Condìcio

Condìcio [Condizione; cfr. artt. 1353 ss. c.c.]

La (—), condizione, è uno degli accidentàlia negotii [vedi]; più precisamente, è un evento futuro ed incerto al cui verificarsi è subordinata l’efficacia di un negozio giuridico. Si distinguono:
— la condizione sospensiva (al verificarsi della quale il negozio giuridico inizia a produrre effetti giuridici);
— la condizione risolutiva (al verificarsi della quale il negozio giuridico cessa di produrre effetti giuridici).
Il diritto romano conobbe la (—) soltanto nella forma della condizione sospensiva: almeno in origine, la condizione risolutiva fu ritenuta inammissibile. Solo in diritto giustinianeo fu elaborata una definizione unica della (—), sia sospensiva che risolutiva, intesa come evento futuro ed incerto da cui poteva dipendere l’efficacia o la risoluzione del negozio.
Si distinguevano, altresì, tra condizioni:
positive o negative, a seconda che la condizione fosse legata al verificarsi (es.: se la mia nave verrà dall’Asia) o meno (se la mia nave non verrà dall’Asia) di un evento;
potestative, casuali e miste: potestative se il verificarsi dell’evento dipendeva dalla sola volontà di una delle parti (es.: se compirò quell’impresa; se vorrò); casuali se il verificarsi dell’evento dipendeva dal caso o dalla volontà di un terzo (es.: se pioverà; se la mia nave giungerà dall’Asia); miste, quando il verificarsi dell’evento dipendeva in parte dal caso o dalla volontà di un terzo e in parte dalla volontà di una parte (es.: se avrò figli);
proprie ed improprie: proprie erano le condizioni consistenti in un avvenimento futuro e incerto; improprie le condizioni che mancavano di uno di tali requisiti, e cioè non erano future o non erano incerte.
Erano condizioni improprie:
— le condizioni necessarie, dette anche “condizioni terminali”, quelle cioè consistenti in avvenimenti futuri che debbono necessariamente verificarsi (es.: se il sole tramonterà; se morirò): esse non erano che termini, e come tali venivano considerati;
— le condiciònes in præsens collatæ, quelle cioè legate al verificarsi di un evento in realtà in corso di verificazione (es.: se Tizio è già arrivato; se Caio è ancora in vita);
— le condiciones in prætèritum collatæ, quelle cioè in cui l’evento si è già verificato (es.: se ieri è giunta la nave).
Entrambe erano in realtà condiciones incertæ, non essendo le parti al corrente del verificarsi o meno dell’evento;
— le condiciones iùris, quelle che operano di diritto, “al di là di una espressa previsione delle parti” (es.: ti dono ciò, se lo accetti); in tal caso l’eventuale aggiunta era superflua e si considerava come non apposta (c.d. (—) tacita).
Principio generale era che la condizione, per avere efficacia, dovesse essere possibile e lecita.
Impossibile
era la condizione che per motivi naturali (es.: se toccherai il cielo con un dito) o giuridici (es.: se sposerai tua sorella) non poteva realizzarsi.
Per le condizioni impossibili la regola era la nullità del negozio cui esse erano apposte (vitiàtur et vìtiat); tale regola però subiva deroghe per i negozi mortis causa, per i quali tali condizioni furono considerate come non apposte, per conservare in vita il negozio (vitiatur sed non vitiat).
Nel diritto giustinianeo alle condizioni impossibili erano equiparate quelle illecite (contrarie al diritto) e quelle turpi (contrarie al buon costume).
L’apposizione di una condizione, peraltro, poneva il negozio giuridico “condizionato” in uno stato di pendenza, per tutto il periodo antecedente al verificarsi dell’evento dedotto in condizione.
Con riferimento a tale periodo di pendenza il diritto classico elaborò tre regole fondamentali:
— ogni negozio giuridico, che diminuiva il valore dell’acquisto sottoposto a condizione, originava la responsabilità di chi l’aveva compiuto;
— l’alienante, pur potendo disporre della cosa, non poteva frustrare irrimediabilmente il diritto eventuale dell’acquirente, ad esempio manomettendo lo schiavo o rendendo religiosus il locus;
— la condizione, che non si fosse verificata per opera di chi aveva interesse contrario al suo verificarsi, si considerava verificata.
Verificatasi la condizione, il negozio produceva i suoi effetti. Tali effetti per il diritto classico si producevano ex nunc, e cioè dal momento in cui si era verificata la condizione; per il diritto giustinianeo, invece, essi retroagivano e si verificavano ex tunc, cioè dal momento in cui il negozio era stato stipulato.
Il diritto giustinianeo ammise, inoltre, che i diritti potessero essere costituiti ad tempus; fu riconosciuta, in conseguenza, la possibilità di prevedere con il negozio costitutivo l’estinzione ìpso iùre [vedi] del diritto all’avverarsi della condizione risolutiva. È da rilevare, in conclusione, che alcuni negozi [vedi actus legitimi], a causa della loro rilevanza sociale, non ammettevano incertezze in merito alla produzione dei loro propri effetti (in particolare la mancipatio [vedi], l’aditio hereditatis [vedi], l’expensilàtio [vedi], l’in iure cessio [vedi] per cui erano considerati nullius momenti se corredati di clausola condizionale o di termine [vedi dies].

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