Console
Console
Supremo magistrato nell’antica Roma repubblicana; primo magistrato nel comune medievale [vedi] e pubblico ufficiale svolgente particolari funzioni all’estero nell’età moderna.
• (—) nella Roma antica
I consules erano due, eletti nei comizi centuriati dapprima solo dai patrizi ed in seguito (367 a.C.) anche dai plebei. Duravano in carica un anno ed avevano per insegne dodici fasci di verghe, con in mezzo la scure, che in tempo di guerra venivano portati dai littori. I due consules erano eponimi, e cioè l’anno veniva indicato nei calendari ufficiali coi loro nomi.
Le competenze inerenti a tale suprema magistratura erano numerose. Innanzitutto, i consoli avevano il comando militare dell’esercito (imperium militiae). Detto comando si estrinsecava innanzitutto nella gestione delle operazioni belliche (sotto l’egida del controllo senatoriale), nel compimento delle operazioni di leva e nella nomina degli ufficiali; in secondo luogo esercitavano il potere di polizia nel territorio cittadino (imperium dòmi). Detto potere, non comprendente la sfera giurisdizionale, includeva tutte le competenze non devolute ai magistrati inferiori, ossia la esecuzione (coercitio) delle pene capitali e delle sanzioni minori, nonché ampi poteri amministrativi; in terzo luogo, ai consoli spettava il potere di convocare i comizi e di riunire il senato (ius agendi cum populo et cum pàtribus).
I consules esercitavano il potere in forma collegiale ed erano dotati di identici poteri: ciascuno di essi poteva, dunque, esercitare il potere nella sua interezza, salvo il veto dell’altro. Nell’ipotesi che uno di essi abbandonasse l’incarico prima dell’anno, si procedeva alla nomina di un consul suffectus.
L’istituzione consolare, anche se formalmente conservata, fu soggetta ad un processo di involuzione in epoca imperiale, risultando di fatto ridotta al rango di carica priva di poteri sostanziali, e quindi meramente simbolica.
• (—) nei comuni medievali
Nel Medioevo il (—) era un magistrato mercantile e la sua origine risale alla prima fase evolutiva del comune [vedi Comune medievale]. Egli appare per la prima volta a capo della unione delle vari classi sociali, scelto tra i valvassori [vedi Valvassore], i mercanti, i borghesi e gli artigiani. Numerosi documenti risalenti all’ultimo ventennio del secolo XI dimostrano che tale magistratura si era estesa rapidamente in tutte le città italiane: a Lucca e a Pisa tra il 1081 e il 1085, a Pavia nel 1084, a Milano nel 1085, ad Asti nel 1095 e a Genova nel 1098. Probabilmente, l’origine medievale del (—) è da ravvisarsi in un atto solenne rilasciato nel 1081 da Enrico IV di Franconia [vedi], in cui l’imperatore concedeva alla città di Pisa il privilegio di fare approvare i rappresentanti imperiali, da lui nominati quale marchese di Toscana, da dodici uomini eletti spontaneamente dall’assemblea del popolo, riunita al suono della campana. Tale atto non parla di consoli, ma un successivo documento pisano definisce consoli i dodici capi della città e tale titolo è ripetuto in tutti i documenti successivi.
I consoli erano in numero variabile da due a dodici, duravano in carica un anno (non erano rieleggibili) e venivano eletti dal parlamento cittadino. L’accesso al consolato non era precluso ad alcun ceto, ma nella prassi tale carica venne prevalentemente ricoperta da nobili e da esponenti dell’alta borghesia. Popolo e consoli erano legati tra loro da un giuramento di fedeltà reciproco (sacramentum promissio).
Compiti dei consoli erano la rappresentanza della città in occasione della stipulazione di trattati politici e negoziali, la presidenza dei tribunali, il comando dell’esercito, l’amministrazione delle finanze e la cura delle opere pubbliche.
La figura del (—) scomparve nel corso del secolo XIII quando, in seguito a vicende interne al comune venne posto a capo di questo il podestà [vedi].
• (—) negli Stati moderni
Attualmente il (—) è un organo individuale (burocratico o onororario) dello Stato distaccato all’estero, cui sono affidate le relazioni consolari. Svolge funzioni di natura interna e prevalentemente amministrativa, a differenza degli agenti diplomatici, investiti, invece, di funzioni di carattere internazionale e di rappresentanza politica.
Le relazioni consolari, che si instaurano solo dopo un accordo internazionale (convenzione consolare) necessitano, per il loro stabilimento, di una procedura di gradimento che si apre con la presentazione delle lettere patenti da parte del (—), cui lo Stato ricevente concede una specifica autorizzazione di natura discrezionale, sottoposta ad un particolare regime di pubblicità.
Il (—), che può trattare con le autorità locali qualsiasi questione riguardante soprattutto i propri concittadini (cd. attività localizzata), se non è diversamente disposto da convenzioni particolari, gode di un’immunità funzionale, nel senso che, solo quando è nell’esercizio delle proprie funzioni, può invocare la protezione delle immunità diplomatiche.
Supremo magistrato nell’antica Roma repubblicana; primo magistrato nel comune medievale [vedi] e pubblico ufficiale svolgente particolari funzioni all’estero nell’età moderna.
• (—) nella Roma antica
I consules erano due, eletti nei comizi centuriati dapprima solo dai patrizi ed in seguito (367 a.C.) anche dai plebei. Duravano in carica un anno ed avevano per insegne dodici fasci di verghe, con in mezzo la scure, che in tempo di guerra venivano portati dai littori. I due consules erano eponimi, e cioè l’anno veniva indicato nei calendari ufficiali coi loro nomi.
Le competenze inerenti a tale suprema magistratura erano numerose. Innanzitutto, i consoli avevano il comando militare dell’esercito (imperium militiae). Detto comando si estrinsecava innanzitutto nella gestione delle operazioni belliche (sotto l’egida del controllo senatoriale), nel compimento delle operazioni di leva e nella nomina degli ufficiali; in secondo luogo esercitavano il potere di polizia nel territorio cittadino (imperium dòmi). Detto potere, non comprendente la sfera giurisdizionale, includeva tutte le competenze non devolute ai magistrati inferiori, ossia la esecuzione (coercitio) delle pene capitali e delle sanzioni minori, nonché ampi poteri amministrativi; in terzo luogo, ai consoli spettava il potere di convocare i comizi e di riunire il senato (ius agendi cum populo et cum pàtribus).
I consules esercitavano il potere in forma collegiale ed erano dotati di identici poteri: ciascuno di essi poteva, dunque, esercitare il potere nella sua interezza, salvo il veto dell’altro. Nell’ipotesi che uno di essi abbandonasse l’incarico prima dell’anno, si procedeva alla nomina di un consul suffectus.
L’istituzione consolare, anche se formalmente conservata, fu soggetta ad un processo di involuzione in epoca imperiale, risultando di fatto ridotta al rango di carica priva di poteri sostanziali, e quindi meramente simbolica.
• (—) nei comuni medievali
Nel Medioevo il (—) era un magistrato mercantile e la sua origine risale alla prima fase evolutiva del comune [vedi Comune medievale]. Egli appare per la prima volta a capo della unione delle vari classi sociali, scelto tra i valvassori [vedi Valvassore], i mercanti, i borghesi e gli artigiani. Numerosi documenti risalenti all’ultimo ventennio del secolo XI dimostrano che tale magistratura si era estesa rapidamente in tutte le città italiane: a Lucca e a Pisa tra il 1081 e il 1085, a Pavia nel 1084, a Milano nel 1085, ad Asti nel 1095 e a Genova nel 1098. Probabilmente, l’origine medievale del (—) è da ravvisarsi in un atto solenne rilasciato nel 1081 da Enrico IV di Franconia [vedi], in cui l’imperatore concedeva alla città di Pisa il privilegio di fare approvare i rappresentanti imperiali, da lui nominati quale marchese di Toscana, da dodici uomini eletti spontaneamente dall’assemblea del popolo, riunita al suono della campana. Tale atto non parla di consoli, ma un successivo documento pisano definisce consoli i dodici capi della città e tale titolo è ripetuto in tutti i documenti successivi.
I consoli erano in numero variabile da due a dodici, duravano in carica un anno (non erano rieleggibili) e venivano eletti dal parlamento cittadino. L’accesso al consolato non era precluso ad alcun ceto, ma nella prassi tale carica venne prevalentemente ricoperta da nobili e da esponenti dell’alta borghesia. Popolo e consoli erano legati tra loro da un giuramento di fedeltà reciproco (sacramentum promissio).
Compiti dei consoli erano la rappresentanza della città in occasione della stipulazione di trattati politici e negoziali, la presidenza dei tribunali, il comando dell’esercito, l’amministrazione delle finanze e la cura delle opere pubbliche.
La figura del (—) scomparve nel corso del secolo XIII quando, in seguito a vicende interne al comune venne posto a capo di questo il podestà [vedi].
• (—) negli Stati moderni
Attualmente il (—) è un organo individuale (burocratico o onororario) dello Stato distaccato all’estero, cui sono affidate le relazioni consolari. Svolge funzioni di natura interna e prevalentemente amministrativa, a differenza degli agenti diplomatici, investiti, invece, di funzioni di carattere internazionale e di rappresentanza politica.
Le relazioni consolari, che si instaurano solo dopo un accordo internazionale (convenzione consolare) necessitano, per il loro stabilimento, di una procedura di gradimento che si apre con la presentazione delle lettere patenti da parte del (—), cui lo Stato ricevente concede una specifica autorizzazione di natura discrezionale, sottoposta ad un particolare regime di pubblicità.
Il (—), che può trattare con le autorità locali qualsiasi questione riguardante soprattutto i propri concittadini (cd. attività localizzata), se non è diversamente disposto da convenzioni particolari, gode di un’immunità funzionale, nel senso che, solo quando è nell’esercizio delle proprie funzioni, può invocare la protezione delle immunità diplomatiche.