Sovranità popolare
Sovranità popolare
Alle origini della vicenda dello Stato moderno, la suprema potestà di governo era attribuita ad una persona fisica, il monarca assoluto [vedi Stato assoluto]. Successivamente al sovrano in carne ed ossa subentrò la compagine statale, cui venne riconosciuta la personalità giuridica e la titolarità della sovranità [vedi]. La teoria della sovranità nazionale si sovrappose a questa concezione senza, tuttavia, incrinarla, in quanto la Nazione si risolveva interamente nello Stato.
L’articolo 1 della Costituzione italiana, che attribuisce la titolarità e l’esercizio della sovranità al popolo, pur nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione e dalle leggi, innova profondamente questa tradizione e costringe i giuristi a rivedere criticamente il dogma della sovranità statale. Come può, infatti, la suprema potestà di governo risiedere nel popolo e negli apparati dello Stato?
Una soluzione potrebbe essere quella di considerare il popolo (o meglio la parte attiva di esso che gode della capacità elettorale, vale a dire il corpo elettorale) come organo dello Stato, destinato a soddisfare l’interesse di quest’ultimo alla regolare e periodica rinnovazione di alcuni suoi organi. In realtà, l’interesse cui mira il corpo elettorale è proprio della collettività e di ciascun elettore, non dello Stato, in quanto consiste nell’attribuire agli organi statali, direttamente o mediatamente, una legittimazione popolare, dando piena attuazione al principio democratico. Del resto, la funzione elettorale è solo uno dei momenti della (—), che si estrinseca anche in istituti di democrazia diretta (referendum, iniziativa legislativa popolare) e nell’esercizio dei diritti di partecipazione e delle libertà riconosciute ai cittadini come singoli e all’interno delle formazioni sociali cui appartengono.
In quest’ottica, non può meravigliare che la dottrina arrivi a considerare lo Stato-apparato come strumento del popolo, come uno dei modi, certamente il più rilevante, attraverso cui esso esercita la sovranità.
Alle origini della vicenda dello Stato moderno, la suprema potestà di governo era attribuita ad una persona fisica, il monarca assoluto [vedi Stato assoluto]. Successivamente al sovrano in carne ed ossa subentrò la compagine statale, cui venne riconosciuta la personalità giuridica e la titolarità della sovranità [vedi]. La teoria della sovranità nazionale si sovrappose a questa concezione senza, tuttavia, incrinarla, in quanto la Nazione si risolveva interamente nello Stato.
L’articolo 1 della Costituzione italiana, che attribuisce la titolarità e l’esercizio della sovranità al popolo, pur nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione e dalle leggi, innova profondamente questa tradizione e costringe i giuristi a rivedere criticamente il dogma della sovranità statale. Come può, infatti, la suprema potestà di governo risiedere nel popolo e negli apparati dello Stato?
Una soluzione potrebbe essere quella di considerare il popolo (o meglio la parte attiva di esso che gode della capacità elettorale, vale a dire il corpo elettorale) come organo dello Stato, destinato a soddisfare l’interesse di quest’ultimo alla regolare e periodica rinnovazione di alcuni suoi organi. In realtà, l’interesse cui mira il corpo elettorale è proprio della collettività e di ciascun elettore, non dello Stato, in quanto consiste nell’attribuire agli organi statali, direttamente o mediatamente, una legittimazione popolare, dando piena attuazione al principio democratico. Del resto, la funzione elettorale è solo uno dei momenti della (—), che si estrinseca anche in istituti di democrazia diretta (referendum, iniziativa legislativa popolare) e nell’esercizio dei diritti di partecipazione e delle libertà riconosciute ai cittadini come singoli e all’interno delle formazioni sociali cui appartengono.
In quest’ottica, non può meravigliare che la dottrina arrivi a considerare lo Stato-apparato come strumento del popolo, come uno dei modi, certamente il più rilevante, attraverso cui esso esercita la sovranità.