Iurisdictio
Iurisdictio (Giurisdizione)
La nozione di (—) sorge con l’affermarsi dello Stato considerato come fonte esclusiva del diritto. In diritto romano essa era un aspetto secondario dell’imperium, sinonimo di pubblico potere, che, pur emanando dal popolo romano, era concentrato nelle diverse magistrature (consoli, pretori, questori, edili etc).
Nell’età di mezzo la funzione di giustizia (che a Roma per la maggior parte era esercitata da privati) costituì, invece, un attributo politico del principe che la delegava ai suoi fiduciari o, nelle altre forme di Stato, si riferiva a corporazioni [vedi] o all’autorità dei liberi comuni [vedi Comune medievale].
Con il riconoscimento e dopo il consolidarsi delle grandi monarchie nazionali la (—) ritorna ad essere un aspetto dell’imperium esercitato dal sovrano (o dai suoi stretti consiglieri), considerato custode supremo del diritto e riparatore di tutti i torti.
Lo svincolo dell’autorità regia da parte dei soggetti chiamati ad esercitare la giustizia, cominciò ad emergere in parallelo con l’emanazione di quel corpo di leges fundamentales [vedi Lex fundamentalis] che limitavano i poteri del sovrano per un più equo perseguimento del bene comune. In particolare, in Inghilterra con l’Act of Settlement [vedi] (1701) fu stabilito che le nomine dei giudici fossero disposte dal sovrano per tempo indeterminato; unica causa di rimozione ammessa era la cd. misbehaviour (cioè condotta privata disdicevole o inosservanza dei doveri d’ufficio) proposta dal sovrano e dichiarata dal Parlamento.
La raggiunta indipendenza e la quasi inamovibilità dei giudici ne garantivano l’imparzialità da interferenze del potere politico nei confronti del popolo, lontano dalle intemperanze del potere.
Con il conforto di tali guarentigie i giudici sono divenuti, nelle varie epoche e nei diversi Paesi, i garanti delle libertà e dei diritti dei cittadini, prerogative potenzialmente messe in pericolo dalla forza dell’esecutivo.
La nozione di (—) sorge con l’affermarsi dello Stato considerato come fonte esclusiva del diritto. In diritto romano essa era un aspetto secondario dell’imperium, sinonimo di pubblico potere, che, pur emanando dal popolo romano, era concentrato nelle diverse magistrature (consoli, pretori, questori, edili etc).
Nell’età di mezzo la funzione di giustizia (che a Roma per la maggior parte era esercitata da privati) costituì, invece, un attributo politico del principe che la delegava ai suoi fiduciari o, nelle altre forme di Stato, si riferiva a corporazioni [vedi] o all’autorità dei liberi comuni [vedi Comune medievale].
Con il riconoscimento e dopo il consolidarsi delle grandi monarchie nazionali la (—) ritorna ad essere un aspetto dell’imperium esercitato dal sovrano (o dai suoi stretti consiglieri), considerato custode supremo del diritto e riparatore di tutti i torti.
Lo svincolo dell’autorità regia da parte dei soggetti chiamati ad esercitare la giustizia, cominciò ad emergere in parallelo con l’emanazione di quel corpo di leges fundamentales [vedi Lex fundamentalis] che limitavano i poteri del sovrano per un più equo perseguimento del bene comune. In particolare, in Inghilterra con l’Act of Settlement [vedi] (1701) fu stabilito che le nomine dei giudici fossero disposte dal sovrano per tempo indeterminato; unica causa di rimozione ammessa era la cd. misbehaviour (cioè condotta privata disdicevole o inosservanza dei doveri d’ufficio) proposta dal sovrano e dichiarata dal Parlamento.
La raggiunta indipendenza e la quasi inamovibilità dei giudici ne garantivano l’imparzialità da interferenze del potere politico nei confronti del popolo, lontano dalle intemperanze del potere.
Con il conforto di tali guarentigie i giudici sono divenuti, nelle varie epoche e nei diversi Paesi, i garanti delle libertà e dei diritti dei cittadini, prerogative potenzialmente messe in pericolo dalla forza dell’esecutivo.