Àctio quod mètus causa
Àctio quod mètus causa [Azione per violenza morale; cfr. artt. 1434 ss.; 1437 c.c.]
Azione concessa in favore del soggetto che si era indotto a contrarre perché psichicamente oppresso da violenza morale (si sostiene, infatti, che il termine metus indicasse in senso passivo lo spavento provocato dalla vis, cioè dalla violenza).
Non sempre il metus aveva rilevanza giuridica: tale rilevanza fu riconosciuta solo se vi era la minaccia di un male notevole moralmente o giuridicamente illecito. L’(—) fu introdotta nel sistema giuridico romano dal pretore Ottavio (80 a.C.), e venne denominata anche formula Octaviana; la condanna non era, a differenza dell’actio de dolo [vedi] infamante.
Si trattava di un’actio in rem scripta [vedi]; comportava la condanna in quadruplum (cioè al pagamento del quadruplo del pregiudizio economico subito dall’attore), ma se era esperita trascorso l’anno magistratuale nel quale era stata commessa la violenza, la condanna era in simplum (mero controvalore del pregiudizio subito). Era, però, salva la possibilità, per l’autore delle minacce, di evitare la condanna, ristabilendo la preesistente situazione patrimoniale dell’attore.
In diritto giustinianeo si operò una distinzione: l’(—) comportava la condanna:
— in simplum, del soggetto che avesse tratto il profitto;
— in triplum, del soggetto autore delle minacce.
Azione concessa in favore del soggetto che si era indotto a contrarre perché psichicamente oppresso da violenza morale (si sostiene, infatti, che il termine metus indicasse in senso passivo lo spavento provocato dalla vis, cioè dalla violenza).
Non sempre il metus aveva rilevanza giuridica: tale rilevanza fu riconosciuta solo se vi era la minaccia di un male notevole moralmente o giuridicamente illecito. L’(—) fu introdotta nel sistema giuridico romano dal pretore Ottavio (80 a.C.), e venne denominata anche formula Octaviana; la condanna non era, a differenza dell’actio de dolo [vedi] infamante.
Si trattava di un’actio in rem scripta [vedi]; comportava la condanna in quadruplum (cioè al pagamento del quadruplo del pregiudizio economico subito dall’attore), ma se era esperita trascorso l’anno magistratuale nel quale era stata commessa la violenza, la condanna era in simplum (mero controvalore del pregiudizio subito). Era, però, salva la possibilità, per l’autore delle minacce, di evitare la condanna, ristabilendo la preesistente situazione patrimoniale dell’attore.
In diritto giustinianeo si operò una distinzione: l’(—) comportava la condanna:
— in simplum, del soggetto che avesse tratto il profitto;
— in triplum, del soggetto autore delle minacce.