Condìctio indèbiti

Condìctio indèbiti [Azione per la ripetizione dell’indebito; cfr. artt. 2033 s.s.]

Actio in personam
[vedi] esperibile per chiedere la restituzione di quanto indebitamente prestato [vedi solùtio indèbiti].
Per poter esercitare la (—) occorreva:
— una dazione: l’acquisto della proprietà da parte dell’accipiente si verificava a seguito del trasferimento in proprietà di denaro o di altra cosa corporale. In età classica, peraltro, si ammise che l’acquisto di proprietà potesse ricollegarsi all’avvenuta usucapione da parte dell’accipiente, anziché alla datio, nel caso in cui questa risultava invalida, appartenendo la cosa ad altri;
— l’assenza di causa: per potersi esperire la (—) occorreva che mancasse una ragione ritenuta dal diritto sufficiente a giustificare da parte dell’accipiente la conservazione del suo acquisto.
L’obbligo di restituire la prestazione indebitamente ricevuta nasceva per il semplice fatto che si fosse data la cosa: peraltro, poiché l’accipiente acquistava in seguito alla datio la proprietà della cosa, il solvente non poteva esperire la rèi vindicàtio [vedi] della cosa trasmessa, bensì la (—).
In diritto giustinianeo si ritenne che per l’esperibilità della (—) occorressero:
— l’èrror solvèntis (errore di chi adempiva), in quanto altrimenti si riteneva che il solvente volesse gratificare l’accipiente;
— l’error accipièntis (errore di chi riceveva indebitamente la prestazione), in quanto, se l’accipiente riceveva scientemente una prestazione a lui non dovuta, si riteneva che si verificasse un furtum [vedi] con la possibilità dell’esperimento della condictio ex causa furtìva [vedi].
Sia il diritto classico che quello giustinianeo considerarono non esercitabile la (—) nel caso in cui il pagamento dell’indebito, pur se fatto per errore, era diretto ad estinguere una c.d. obligàtio naturalis [vedi]. In tal caso l’accipiente aveva diritto alla solùti retèntio [vedi].