Parlamenti

Parlamenti

Assemblee consultive o rappresentative di origine medievale.
Il termine “parlamento” compare nell’alto Medioevo per designare una riunione di persone al fine di decidere su questioni pubbliche. In tal modo si chiamarono le riunioni di baroni svoltesi in Sicilia e in Inghilterra, così come le riunioni dei cittadini dei comuni italiani.
Il “parlamento generale” era un’assemblea di nobili, ecclesiastici e notabili cittadini. Esso aveva il compito di tutelare gli interessi dei ceti feudali, all’interno della società di ordini. I primi (—) nacquero per decisione del sovrano, che se ne serviva per rafforzare talune sue decisioni; in seguito conobbero un processo di autonomizzazione, fino ad entrare talvolta, in collisione con il sovrano stesso.
• (—) medievali
In Spagna nell’XI secolo nacquero le Cortes [vedi]. Esse presentavano la tripartizione per stati (nobiltà, clero, borghesia), che sarà poi ripresa altrove, ad esempio, in Sicilia e in Francia. Nel 1188 la curia del regno di Leòn, composta da vescovi, nobili e rappresentanti delle città, fu convocata dal re Alfonso IX. In tale occasione il sovrano promise che le decisioni più importanti sarebbero state prese con l’accordo dell’assemblea.
Di scarsa importanza furono, al contrario, i “colloqui” di nobili, prelati e messi cittadini, convocati da Federico II [vedi Federico II di Svevia], al solo fine di far apprendere le decisioni del sovrano.
Appare difficile stabilire il momento in cui il parlamento, da organo secondario e consultivo si trasformò in organo autonomo e decisionale. Un fattore di non trascurabile importanza potrebbe essere assunto dalla partecipazione a tali assemblee dei rappresentanti delle città. Ciò si verificò, ad esempio, nel Regno di Sicilia a partire dal 1232, in Germania (Dieta imperiale) dal 1274, in Inghilterra dal 1295, in Francia (Stati generali) dal 1302. In realtà una netta distinzione tra i due tipi di assemblea non appare sempre rilevabile. È anzi più opportuno prendere in considerazione il fatto che tali organi abbiano funzionato, per un lungo periodo di tempo, con una duplice funzione: quella medievale di “assemblea di stati”, quella moderna di “(—)”.
Durante il medioevo si assiste alla nascita e allo sviluppo di numerose assemblee.
Nel Regno di Sicilia la costituzione De curia semel in anno facienda (1296) stabiliva la convocazione annuale dell’assemblea, la quale nel periodo aragonese assunse una certa rilevanza. A partire dal regno di Martino I il Giovane (1392-1409) il parlamento di Sicilia, diviso in tre “bracci” (militare o feudale; ecclesiastico; reale o cittadino), esaminava le proposte regie e ne presentava di proprie, alle quali il sovrano apponeva (o meno) il suo benestare. Nell’Italia meridionale si ebbero riunioni di (—) sotto Alfonso I (1442-1458), anche se nel Regno di Napoli occorrerà attendere il XVI secolo per avere degli istituti rappresentativi.
Nei diversi regni della penisola iberica numerose Cortes furono convocate nel XIV e nel XV secolo. In Castiglia, un’assemblea del 1307, durante il regno di Ferdinando IV (1285-1312), stabilì un “patto solenne tra il Re e il popolo”. L’Aragona e la Catalogna avevano ottenuto nel 1283 la convocazione annuale delle Cortes, ma tale regola non sarà rispettata: dal 1301 esse saranno convocate ad un ritmo triennale. In Portogallo l’assemblea tenuta a Coimbra nel 1385 decise il nuovo re, Giovanni I il Grande (1385-1433), stabilendo nel contempo la regola della convocazione annuale e della necessità del suo consenso, ai fini dell’operato del sovrano.
In Francia i (—) ebbero il nome di Stati generali [vedi] e furono convocati già nel XIV e nel XV secolo, anche se con scarsi risultati. Le assemblee del 1484 non riuscirono nemmeno ad ottenere dalla corona il diritto di decidere le imposte, né il riconoscimento della convocazione annuale.
Il parlamento inglese presenta la tipica struttura bicamerale [vedi Camera dei Comuni; Camera dei Lords] dal XIII secolo. Nel 1376 la Camera dei Comuni aveva già un certo potere, tale da chiedere al re Edoardo III che nobili, prelati e cittadini non fossero gravati da richieste di “aiuti finanziari” senza il consenso di tutti. Nello stesso anno i Comuni riuscirono ad ottenere l’impeachment [vedi] di alcuni alti funzionari del regno. Nel 1407 essi avanzarono la pretesa che la loro decisione fosse prioritaria rispetto ai Lords, per quanto concerneva i provvedimenti finanziari.
Nei paesi dell’area germanica numerose assemblee si tennero a partire dal XIII secolo. Nel 1231 una dieta di principi convocata a Worms ottenne da Federico II la convocazione, per i singoli territori, di assemblee locali, qualora si dovessero introdurre novità legislative. Tali assemblee funzionarono in maniera dissimile a seconda dei diversi territori. Al contrario, la dieta dell’impero (Reichstag) iniziò ad assumere una fisionomia definitiva solo sul finire del XV secolo: nel 1489 la riforma dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo disegnò un organo tricamerale, composto dai principi elettori, da nobili e prelati e dagli inviati delle città. Ciò senza che tale organo esercitasse dei poteri reali.
• (—) moderni
La nascita e il rafforzamento delle monarchie nazionali ridusse l’importanza dei (—) generali, parallelamente al ridimensionamento delle aspirazioni politiche dei ceti nobiliari.
Il Parlamento del Regno di Napoli aveva acquistato una certa autonomia durante il dominio spagnolo, tanto da essere convocato ripetutamente sia nel XVI, sia nel XVII secolo. Ma dopo il 1642 esso non sarà più convocato.
Anche le Cortes spagnole di Castiglia e d’Aragona conobbero un periodo di decadenza, in concomitanza con l’ascesa di sovrani particolarmente significativi. Carlo V d’Asburgo [vedi], infatti, ridusse i poteri delle Cortes castigliane e Filippo II condusse una politica simile nei confronti di quelle aragonesi.
Il parlamento inglese ebbe un rapporto di collaborazione con la dinastia dei Tudor, arrivando a sostenere apertamente, soprattutto in campo religioso, la politica autonomistica in funzione anti-papale di Enrico VIII (1509-1547). La Camera dei Comuni difese le proprie prerogative anche durante il regno di Elisabetta I (1558-1603). Entrato in contrasto con la dinastia degli Stuart, il parlamento giunse allo scontro con Carlo I, la cui morte, nel 1649, fu decretata da giudici di nomina parlamentare. Dopo la “rivoluzione gloriosa” (1688-’89), esso si trasformò in un potere autonomo, riuscendo ad imporsi definitivamente al sovrano. Maria II e Guglielmo III d’Orange (1689-1702), riconobbero l’illegittimità di loro comportamenti contrari alle leggi supreme e l’impossibilità di decidere provvedimenti finanziari o l’uso dell’esercito senza il voto delle Camere. Nel 1716 i Comuni, con il Septennial Bill, determinarono la propria durata e il proprio mandato.
Gli Stati generali in Francia non furono convocati (dopo il 1484) che nel 1560, senza che essi riuscissero ad ottenere il riconoscimento delle richieste presentate. La sessione del 1614 non produsse alcun risultato rimarchevole. In tale paese il potere monarchico si giovò dell’assenza di un forte organo assembleare. La convocazione degli Stati generali nel 1789 può essere considerata come l’origine del parlamentarismo contemporaneo. Il Terzo Stato [vedi], dichiarandosi Assemblea Nazionale [vedi Assemblea Nazionale Costituente] assunse il monopolio della funzione legislativa, disegnando un modello che conoscerà una larga diffusione.
Nel corso del XIX secolo la limitazione dei poteri sovrani si accompagnò all’aumento dei poteri del parlamento, formato in base ad un criterio elettivo. L’accordo tra il sovrano e le classi borghesi è all’origine della monarchia costituzionale, nella quale la costituzione concessa dal sovrano (o ottenuta dal popolo), definisce i poteri e i rapporti fra gli organi dello Stato. L’evoluzione successiva vide un ulteriore rafforzamento delle camere elettive, di fronte alle quali il Governo divenne responsabile politicamente (monarchia parlamentare).
I (—) contemporanei si informano al principio del suffragio universale, ed hanno una struttura monocamerale o bicamerale. Essi svolgono funzioni di rappresentanza dei cittadini, legislative e di controllo. Al parlamento spetta il potere di esprimere la volontà politica del Paese trasformandola in leggi. Svolge inoltre un ruolo di controllo: nelle monarchie e nelle repubbliche parlamentari il Governo ha bisogno della fiducia del parlamento. Nelle repubbliche presidenziali la funzione di controllo viene esercitata attraverso la creazioni di commissioni oppure negando l’appoggio ad iniziative dell’esecutivo.