Stato di polizia
Stato di polizia [teoria dello]
Importante dottrina sviluppatasi nel secolo XVIII soprattutto in Germania ed Austria, sebbene l’autore di un primo e fondamentale Traité de la police (Parigi, 1722-1738) sia stato il francese De la Mare.
Negli scrittori del Settecento polizia corrispondeva sostanzialmente ad amministrazione interna, riferita ad ogni attività di governo.
La teoria dello (—) si fonda sull’affermazione che la comune felicità (bonum commune) dei sudditi è il fine supremo dello Stato. Essa dipende dalla realizzazione di due condizioni basilari: la sicurezza e la prosperità della vita. Ogni attività di governo deve essere ricondotta all’attuazione concreta della sicurezza e del benessere, cui gli obblighi fondamentali del principe devono essere sempre preordinati.
Primo compito del monarca è quello di proteggere i suoi sudditi da minacce esterne e, quindi, di creare e mantenere strutture militari idonee alla difesa del territorio, di assicurare l’equilibrio e la pace attraverso un’oculata politica di alleanze internazionali e di controllare attentamente, mediante ambasciatori ed informatori le mosse dei potenziali nemici.
Alla sicurezza interna il principe deve provvedere organizzando sia l’attività di polizia in senso criminale e civile che, per potersi rivelare efficace, deve essere rapida, uniforme, certa nelle decisioni e nelle esercitazioni.
Altro compito del sovrano è, infine, quello preordinato alla crescita del benessere dei propri sudditi. A ciò si ricollega la necessità di emanare disposizioni idonee a favorire lo sviluppo della ricchezza ed una sua più razionale utilizzazione, nonché di disciplinare minuziosamente i rapporti commerciali con gli altri paesi, al fine di incentivare le entrate.
La teoria dello (—) si sostanziò necessariamente, con l’estensione delle funzioni pubbliche e, quindi, dai poteri-doveri dello Stato (nella persona del principe) in vasti ambiti della vita sociale, in una nuova formulazione dell’assolutismo monarchico, sebbene tali poteri-doveri costituissero un valido limite all’arbitrio di un volere meramente dispotico.
Importante dottrina sviluppatasi nel secolo XVIII soprattutto in Germania ed Austria, sebbene l’autore di un primo e fondamentale Traité de la police (Parigi, 1722-1738) sia stato il francese De la Mare.
Negli scrittori del Settecento polizia corrispondeva sostanzialmente ad amministrazione interna, riferita ad ogni attività di governo.
La teoria dello (—) si fonda sull’affermazione che la comune felicità (bonum commune) dei sudditi è il fine supremo dello Stato. Essa dipende dalla realizzazione di due condizioni basilari: la sicurezza e la prosperità della vita. Ogni attività di governo deve essere ricondotta all’attuazione concreta della sicurezza e del benessere, cui gli obblighi fondamentali del principe devono essere sempre preordinati.
Primo compito del monarca è quello di proteggere i suoi sudditi da minacce esterne e, quindi, di creare e mantenere strutture militari idonee alla difesa del territorio, di assicurare l’equilibrio e la pace attraverso un’oculata politica di alleanze internazionali e di controllare attentamente, mediante ambasciatori ed informatori le mosse dei potenziali nemici.
Alla sicurezza interna il principe deve provvedere organizzando sia l’attività di polizia in senso criminale e civile che, per potersi rivelare efficace, deve essere rapida, uniforme, certa nelle decisioni e nelle esercitazioni.
Altro compito del sovrano è, infine, quello preordinato alla crescita del benessere dei propri sudditi. A ciò si ricollega la necessità di emanare disposizioni idonee a favorire lo sviluppo della ricchezza ed una sua più razionale utilizzazione, nonché di disciplinare minuziosamente i rapporti commerciali con gli altri paesi, al fine di incentivare le entrate.
La teoria dello (—) si sostanziò necessariamente, con l’estensione delle funzioni pubbliche e, quindi, dai poteri-doveri dello Stato (nella persona del principe) in vasti ambiti della vita sociale, in una nuova formulazione dell’assolutismo monarchico, sebbene tali poteri-doveri costituissero un valido limite all’arbitrio di un volere meramente dispotico.