Diritto germanico
Diritto germanico
Diritto essenzialmente di carattere consuetudinario [vedi Cawarfidae], di tradizione orale e strettamente legato alla vita del gruppo gentilizio germanico [vedi Germani], nel cui seno si formava liberamente, attraverso la cooperazione spontanea dei singoli membri. Ogni norma giuridica veniva convenuta tra il potere pubblico e il popolo che, riunito in assemblea, batteva le lance sugli scudi (cd. percussio armorum) in segno di approvazione. Tale concezione pattizia, fondata sull’accordo sociale, rimase in vigore per molti secoli, anche quando in seguito alla reviviscenza del diritto romano [vedi], tornarono prepotentemente in auge i concetti di lex e di ius,che si rifacevano, invece alla concezione autoritativa dello Stato e che posero le basi del diritto romano-germanico.
Fu soprattutto nei diversi rami del diritto privato che il (—) restò chiuso alle influenze esercitate dall’esterno dagli altri sistemi giuridici. Caratteristiche peculiari del diritto privato germanico furono l’incapacità d’astrazione ed un forte legame alle manifestazioni esteriori (riti) e simboliche.
• (—) e diritti della persona
Il nascituro non era considerato soggetto di diritti. Nemmeno la nascita, da sola, era presupposto sufficiente per l’acquisto della capacità giuridica, poiché le più antiche consuetudini germaniche richiedevano a tal fine il riconoscimento del neonato da parte del padre, attraverso la cerimonia del sollevamento da terra, e la conseguente imposizione del nome, seguita dal bagno del neonato in acqua purificante entro nove giorni dalla nascita.
La piena capacità giuridica era equiparata all’attitudine alle armi e si raggiungeva non ad un’età determinata, ma veniva accertata di volta in volta attraverso la inspectio corporis del soggetto dinanzi all’assemblea. Da tale equiparazione derivava l’assoluta incapacità giuridica della donna e dei soggetti affetti da malattie inguaribili e invalidanti.
Infine, il corpo di un uomo libero [vedi Arimanno] aveva un valore economico [vedi Guidrigildo], che variava a seconda del ceto di appartenenza del soggetto e che assumeva carattere determinante in caso di offesa arrecata alla persona.
• (—) e diritti di famiglia
La famiglia germanica aveva carattere agnatizio, ossia era costituita da membri che si consideravano discendenti da un unico capostipite ed erano legati da comuni interessi patrimoniali.
Il figlio di famiglia restava vincolato all’autorità paterna solo fino al raggiungimento della piena capacità giuridica, ossia fino al conseguimento dell’attitudine alle armi.
All’origine della famiglia era l’istituto del matrimonio, di regola monogamico e annullabile solo per ripudio del marito. Il matrimonio germanico era concepito quale risultante di due diversi istituti giuridici: la desponsatio e la traditio. La prima consisteva in una promessa bilaterale, intercorrente tra il titolare del potere [vedi Mundio] sulla donna e lo sposo, in base alla quale il mondualdo s’impegnava a consegnare e lo sposo s’impegnava a ricevere in moglie la donna. In virtù della traditio, infine, avveniva l’effettiva consegna della donna. Lo sposo la riceveva e acquistava il mundio su di essa versando una somma di denaro, che ne costituiva il valore economico.
• (—) e diritto di proprietà
La proprietà era collettiva, appartenente al gruppo parentale. Ciascun membro della famiglia aveva una quota ideale (portio) sul bene ed il suo contenuto di potestà (di possedere, alienare, permutare, dare in godimento) assumeva una valenza autonoma ed una propria individualità.
Nella concezione germanica era ignota, a differenza di quanto avveniva per il diritto romano, la distinzione tra proprietà e possesso. La proprietà non era infatti concepita come una ideale signoria assoluta sul bene, ma come il rapporto materiale ed esteriore sulla cosa, da cui si evinceva la volontà, tutelata dalla legge, di tenere la medesima in proprio potere. Proprietà, possesso, godimento, erano dal (—) tutelati allo stesso modo, trascurando il diverso titolo (animus) e ben poteva accadere che sulla medesima cosa coesistessero diversi diritti, tutti ugualmente protetti dalla legge.
• (—) e processo
Nel processo germanico l’invadenza del potere pubblico era fortemente limitata, mentre ampio spazio si attribuiva all’iniziativa privata. Il processo aveva inizio con la citazione privata (mannitio) e si svolgeva attraverso un procedimento pubblico e orale, denso di formalismi e di simboli religiosi: la volontà divina era ritenuta presente nel procedimento e si rivelava nel duello [vedi] o nel giudizio di Dio [vedi], cui sempre veniva deferita la decisione della lite.
Il processo si concludeva con l’emanazione della sentenza, che imponeva alle parti la conclusione di un contratto formale, con cui il convenuto doveva impegnarsi o ad eseguire la prestazione pretesa dall’attore, o a provare l’infondatezza della domanda di quest’ultimo.
• (—) e rapporti obbligatori
In origine il (—) concepiva il rapporto obbligatorio nascente solo da fatto illecito. Verso il secolo VII apparve la distinzione tra vincolo obbligatorio sorto da delitto e vincolo obbligatorio derivante da contratto.
La forte valenza simbolica del (—) induceva i popoli germanici a richiedere, al fine di affermare che un’obbligazione fosse nata da un contratto, una manifestazione esteriore (una forma o la prestazione effettiva), da cui dedurre l’esistenza dell’accordo tra due o più volontà: la figura del contratto consensuale, perfezionata esclusivamente in virtù di una concorde volontà delle parti era sconosciuta.
• (—) e sistema successorio
Ai Germani era sconosciuto l’istituto del testamento, per cui, in caso di morte di un membro della famiglia, aveva luogo la sola successione legittima. L’intero patrimonio familiare non era nella disponibilità del padre, ma di tutti i membri della famiglia. Gli eredi erano distribuiti per linee (parentillae o generationes) e in ciascuna linea si calcolava la prossimità (gradus) fino al sesto incluso.
Diritto essenzialmente di carattere consuetudinario [vedi Cawarfidae], di tradizione orale e strettamente legato alla vita del gruppo gentilizio germanico [vedi Germani], nel cui seno si formava liberamente, attraverso la cooperazione spontanea dei singoli membri. Ogni norma giuridica veniva convenuta tra il potere pubblico e il popolo che, riunito in assemblea, batteva le lance sugli scudi (cd. percussio armorum) in segno di approvazione. Tale concezione pattizia, fondata sull’accordo sociale, rimase in vigore per molti secoli, anche quando in seguito alla reviviscenza del diritto romano [vedi], tornarono prepotentemente in auge i concetti di lex e di ius,che si rifacevano, invece alla concezione autoritativa dello Stato e che posero le basi del diritto romano-germanico.
Fu soprattutto nei diversi rami del diritto privato che il (—) restò chiuso alle influenze esercitate dall’esterno dagli altri sistemi giuridici. Caratteristiche peculiari del diritto privato germanico furono l’incapacità d’astrazione ed un forte legame alle manifestazioni esteriori (riti) e simboliche.
• (—) e diritti della persona
Il nascituro non era considerato soggetto di diritti. Nemmeno la nascita, da sola, era presupposto sufficiente per l’acquisto della capacità giuridica, poiché le più antiche consuetudini germaniche richiedevano a tal fine il riconoscimento del neonato da parte del padre, attraverso la cerimonia del sollevamento da terra, e la conseguente imposizione del nome, seguita dal bagno del neonato in acqua purificante entro nove giorni dalla nascita.
La piena capacità giuridica era equiparata all’attitudine alle armi e si raggiungeva non ad un’età determinata, ma veniva accertata di volta in volta attraverso la inspectio corporis del soggetto dinanzi all’assemblea. Da tale equiparazione derivava l’assoluta incapacità giuridica della donna e dei soggetti affetti da malattie inguaribili e invalidanti.
Infine, il corpo di un uomo libero [vedi Arimanno] aveva un valore economico [vedi Guidrigildo], che variava a seconda del ceto di appartenenza del soggetto e che assumeva carattere determinante in caso di offesa arrecata alla persona.
• (—) e diritti di famiglia
La famiglia germanica aveva carattere agnatizio, ossia era costituita da membri che si consideravano discendenti da un unico capostipite ed erano legati da comuni interessi patrimoniali.
Il figlio di famiglia restava vincolato all’autorità paterna solo fino al raggiungimento della piena capacità giuridica, ossia fino al conseguimento dell’attitudine alle armi.
All’origine della famiglia era l’istituto del matrimonio, di regola monogamico e annullabile solo per ripudio del marito. Il matrimonio germanico era concepito quale risultante di due diversi istituti giuridici: la desponsatio e la traditio. La prima consisteva in una promessa bilaterale, intercorrente tra il titolare del potere [vedi Mundio] sulla donna e lo sposo, in base alla quale il mondualdo s’impegnava a consegnare e lo sposo s’impegnava a ricevere in moglie la donna. In virtù della traditio, infine, avveniva l’effettiva consegna della donna. Lo sposo la riceveva e acquistava il mundio su di essa versando una somma di denaro, che ne costituiva il valore economico.
• (—) e diritto di proprietà
La proprietà era collettiva, appartenente al gruppo parentale. Ciascun membro della famiglia aveva una quota ideale (portio) sul bene ed il suo contenuto di potestà (di possedere, alienare, permutare, dare in godimento) assumeva una valenza autonoma ed una propria individualità.
Nella concezione germanica era ignota, a differenza di quanto avveniva per il diritto romano, la distinzione tra proprietà e possesso. La proprietà non era infatti concepita come una ideale signoria assoluta sul bene, ma come il rapporto materiale ed esteriore sulla cosa, da cui si evinceva la volontà, tutelata dalla legge, di tenere la medesima in proprio potere. Proprietà, possesso, godimento, erano dal (—) tutelati allo stesso modo, trascurando il diverso titolo (animus) e ben poteva accadere che sulla medesima cosa coesistessero diversi diritti, tutti ugualmente protetti dalla legge.
• (—) e processo
Nel processo germanico l’invadenza del potere pubblico era fortemente limitata, mentre ampio spazio si attribuiva all’iniziativa privata. Il processo aveva inizio con la citazione privata (mannitio) e si svolgeva attraverso un procedimento pubblico e orale, denso di formalismi e di simboli religiosi: la volontà divina era ritenuta presente nel procedimento e si rivelava nel duello [vedi] o nel giudizio di Dio [vedi], cui sempre veniva deferita la decisione della lite.
Il processo si concludeva con l’emanazione della sentenza, che imponeva alle parti la conclusione di un contratto formale, con cui il convenuto doveva impegnarsi o ad eseguire la prestazione pretesa dall’attore, o a provare l’infondatezza della domanda di quest’ultimo.
• (—) e rapporti obbligatori
In origine il (—) concepiva il rapporto obbligatorio nascente solo da fatto illecito. Verso il secolo VII apparve la distinzione tra vincolo obbligatorio sorto da delitto e vincolo obbligatorio derivante da contratto.
La forte valenza simbolica del (—) induceva i popoli germanici a richiedere, al fine di affermare che un’obbligazione fosse nata da un contratto, una manifestazione esteriore (una forma o la prestazione effettiva), da cui dedurre l’esistenza dell’accordo tra due o più volontà: la figura del contratto consensuale, perfezionata esclusivamente in virtù di una concorde volontà delle parti era sconosciuta.
• (—) e sistema successorio
Ai Germani era sconosciuto l’istituto del testamento, per cui, in caso di morte di un membro della famiglia, aveva luogo la sola successione legittima. L’intero patrimonio familiare non era nella disponibilità del padre, ma di tutti i membri della famiglia. Gli eredi erano distribuiti per linee (parentillae o generationes) e in ciascuna linea si calcolava la prossimità (gradus) fino al sesto incluso.