Podestà
Podestà
Supremo magistrato elettivo dei comuni [vedi Comune medievale] dell’Italia centro-settentrionale dei secoli XIII e XIV. Sostitui la magistratura plurima dei Consoli [vedi Console]. Tale carica ebbe origine a metà del secolo XII con la assegnazione del titolo da parte di Federico I di Hohenstaufen [vedi] a propri funzionari, da lui imposti ai comuni controllati e titolari di ampi poteri militari, giurisdizionali e di controllo sulle regalie [vedi].
La figura del (—), tuttavia, si diffuse largamente a partire dagli ultimi decenni del secolo XII ed indicò un funzionario esecutivo con ampi poteri di coordinamento delle diverse istituzioni cittadine.
Per meglio garantire la propria estraneità alle lotte di potere che dilaniavano i contrapposti partiti politici di ogni comune il (—) veniva scelto tra i migliori cittadini di altra città; durava in carica, di regola, un anno, trascorso il quale il suo operato era soggetto a sindacato. Al (—) non spettavano funzioni legislative; egli era accompagnato da un seguito di collaboratori con incarichi speciali, doveva adottare uno stile di vita irreprensibile e non poteva stringere rapporti sociali con alcuno. Era rigidamente vincolato al rispetto delle norme statutarie [vedi Statuti comunali] che, tra l’altro, disciplinavano i limiti dell’esercizio dei suoi poteri discrezionali.
Per evitare il pericolo di tirannia, il comando delle milizie veniva sottratto al (—) e affidato ad un capitano del popolo [vedi], pure forestiero e rinnovabile dopo breve periodo (o addirittura revocabile). Tuttavia, ciò non fu sufficiente ad impedire che la forma repubblicana del governo comunale si trasformasse in quella monarchica delle Signorie [vedi].
Nel secolo XIX il titolo di (—) venne utilizzato per indicare il capo dell’amministrazione di un comune durante il governo austriaco nel Regno Lombardo-Veneto.
Venne poi ripreso dal 1926 al 1945 dai sindaci fascisti di nomina governativa.
L’ufficio era gratuito, salva la previsione, in casi eccezionali di un’indennità di carica. Il (—) fascista prestava giuramento davanti al prefetto, che poteva infliggergli la sospensione, mentre la revoca avveniva per decreto penale.
Supremo magistrato elettivo dei comuni [vedi Comune medievale] dell’Italia centro-settentrionale dei secoli XIII e XIV. Sostitui la magistratura plurima dei Consoli [vedi Console]. Tale carica ebbe origine a metà del secolo XII con la assegnazione del titolo da parte di Federico I di Hohenstaufen [vedi] a propri funzionari, da lui imposti ai comuni controllati e titolari di ampi poteri militari, giurisdizionali e di controllo sulle regalie [vedi].
La figura del (—), tuttavia, si diffuse largamente a partire dagli ultimi decenni del secolo XII ed indicò un funzionario esecutivo con ampi poteri di coordinamento delle diverse istituzioni cittadine.
Per meglio garantire la propria estraneità alle lotte di potere che dilaniavano i contrapposti partiti politici di ogni comune il (—) veniva scelto tra i migliori cittadini di altra città; durava in carica, di regola, un anno, trascorso il quale il suo operato era soggetto a sindacato. Al (—) non spettavano funzioni legislative; egli era accompagnato da un seguito di collaboratori con incarichi speciali, doveva adottare uno stile di vita irreprensibile e non poteva stringere rapporti sociali con alcuno. Era rigidamente vincolato al rispetto delle norme statutarie [vedi Statuti comunali] che, tra l’altro, disciplinavano i limiti dell’esercizio dei suoi poteri discrezionali.
Per evitare il pericolo di tirannia, il comando delle milizie veniva sottratto al (—) e affidato ad un capitano del popolo [vedi], pure forestiero e rinnovabile dopo breve periodo (o addirittura revocabile). Tuttavia, ciò non fu sufficiente ad impedire che la forma repubblicana del governo comunale si trasformasse in quella monarchica delle Signorie [vedi].
Nel secolo XIX il titolo di (—) venne utilizzato per indicare il capo dell’amministrazione di un comune durante il governo austriaco nel Regno Lombardo-Veneto.
Venne poi ripreso dal 1926 al 1945 dai sindaci fascisti di nomina governativa.
L’ufficio era gratuito, salva la previsione, in casi eccezionali di un’indennità di carica. Il (—) fascista prestava giuramento davanti al prefetto, che poteva infliggergli la sospensione, mentre la revoca avveniva per decreto penale.