Leggi fascistissime
Leggi fascistissime
Con tale definizione si designa la legislazione italiana emanata dopo il discorso tenuto da Mussolini alla Camera il 3 gennaio 1925 con cui, in deroga all’art. 47 dello Statuto albertino, egli assumeva da solo la responsabilità politica, morale e storica del Paese.
Abbandonata la politica della collaborazione con i non fascisti, il potere si accentrò tutto nel regime ormai non più timoroso di esporsi sul piano formale.
Tra le (—) ricordiamo:
— la l. 24-12-1925 sulle attribuzioni del Capo del Governo: esso era nominato e revocato dal re e responsabile solo verso questi dell’indirizzo generale politico del governo. I Ministri, nominati e revocati dal re su proposta del capo del governo, erano responsabili verso la corona e verso il capo del governo (art. 2). Il capo del governo dirigeva e coordinava il loro operato (art. 3), in base all’art. 6 compilava l’ordine del giorno del Parlamento; ciò sanciva la fine del confronto parlamentare;
— la l. 9-12-1928 sul Gran Consiglio del fascismo [vedi], successivamente integrata, apportò alcune modifiche alla legge del 1925. Il Consiglio avrebbe dovuto provvedere alla compilazione e all’aggiornamento di una lista di nominativi da presentare alla Corona per la nomina del capo del governo e dei ministri, per far traslare la designazione del Parlamento al partito fascista; il capo del governo, ad un tempo anche capo del partito, era responsabile solo nominalmente nei confronti del re, ma effettivamente nei confronti del partito;
— la legge sulla stampa con cui furono asserviti al regime gli organi principali della stampa italiana (La Stampa e Il Corriere della Sera passarono in mano al regime);
— la legge sulle associazioni con cui ne veniva soffocata l’attività;
— la l. 13-1-1923 istitutiva della milizia volontaria per la sicurezza nazionale (le cui origini sono rintracciabili nelle squadre d’azione del periodo pre-governativo);
— l’entrata in vigore, il 27 aprile 1927, della Carta del lavoro [vedi], documento fondamentale dello Stato corporativo, dove il lavoro venne considerato dovere sociale tutelato dallo Stato, divenuto monopolista del potere economico;
— la l. 5-2-1934 istitutiva delle corporazioni;
— la l. 19-1-1939, istitutiva della Camera dei Fasci e delle Corporazioni.
Con tale definizione si designa la legislazione italiana emanata dopo il discorso tenuto da Mussolini alla Camera il 3 gennaio 1925 con cui, in deroga all’art. 47 dello Statuto albertino, egli assumeva da solo la responsabilità politica, morale e storica del Paese.
Abbandonata la politica della collaborazione con i non fascisti, il potere si accentrò tutto nel regime ormai non più timoroso di esporsi sul piano formale.
Tra le (—) ricordiamo:
— la l. 24-12-1925 sulle attribuzioni del Capo del Governo: esso era nominato e revocato dal re e responsabile solo verso questi dell’indirizzo generale politico del governo. I Ministri, nominati e revocati dal re su proposta del capo del governo, erano responsabili verso la corona e verso il capo del governo (art. 2). Il capo del governo dirigeva e coordinava il loro operato (art. 3), in base all’art. 6 compilava l’ordine del giorno del Parlamento; ciò sanciva la fine del confronto parlamentare;
— la l. 9-12-1928 sul Gran Consiglio del fascismo [vedi], successivamente integrata, apportò alcune modifiche alla legge del 1925. Il Consiglio avrebbe dovuto provvedere alla compilazione e all’aggiornamento di una lista di nominativi da presentare alla Corona per la nomina del capo del governo e dei ministri, per far traslare la designazione del Parlamento al partito fascista; il capo del governo, ad un tempo anche capo del partito, era responsabile solo nominalmente nei confronti del re, ma effettivamente nei confronti del partito;
— la legge sulla stampa con cui furono asserviti al regime gli organi principali della stampa italiana (La Stampa e Il Corriere della Sera passarono in mano al regime);
— la legge sulle associazioni con cui ne veniva soffocata l’attività;
— la l. 13-1-1923 istitutiva della milizia volontaria per la sicurezza nazionale (le cui origini sono rintracciabili nelle squadre d’azione del periodo pre-governativo);
— l’entrata in vigore, il 27 aprile 1927, della Carta del lavoro [vedi], documento fondamentale dello Stato corporativo, dove il lavoro venne considerato dovere sociale tutelato dallo Stato, divenuto monopolista del potere economico;
— la l. 5-2-1934 istitutiva delle corporazioni;
— la l. 19-1-1939, istitutiva della Camera dei Fasci e delle Corporazioni.