Ager pùblicus

Ager pùblicus

Territorio che restava fuori della città, destinato alla pastorizia ed all’agricoltura estensiva da parte della collettività.
In origine, l’(—), era suscettibile di occupazione ad opera dei patrizi, ma il relativo diritto era precario e revocabile dalla pubblica autorità in ogni momento.
In un secondo momento, a seguito del passaggio all’agricoltura intensiva, le occupazioni di siffatti appezzamenti non rivestirono più carattere provvisorio e revocabile, ma diventarono permanenti e pressoché intangibili.
Infine, l’(—) fu divisus et adsignatus (diviso ed assegnato), divenendo suscettibile di mancipàtio [vedi] [vedi ager occupatòrius; ager vectigàlis].
L’(—) si distingueva in:
— “ager publicusper antonomasia: era quello sfruttato direttamente dallo Stato (ad es. il fertilissimo “ager Campanus”);
— “ager colonicus”: era assegnato in “dominium ex iure Quiritium” [vedi] ai componenti di una “colonia civium Romanorum” [vedi colonia] sul suolo italico;
— “ager occupatorius”: era lasciato al possesso del primo occupante, che ne poteva disporre “inter vivos e “mortis causa”, ma di cui non era riconosciuto “dominus ex iure Quiritium”;
— “ager quæstorius”: una “lex” [vedi] oppure il “senatus” [vedi] mettevano a disposizione dei “quæstores” [vedi] affinché questi lo concedessero per il pascolo o per l’uso civico in cambio del pagamento di un basso canone periodico;
— “ager scriptorius”: era l’(—) eccedente il limite graccano ed era destinato a libero pascolo.