Kant Immanuel
Kant Immanuel (Königsberg 1724-1804)
Filosofo tedesco. Dopo gli studi all’università di Königsberg, ne divenne poi professore (1770). Non lasciò mai la città natale. Fu il primo grande filosofo a tenere un normale insegnamento universitario.
La prima parte della sua opera è improntata al razionalismo e all’empirismo. Nella Critica della ragion pura (1781; la seconda edizione è del 1787), (—) si oppose alla pretesa di poter stabilire, attraverso operazioni concettuali, idee che andassero al di là dell’esperienza (quali “Dio” o “libertà”). Per (—) l’esperienza non può offrire alla conoscenza una validità universale e necessaria. Tale fondamento risiede nella ragione, intesa quale istanza che prescrive regole e condizioni di possibilità per sintetizzare i dati dell’esperienza.
Nella Critica della ragion pratica (1788) (—) ritenne che le “massime” (principi pratici soggettivi) fossero idonee a costituire una legge razionale universale ma solo se corrispondenti ad una legislazione universale. L’uomo doveva agire in maniera che la “massima” della propria volontà valesse anche come principio di una legislazione universale (imperativo categorico).
Per la pace perpetua (1795) e Metafisica dei costumi (1797) costituiscono le due opere di (—) più importanti per la filosofia politica. Nella prima egli individuò le condizioni di una pace duratura: ogni Stato doveva avere un sistema rappresentativo e la divisione dei poteri [vedi]; gli Stati liberi dovevano formare un’alleanza per la pace; occorreva creare un diritto civile cosmopolita. Nella seconda opera (—) presentò l’atto con il quale un popolo si costituisce in Stato come un contratto originario [vedi Contrattualismo], in virtù del quale l’individuo cedeva la sua libertà esteriore, in modo da riacquistarla come membro della collettività statale.
Il rispetto dei diritti inalienabili dell’uomo (libertà, uguaglianza, cittadinanza) sono per (—) il fondamento di ogni ordine politico legittimo. È la difesa di questi ultimi, non la felicità dei cittadini, lo scopo della politica.
Filosofo tedesco. Dopo gli studi all’università di Königsberg, ne divenne poi professore (1770). Non lasciò mai la città natale. Fu il primo grande filosofo a tenere un normale insegnamento universitario.
La prima parte della sua opera è improntata al razionalismo e all’empirismo. Nella Critica della ragion pura (1781; la seconda edizione è del 1787), (—) si oppose alla pretesa di poter stabilire, attraverso operazioni concettuali, idee che andassero al di là dell’esperienza (quali “Dio” o “libertà”). Per (—) l’esperienza non può offrire alla conoscenza una validità universale e necessaria. Tale fondamento risiede nella ragione, intesa quale istanza che prescrive regole e condizioni di possibilità per sintetizzare i dati dell’esperienza.
Nella Critica della ragion pratica (1788) (—) ritenne che le “massime” (principi pratici soggettivi) fossero idonee a costituire una legge razionale universale ma solo se corrispondenti ad una legislazione universale. L’uomo doveva agire in maniera che la “massima” della propria volontà valesse anche come principio di una legislazione universale (imperativo categorico).
Per la pace perpetua (1795) e Metafisica dei costumi (1797) costituiscono le due opere di (—) più importanti per la filosofia politica. Nella prima egli individuò le condizioni di una pace duratura: ogni Stato doveva avere un sistema rappresentativo e la divisione dei poteri [vedi]; gli Stati liberi dovevano formare un’alleanza per la pace; occorreva creare un diritto civile cosmopolita. Nella seconda opera (—) presentò l’atto con il quale un popolo si costituisce in Stato come un contratto originario [vedi Contrattualismo], in virtù del quale l’individuo cedeva la sua libertà esteriore, in modo da riacquistarla come membro della collettività statale.
Il rispetto dei diritti inalienabili dell’uomo (libertà, uguaglianza, cittadinanza) sono per (—) il fondamento di ogni ordine politico legittimo. È la difesa di questi ultimi, non la felicità dei cittadini, lo scopo della politica.