Jean de Paris
Jean de Paris (Parigi 1260 ca - Bordeaux 1306)
Giurista e filosofo francese appartenente all’ordine dei domenicani, conosciuto anche come Jean Quidort.
All’interno della pubblicistica francese che, all’inizio del XIV secolo, negava ogni sottomissione del sovrano all’imperatore e al potere temporale del papa, costituì il pensatore più acuto. Insegnante di teologia, fu sospeso dall’insegnamento dopo una condanna papale.
La sua opera più importante è il De potestate regia et papali (1302-1303).
In essa (—) osservava come il valore della naturalità attribuito da Aristotele alla polis appartenesse ad ogni città o regione, e non all’impero. In base al diritto naturale non era necessario che vi fosse un unico monarca nella sfera temporale, ma solo in quella spirituale. Mentre l’unicità appariva propria dell’elemento “celeste”, non altrettanto poteva dirsi della realtà terrena, la quale conosceva una diversità di leggi, spesso brutali. All’interno di questa realtà temporale si avvertiva l’esigenza di unità rappresentata dal sovrano. Secondo (—) la legittimità del regno di Francia aveva un’origine interna, fondata sul consenso della società. In base al principio di effettività egli negava qualsiasi potere temporale del pontefice (tranne che sulla città di Roma): disconosceva, in tal modo, il valore della Donazione di Costantino [vedi].
L’unicità della sfera religiosa riconosciuta da (—), gli permetteva di prefigurare il conferimento al sovrano di poteri anche in materia religiosa.
Giurista e filosofo francese appartenente all’ordine dei domenicani, conosciuto anche come Jean Quidort.
All’interno della pubblicistica francese che, all’inizio del XIV secolo, negava ogni sottomissione del sovrano all’imperatore e al potere temporale del papa, costituì il pensatore più acuto. Insegnante di teologia, fu sospeso dall’insegnamento dopo una condanna papale.
La sua opera più importante è il De potestate regia et papali (1302-1303).
In essa (—) osservava come il valore della naturalità attribuito da Aristotele alla polis appartenesse ad ogni città o regione, e non all’impero. In base al diritto naturale non era necessario che vi fosse un unico monarca nella sfera temporale, ma solo in quella spirituale. Mentre l’unicità appariva propria dell’elemento “celeste”, non altrettanto poteva dirsi della realtà terrena, la quale conosceva una diversità di leggi, spesso brutali. All’interno di questa realtà temporale si avvertiva l’esigenza di unità rappresentata dal sovrano. Secondo (—) la legittimità del regno di Francia aveva un’origine interna, fondata sul consenso della società. In base al principio di effettività egli negava qualsiasi potere temporale del pontefice (tranne che sulla città di Roma): disconosceva, in tal modo, il valore della Donazione di Costantino [vedi].
L’unicità della sfera religiosa riconosciuta da (—), gli permetteva di prefigurare il conferimento al sovrano di poteri anche in materia religiosa.