Tommaso d’Aquino
Tommaso d’Aquino (Roccasecca, Frosinone 1225 - Fossanova, Latina 1274)
Filosofo e teologo italiano. Santo e dottore della Chiesa.
Studiò a Napoli dal 1239. Entrò nell’ordine dei domenicani nel 1244. Studiò teologia a Colonia con Alberto Magno e dal 1252 insegnò teologia a Parigi. Durante il primo biennio di insegnamento commentò la Bibbia, poi i Libri quattuor sententiarum di Pietro Lombardo. Durante questo periodo scrisse il Commento alle sentenze.
Nel 1256 ottenne da papa Alessandro IV la licentia docendi. Dal 1259 al 1268 insegnò presso la curia pontificia. In tale periodo approfondì la conoscenza di Aristotele; scrisse la Summa contra Gentiles (completata nel 1263), le Quaestiones disputatae “De potentia” e “De anima”, il trattato De regimine principum, destinato a restare incompiuto, ed iniziò la Summa theologica. Dal 1269 al 1272 insegnò nuovamente a Parigi, dove lavorò alla seconda parte della Summa. A Napoli dal 1272, lavorò alla terza parte dell’opera, senza riuscire a portarla a termine.
Il “tomismo” si fonda su una revisione del pensiero aristotelico, adeguato alla teologia cristiana e alla creazione divina. L’analogia operata tra creatore e creato presuppongono, pertanto, un rapporto fede-ragione in cui la seconda ha una relativa autonomia, dovendosi coordinare con la rivelazione cristiana.
Nel campo del pensiero giuridico appare fondamentale in (—) il concetto di uno Stato volto alla realizzazione del “bene comune”. Per (—) il potere spirituale e quello temporale derivano entrambi da Dio, ed il secondo è sottomesso al primo, per quanto riguarda il fine della salvezza dell’anima. Con riferimento al bene dello Stato, per (—), bisognerà seguire il potere temporale, piuttosto che quello spirituale. Un’eccezione sembra essere costituita dal caso in cui i due poteri facciano capo alla figura del papa.
Nel De regimine principum (—) vede i principi cristiani come sottoposti alla volontà del pontefice. In quest’opera (—) affronta i temi del potere temporale e delle forme di governo. Per (—) la migliore forma di governo è la monarchia, la quale deve però fondarsi sul rapporto tra il principe e il popolo, al fine della realizzazione del bene comune. La monarchia in (—) è dunque lontana dall’idea di monarchia assoluta e di diritto divino.
Filosofo e teologo italiano. Santo e dottore della Chiesa.
Studiò a Napoli dal 1239. Entrò nell’ordine dei domenicani nel 1244. Studiò teologia a Colonia con Alberto Magno e dal 1252 insegnò teologia a Parigi. Durante il primo biennio di insegnamento commentò la Bibbia, poi i Libri quattuor sententiarum di Pietro Lombardo. Durante questo periodo scrisse il Commento alle sentenze.
Nel 1256 ottenne da papa Alessandro IV la licentia docendi. Dal 1259 al 1268 insegnò presso la curia pontificia. In tale periodo approfondì la conoscenza di Aristotele; scrisse la Summa contra Gentiles (completata nel 1263), le Quaestiones disputatae “De potentia” e “De anima”, il trattato De regimine principum, destinato a restare incompiuto, ed iniziò la Summa theologica. Dal 1269 al 1272 insegnò nuovamente a Parigi, dove lavorò alla seconda parte della Summa. A Napoli dal 1272, lavorò alla terza parte dell’opera, senza riuscire a portarla a termine.
Il “tomismo” si fonda su una revisione del pensiero aristotelico, adeguato alla teologia cristiana e alla creazione divina. L’analogia operata tra creatore e creato presuppongono, pertanto, un rapporto fede-ragione in cui la seconda ha una relativa autonomia, dovendosi coordinare con la rivelazione cristiana.
Nel campo del pensiero giuridico appare fondamentale in (—) il concetto di uno Stato volto alla realizzazione del “bene comune”. Per (—) il potere spirituale e quello temporale derivano entrambi da Dio, ed il secondo è sottomesso al primo, per quanto riguarda il fine della salvezza dell’anima. Con riferimento al bene dello Stato, per (—), bisognerà seguire il potere temporale, piuttosto che quello spirituale. Un’eccezione sembra essere costituita dal caso in cui i due poteri facciano capo alla figura del papa.
Nel De regimine principum (—) vede i principi cristiani come sottoposti alla volontà del pontefice. In quest’opera (—) affronta i temi del potere temporale e delle forme di governo. Per (—) la migliore forma di governo è la monarchia, la quale deve però fondarsi sul rapporto tra il principe e il popolo, al fine della realizzazione del bene comune. La monarchia in (—) è dunque lontana dall’idea di monarchia assoluta e di diritto divino.