un certo reddito proveniente da patrimonio immobiliare. Fu Costanzo [vedi] nel 342 d.C. a stabilire il reddito minimo necessario per la partecipazione alle (—). Alla fine del IV sec. d.C. furono ammessi anche i titolari di un patrimonio mobiliare non inferiore a 300 solidi. Col tempo l’inserimento nella curia fu reso obbligatorio per tutti i cittadini più ricchi e divenne ereditario. La sua principale funzione fu quella di formare i ruoli d’imposta e di attendere alla riscossione dei tributi, compito che era adempiuto per mezzo dei susceptores (esattori) [vedi]. Oltre a ciò, gli iscritti alle (—) erano tenuti, nei confronti della città a pesanti munera (doveri, oneri), quali la costruzione di opere pubbliche e l’organizzazione di giochi e servizi.