Contràctus
Contràctus [Contratto; cfr. artt. 1321 ss. c.c.]
Il contratto può esser definito, con il codice civile vigente, come l’accordo tra due o più parti per costituire, regolare od estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.
La figura del (—) in diritto romano è al centro oggi di discordanti opinioni. È pacifico che esso fu inquadrato tra le fonti delle obbligazioni e, a seguito della evoluzione giuridica postclassica, nella più ampia categoria delle conventiònes [vedi convèntio]. Si discute, tuttavia, se e quando il diritto romano abbia avuto consapevolezza del (—) come strumento generale produttivo di obbligazioni, svincolato dalle singole fattispecie contrattuali di volta in volta conosciute.
La dottrina più recente ha avuto modo di rilevare che l’affermazione, spesso ripetuta, secondo la quale il diritto romano non elaborò una nozione generale del contratto, conoscendo soltanto singoli contratti, si mostra insufficiente, dovendosi piuttosto stabilire quando si giunse a concepire l’efficacia vincolante del patto, a prescindere dall’appartenenza alle singole categorie tipiche conosciute. Questa consapevolezza fu senz’altro raggiunta in diritto giustinianeo. Si è anche detto che “il nuovo orientamento del pensiero classico, in opposizione alla regola del iùs civile, aveva già rinvenuto il fondamento dei contratti di commercio nella convenzione, cioè nella volontà delle parti”. Si ritiene, comunque, certo “che il (—), quale ne fosse il significato, giunse a costituire un autonomo punto di riferimento quando venne giustapposto all’atto illecito tra le fonti dell’obbligazione”; l’accezione negoziale del termine (—) sarebbe accentuata, secondo la stessa dottrina, nella tripartizione gaiana che distingue, oltre al contratto ed al delitto, altri fatti produttivi di obbligazioni.
In diritto giustinianeo, il concetto di (—) si allargò fino a ricomprendere i rapporti analoghi a quelli contrattuali, tutelati dal diritto pretorio [vedi ius honoràrium], ma respinse tutte le fonti di obbligazioni non riconducibili ad un accordo di volontà.
L’accordo (spesso svalutato, dai giuristi classici) divenne requisito essenziale di tutti i contratti:
— sia che il consenso fosse elemento di per sé sufficiente a creare un vincolo obbligatorio (contratti consènsu);
— sia che dovesse essere accompagnato da requisiti formali (contratti lìtteris);
— sia che dovesse essere accompagnato da una consegna di cose (contratti re).
Alla suddetta tripartizione corrispondeva la suddivisione tra obbligazioni verbis, litteris o re contractæ [vedi obligàtio].
Si distingueva altresì tra:
— contratti a titolo oneroso o gratuito, a seconda che ne derivasse un vantaggio per una o per tutte le parti;
— contratti unilaterali e bilaterali a seconda che da essi nascessero obbligazioni in capo ad una sola o ad entrambe le parti;
— contratti iùris civilis e iuris gentium [vedi ius civile; ius gentium), a seconda che fossero praticabili solo fra Romani o fra Romani e stranieri. Tra i secondi, introdottisi ed affermatisi in Roma attraverso la giurisprudenza del prætor peregrìnus [vedi], rientravano i contratti consensuali di èmptio-vendìtio [vedi], locàtio-condùctio [vedi], socìetas [vedi] e mandatum [vedi]).
Secondo un principio generale, valido in diritto romano, in materia contrattuale il contratto non poteva produrre effetti che tra le parti contraenti: ciò comportava il divieto (o, comunque, l’inefficacia) del contratto a favore di terzi [vedi].
Classificazione generale dei contratti
— obligationes re contractæ
(contratti reali) mutuum
fiducia
depositum
commodatum
pignus
— obligationes verbis contractæ
(contratti verbali) sponsio
fideiussio
fidepromissio
stipulatio e adstipulatio
dotis dictio
promissio iurata liberti
vadiatura, prædiatura
— obligationes litteris contractæ
(contratti letterali) nomina transscripticia et
arcaria
chirographa
syngraphæ
— obligationes consensu contractæ
(contratti consensuali) emptio-venditio
locatio-conductio
societas
mandatum
— pacta prætoria
(contratti pretori) constitutum debiti
pactum iurisiurandi
recepta
— conventiones sine nomine
(contratti innominati)
Il contratto può esser definito, con il codice civile vigente, come l’accordo tra due o più parti per costituire, regolare od estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.
La figura del (—) in diritto romano è al centro oggi di discordanti opinioni. È pacifico che esso fu inquadrato tra le fonti delle obbligazioni e, a seguito della evoluzione giuridica postclassica, nella più ampia categoria delle conventiònes [vedi convèntio]. Si discute, tuttavia, se e quando il diritto romano abbia avuto consapevolezza del (—) come strumento generale produttivo di obbligazioni, svincolato dalle singole fattispecie contrattuali di volta in volta conosciute.
La dottrina più recente ha avuto modo di rilevare che l’affermazione, spesso ripetuta, secondo la quale il diritto romano non elaborò una nozione generale del contratto, conoscendo soltanto singoli contratti, si mostra insufficiente, dovendosi piuttosto stabilire quando si giunse a concepire l’efficacia vincolante del patto, a prescindere dall’appartenenza alle singole categorie tipiche conosciute. Questa consapevolezza fu senz’altro raggiunta in diritto giustinianeo. Si è anche detto che “il nuovo orientamento del pensiero classico, in opposizione alla regola del iùs civile, aveva già rinvenuto il fondamento dei contratti di commercio nella convenzione, cioè nella volontà delle parti”. Si ritiene, comunque, certo “che il (—), quale ne fosse il significato, giunse a costituire un autonomo punto di riferimento quando venne giustapposto all’atto illecito tra le fonti dell’obbligazione”; l’accezione negoziale del termine (—) sarebbe accentuata, secondo la stessa dottrina, nella tripartizione gaiana che distingue, oltre al contratto ed al delitto, altri fatti produttivi di obbligazioni.
In diritto giustinianeo, il concetto di (—) si allargò fino a ricomprendere i rapporti analoghi a quelli contrattuali, tutelati dal diritto pretorio [vedi ius honoràrium], ma respinse tutte le fonti di obbligazioni non riconducibili ad un accordo di volontà.
L’accordo (spesso svalutato, dai giuristi classici) divenne requisito essenziale di tutti i contratti:
— sia che il consenso fosse elemento di per sé sufficiente a creare un vincolo obbligatorio (contratti consènsu);
— sia che dovesse essere accompagnato da requisiti formali (contratti lìtteris);
— sia che dovesse essere accompagnato da una consegna di cose (contratti re).
Alla suddetta tripartizione corrispondeva la suddivisione tra obbligazioni verbis, litteris o re contractæ [vedi obligàtio].
Si distingueva altresì tra:
— contratti a titolo oneroso o gratuito, a seconda che ne derivasse un vantaggio per una o per tutte le parti;
— contratti unilaterali e bilaterali a seconda che da essi nascessero obbligazioni in capo ad una sola o ad entrambe le parti;
— contratti iùris civilis e iuris gentium [vedi ius civile; ius gentium), a seconda che fossero praticabili solo fra Romani o fra Romani e stranieri. Tra i secondi, introdottisi ed affermatisi in Roma attraverso la giurisprudenza del prætor peregrìnus [vedi], rientravano i contratti consensuali di èmptio-vendìtio [vedi], locàtio-condùctio [vedi], socìetas [vedi] e mandatum [vedi]).
Secondo un principio generale, valido in diritto romano, in materia contrattuale il contratto non poteva produrre effetti che tra le parti contraenti: ciò comportava il divieto (o, comunque, l’inefficacia) del contratto a favore di terzi [vedi].
Classificazione generale dei contratti
— obligationes re contractæ
(contratti reali) mutuum
fiducia
depositum
commodatum
pignus
— obligationes verbis contractæ
(contratti verbali) sponsio
fideiussio
fidepromissio
stipulatio e adstipulatio
dotis dictio
promissio iurata liberti
vadiatura, prædiatura
— obligationes litteris contractæ
(contratti letterali) nomina transscripticia et
arcaria
chirographa
syngraphæ
— obligationes consensu contractæ
(contratti consensuali) emptio-venditio
locatio-conductio
societas
mandatum
— pacta prætoria
(contratti pretori) constitutum debiti
pactum iurisiurandi
recepta
— conventiones sine nomine
(contratti innominati)