Riforma protestante

Riforma protestante

Movimento religioso sviluppatosi nell’Europa occidentale durante il secolo XVI ma i cui prodomi risalgono ai secoli XII-XV. Esso si originò dalle esigenze di riforma delle dottrine e dei costumi della Chiesa di Roma e portò ad un distacco da quest’ultima da parte delle popolazioni di razza germanica ed alla nascita di Chiese nazionali o libere.
Protagonisti furono Lutero [vedi] in Germania, Zwingli nella Svizzera tedesca, Calvino nella Svizzera francese e nell’Europa nord-occidentale.
Il problema di una riforma della Chiesa era, in realtà, considerato fin dal Medioevo uno dei principali problemi della cristianità occidentale. Già nel corso del secolo XIV era stata invocata da più parti la necessità di una rinascita dell’originario spirito cristiano e di un risanamento morale del corpo ecclesiastico. Per molti aspetti si trattava essenzialmente di mettere in atto una riforma morale, ma, sotto altri punti di vista non ci si poteva limitare soltanto a una riforma dei costumi e ad una generica rinascita della devozione religiosa: ci si doveva indirizzare decisamente verso una riforma delle strutture fondamentali della Chiesa stessa. Il vasto rinnovamento spirituale, promosso nei diversi paesi europei dagli umanisti durante tutto il XVI secolo, influenzò profondamente anche la coscienza religiosa degli ambienti più colti e raffinati del continente, diffondendovi l’ispirazione ad un rinnovamento della vita ecclesiastica che corresse in parallelo a quello avvenuto nel campo degli studi in genere.
Diffuso era il malcontento per la politica papale degli ultimi decenni. In effetti, la Roma rinascimentale appariva più come una capitale di sovrani temporali che il centro della vita religiosa dell’Europa occidentale. Il clero possedeva enormi ricchezze e disponeva di rendite vastissime.
In una situazione di questo genere, la concessione delle indulgenze per la liberazione delle anime del Purgatorio, accompagnata da offerte di denaro alla Chiesa, assumeva sempre più l’aspetto di una vera e propria transazione finanziaria.
Le stesse banche guadagnavano enormi cifre anticipando ai papi le somme loro necessarie e prendendo in appalto la vendita delle indulgenze. A causa di tutto questo, ogni aspirazione riformatrice o qualunque trasformazione della società ispirata agli ideali evangelici non poteva non acquisire anche un carattere politico ed economico-sociale.
La (—) solitamente si fa iniziare con la pubblicazione (1517) delle 95 tesi teologiche da parte di Lutero. In esse si negava la salvezza per mezzo delle opere e si affermava il principio che la sola fede, frutto della grazia, è efficace; si proclamava la negazione del culto dei Santi, del Purgatorio e delle indulgenze; si condannavano i voti sacerdotali e di clausura, affermandosi la necessità di sacerdozio universale dei fedeli.
Quasi in contemporanea al mite riformatore luterano, ebbe il suo sviluppo l’opera del riformatore francese Calvino a Ginevra. Egli fu profondamente convinto che l’opera della Riforma non poteva essere scissa da un rinnovamento culturale, che iniziasse con la formazione di un corpo di ministri del culto moralmente irreprensibili e accuratamente istruiti. Seguendo le orme delle correnti religiose più radicali, Calvino rifiutò la subordinazione luterana della Chiesa allo Stato, sottoponendo anzi sia lo Stato sia la società civile al giudizio del Vangelo. In sostanza, il calvinismo vagheggiava una società di asceti che vivono nel mondo e in esso operano, attribuendo ad ogni atto della propria vita un valore religioso.