Cìvitas

Cìvitas [lett. “cittadinanza”]

Termine indicante l’appartenenza alla città di Roma; proprio soltanto dei cittadini era lo stàtus civitàtis [vedi status]. Fatti costitutivi della (—) furono:
— la nascita ex iusto matrimonio tra due romani (almeno al momento del concepimento);
— la nascita ex iusto matrimonio tra un cittadino romano (almeno al momento del concepimento) ed una straniera munita di conubium [vedi];
— la nascita non ex iusto matrimonio, da madre romana al momento del parto;
— la civitas donatio [vedi];
— la manumissio iusta ac legitima [vedi manumissio].
La (—) veniva meno soltanto per effetto della capitis deminutio maxima e media [vedi càpitis deminùtio].
In origine, si parlò di cìvitas Quirìtium, per indicare il nucleo arcaico di tribù (Ràmnes, Tìties, Lùceres) che diede origine alla città di Roma; la (—) Quiritaria era concepita come comunità di patres familiarum (Quirìtes) e trovò la sua massima espressione nell’assemblea dei patres, più tardi denominata Senatus [vedi]. Quest’ultimo eleggeva un rex vitalizio, che era il capo politico e religioso della (—).
In questa prima fase, l’ordinamento giuridico della (—) era costituito dagli accordi federatizi (o fœdera [vedi fœdus]) intervenuti tra i capi delle gèntes [vedi gens] all’atto dell’aggregazione, dalle deliberazioni (o lèges) proclamate davanti ai comìtia [vedi], nonché dai mòres maiòrum [vedi], cioè dalle consuetudini formatesi allo scopo di regolare la pacifica convivenza tra le familiæ. La violazione dei fœdera, delle leges, dei mores maiorum era considerata nèfas [vedi]: costituiva, cioè, un illecito che comportava l’ira dei nùmina (cioè delle divinità) e permetteva ad uno qualsiasi dei membri della comunità di ristabilire l’ordine sociale, uccidendo lo stesso responsabile (in caso di dichiarazione di sacèrtas [vedi] del colpevole).
Con la dominazione etrusca (sec. VII a.C.) la (—) Quiritària subì un forte sviluppo militare ad opera della potente gens Tarquinia [vedi Tarquinia, gens] e, poiché i Quiriti erano appena sufficienti a formare la cavalleria, per integrare la fanteria si fece leva sulle famiglie contadine stanziate nei dintorni della città.
I fanti del nuovo exèrcitus centuriàtus [vedi centuria; comìtia centuriata] non erano, dunque, Quirites, ma una massa eterogenea, una plebs [vedi], che finì con il contrapporsi ai Quirites o patrìcii.
La fine della (—) Quiritaria fu il frutto della rivoluzione plebea, che terminò con l’emanazione delle leges Licìniæ Sèxtiæ [vedi], le quali affidarono il comando dello Stato a due prætores-consules, uno dei quali poteva anche essere plebeo.
Per effetto della rivoluzione plebea, la (—) Quiritaria perse il suo originario valore, rilevando unicamente quale elemento distintivo tra gentes originarie di Roma e popoli soggetti al potere politico-militare dell’Urbe.
La (—) costituì privilegio di volta in volta concesso quale ricompensa per benemerenze o servigi particolari resi a Roma, finché, nel 212 d.C., la (—) fu concessa dalla Constitùtio Antoniniana [vedi], in blocco, a tutti gli abitanti dell’Impero che fossero organizzati in comunità cittadine.
Le capacità più caratteristiche del civis Romanus erano il “ius honorum” [vedi] il ius suffragii [vedi] e, nel campo del diritto privato, il ius conubii [vedi] e il ius commercii [vedi].