Giustizia
Giustizia
Qualità che fa dare a ciascuno ciò che gli è dovuto.
Nel pensiero dei filosofi greci l’idea della (—) si collega in maniera indissolubile al concetto di necessità (fisica e morale), espressione di un’armonia universale superiore alle mutevoli leggi umane.
Nella prospettiva ebraico-cristiana essa è connessa all’idea della Provvidenza divina: essa si sostanzia nella conformità piena ed incondizionata alla volontà di Dio.
Nel pensiero dei giuristi romani la (—) si lega al concetto di auctoritas, ed assume il significato di conformità all’ordine pacificatore dell’autorità. Essa appare fondamentalmente una creazione umana e si sostanzia nell’attribuire a ciascun individuo ciò che già gli compete secondo ragione.
Alla fine del Medioevo e con l’avvento degli Stati moderni si delinea un sostanziale dualismo tra i concetti di (—) come legalità e (—) con valore spirituale ed interiore.
Con l’affermarsi dello Stato moderno si affermano, dunque, tre diverse ed inconciliabili prospettive della (—): quella politico-legale (strettamente connessa al concetto di Stato moderno e all’idea della superiore volontà del sovrano); quella spirituale (relativa alla coscienza del singolo individuo ed alla sua razionalità); quella teologica (che si esprime, sempre nell’ambito della coscienza individuale, nei vincoli imposti e negli insegnamenti impartiti dalle chiese).
• (—) attributiva e ricompensativa
La distinzione appartiene a Grozio [vedi Grozio Ugo], che la formulò nel suo trattato di diritto delle genti De Jure belli ac pacis. Essa corrisponde alla distinzione tra diritto imperfetto e diritto perfetto. La giustizia attributiva, concernente il diritto imperfetto, consiste nel concedere ad un soggetto ciò che esso non ha il diritto di rivendicare. La giustizia ricompensativa, concernente il diritto perfetto, consiste nell’attribuire ad un soggetto la giusta ricompensa, ossia ciò che egli ha il diritto di pretendere.
• (—) formale
È quella forma di giustizia la cui realizzazione coincide con un’applicazione della norma giuridica operata alla stregua di principi astratti tendenzialmente coincidenti con i valori etico-sociali espressi da una collettività di individui in un determinato momento storico. La (—) trova la sua massima espressione nel principio di legalità [vedi] formale, che assicura la certezza del diritto, ponendo i cittadini al riparo da applicazioni giurisprudenziali arbitrarie o dettate da ideologie personali. La garanzia rappresentata dall’elevato grado di certezza che il principio di legalità formale offre ai singoli individui non deve tuttavia tradursi in una cristallizzazione normativa avulsa dal contesto sociale e dai nuovi valori prodotti dalla cultura e dal comune sentimento con l’evolversi dei costumi e delle ideologie. Il delicato compito di evitare i disagi che l’applicazione di una normativa non più conforme alle esigenze sociali comporta è affidato alla sensibilità del legislatore, la cui intempestività è spesso causa di gravi discrasie tra (—) e giustizia sostanziale. Quando ciò accade si determina quella che, nel linguaggio corrente, viene definita come crisi del diritto perché il giurista non è più in grado di giustificare l’osservanza o l’applicazione della norma.
• (—) sostanziale
È quella forma di giustizia che si ispira ai valori etico-sociali espressi dalla società in un determinato momento storico, prescindendo dall’osservanza della norma giuridica. La (—), pur comprimendo la garanzia rappresentata dalla certezza del diritto ha tuttavia il vantaggio di assicurare, in maniera costante, l’adeguamento del sistema giuridico all’evolversi dell’organizzazione e del costume sociale.
Essa si uniforma tendenzialmente alla giustizia formale ma discrasie tra le due giustizie possono essere determinate dall’applicazione di norme culturalmente e socialmente superate. Il compito di porre fine ai disagi che una tale situazione di “crisi” inevitabilmente comporta è affidata alla sapienza e alla lungimiranza del giurista.
Qualità che fa dare a ciascuno ciò che gli è dovuto.
Nel pensiero dei filosofi greci l’idea della (—) si collega in maniera indissolubile al concetto di necessità (fisica e morale), espressione di un’armonia universale superiore alle mutevoli leggi umane.
Nella prospettiva ebraico-cristiana essa è connessa all’idea della Provvidenza divina: essa si sostanzia nella conformità piena ed incondizionata alla volontà di Dio.
Nel pensiero dei giuristi romani la (—) si lega al concetto di auctoritas, ed assume il significato di conformità all’ordine pacificatore dell’autorità. Essa appare fondamentalmente una creazione umana e si sostanzia nell’attribuire a ciascun individuo ciò che già gli compete secondo ragione.
Alla fine del Medioevo e con l’avvento degli Stati moderni si delinea un sostanziale dualismo tra i concetti di (—) come legalità e (—) con valore spirituale ed interiore.
Con l’affermarsi dello Stato moderno si affermano, dunque, tre diverse ed inconciliabili prospettive della (—): quella politico-legale (strettamente connessa al concetto di Stato moderno e all’idea della superiore volontà del sovrano); quella spirituale (relativa alla coscienza del singolo individuo ed alla sua razionalità); quella teologica (che si esprime, sempre nell’ambito della coscienza individuale, nei vincoli imposti e negli insegnamenti impartiti dalle chiese).
• (—) attributiva e ricompensativa
La distinzione appartiene a Grozio [vedi Grozio Ugo], che la formulò nel suo trattato di diritto delle genti De Jure belli ac pacis. Essa corrisponde alla distinzione tra diritto imperfetto e diritto perfetto. La giustizia attributiva, concernente il diritto imperfetto, consiste nel concedere ad un soggetto ciò che esso non ha il diritto di rivendicare. La giustizia ricompensativa, concernente il diritto perfetto, consiste nell’attribuire ad un soggetto la giusta ricompensa, ossia ciò che egli ha il diritto di pretendere.
• (—) formale
È quella forma di giustizia la cui realizzazione coincide con un’applicazione della norma giuridica operata alla stregua di principi astratti tendenzialmente coincidenti con i valori etico-sociali espressi da una collettività di individui in un determinato momento storico. La (—) trova la sua massima espressione nel principio di legalità [vedi] formale, che assicura la certezza del diritto, ponendo i cittadini al riparo da applicazioni giurisprudenziali arbitrarie o dettate da ideologie personali. La garanzia rappresentata dall’elevato grado di certezza che il principio di legalità formale offre ai singoli individui non deve tuttavia tradursi in una cristallizzazione normativa avulsa dal contesto sociale e dai nuovi valori prodotti dalla cultura e dal comune sentimento con l’evolversi dei costumi e delle ideologie. Il delicato compito di evitare i disagi che l’applicazione di una normativa non più conforme alle esigenze sociali comporta è affidato alla sensibilità del legislatore, la cui intempestività è spesso causa di gravi discrasie tra (—) e giustizia sostanziale. Quando ciò accade si determina quella che, nel linguaggio corrente, viene definita come crisi del diritto perché il giurista non è più in grado di giustificare l’osservanza o l’applicazione della norma.
• (—) sostanziale
È quella forma di giustizia che si ispira ai valori etico-sociali espressi dalla società in un determinato momento storico, prescindendo dall’osservanza della norma giuridica. La (—), pur comprimendo la garanzia rappresentata dalla certezza del diritto ha tuttavia il vantaggio di assicurare, in maniera costante, l’adeguamento del sistema giuridico all’evolversi dell’organizzazione e del costume sociale.
Essa si uniforma tendenzialmente alla giustizia formale ma discrasie tra le due giustizie possono essere determinate dall’applicazione di norme culturalmente e socialmente superate. Il compito di porre fine ai disagi che una tale situazione di “crisi” inevitabilmente comporta è affidata alla sapienza e alla lungimiranza del giurista.