Fòrmula

Fòrmula

Nel diritto romano consisteva in una sorta di riepilogo del giudizio avvenuto dinanzi al pretore nella fase in iùre, fatto secondo un programma concordato tra le parti, ed in base a modelli preparati dal magistrato, contenente le rispettive pretese delle parti, nonché il compito di cui veniva investito, nella successiva fase apud iùdicem, il iudex privatus.
Parti fondamentali della (—) erano:
— la demonstràtio, che si innestava nel giudizio, chiarendo la questione di fatto oggetto della controversia (ad es., poiché A. Agerio ha venduto uno schiavo presso N. Negidio). La demonstratio circoscriveva l’oggetto del giudizio di fronte ad una intentio indeterminata e quindi la precedeva: era pertanto una parte accessoria del processo formulare;
— l’intentio, con la quale l’attore riassumeva la sua pretesa (ad es. “se risulta che N. Negidio debba dare a A. Agerio diecimila sesterzi” oppure “tutto ciò che risulta che N.N debba dare o fare ad A.A.”, oppure “se risulta che lo schiavo sia di assoluta proprietà di A. A.”);
— l’adiudicàtio, clausola propria dei giudizi divisori con cui si dava al giudice il potere di assegnare in domìnium ex iùre Quiritium o in altro diritto reale su cosa altrui (iura in re aliena) ai singoli dividenti le parti di un oggetto comune;
— la condemnàtio, con la quale si dava al iudex privatus il potere di condannare od assolvere (ad es., con la formula “giudice, condanna N.N. a dare diecimila sesterzi ad A.A.; se non risulta assolvilo”).
Aggiunta alla condemnatio poteva esservi la taxàtio, che indicava il massimo a cui poteva arrivare la condanna, come nel caso del beneficium competentiae, riconosciuto nei rapporti tra i coniugi e comportante la condanna solo in id quod facere pòssunt. Lo stesso beneficio era accordato ai soci tra di loro, al patrono verso il liberto, ai parentes verso i discendenti, al donante verso il donatario, ai soldati.