Communis opinio
Communis opinio (Opinione comune)
Affermatasi verso la metà del secolo XV, era l’opinione più diffusa tra i giuristi [vedi Commentatori], utilizzata da giudici ed avvocati per cercare di ovviare al problema dell’incertezza dell’ordinamento giuridico.
In un contesto storico caratterizzato dalla molteplicità delle fonti normative, dalla mancanza di una sviluppata giurisprudenza dei precedenti e dall’incapacità del legislatore statale di creare diritto nuovo, aderente alle esigenze della realtà in continua evoluzione, i giudici avevano comunque necessità di rinvenire delle regole, che costituissero dei modelli su cui fondare le proprie sentenze. La (—) rappresentò dunque un utile espediente escogitato dai giuristi teorici e pratici per risolvere i problemi del diritto.
La (—) constava di un criterio numerico ed uno qualitativo. In base al primo, dovevano scegliersi tra più giuristi quelli che in maggior numero si fossero pronunciati a favore di una determinata tesi; in base al secondo, si dovevano tenere in considerazione esclusivamente quei giuristi che avessero raggiunto una notevole fama ed autorevolezza. Ben presto, tuttavia, la (—) non si rivelò più sufficiente, dal momento che i giuristi si accorsero che su una medesima quaestio molti gruppi di autori si esprimevano in maniera difforme, Si andò allora alla ricerca dapprima della opinione più comune (magis communis opinio) e poi dell’opinione comunissima (communissima opinio).
La (—) aveva forza di legge in tutti quei casi in cui a regolare la fattispecie concreta non intervenisse una norma di legge o consuetudinaria esplicita e chiara.
Affermatasi verso la metà del secolo XV, era l’opinione più diffusa tra i giuristi [vedi Commentatori], utilizzata da giudici ed avvocati per cercare di ovviare al problema dell’incertezza dell’ordinamento giuridico.
In un contesto storico caratterizzato dalla molteplicità delle fonti normative, dalla mancanza di una sviluppata giurisprudenza dei precedenti e dall’incapacità del legislatore statale di creare diritto nuovo, aderente alle esigenze della realtà in continua evoluzione, i giudici avevano comunque necessità di rinvenire delle regole, che costituissero dei modelli su cui fondare le proprie sentenze. La (—) rappresentò dunque un utile espediente escogitato dai giuristi teorici e pratici per risolvere i problemi del diritto.
La (—) constava di un criterio numerico ed uno qualitativo. In base al primo, dovevano scegliersi tra più giuristi quelli che in maggior numero si fossero pronunciati a favore di una determinata tesi; in base al secondo, si dovevano tenere in considerazione esclusivamente quei giuristi che avessero raggiunto una notevole fama ed autorevolezza. Ben presto, tuttavia, la (—) non si rivelò più sufficiente, dal momento che i giuristi si accorsero che su una medesima quaestio molti gruppi di autori si esprimevano in maniera difforme, Si andò allora alla ricerca dapprima della opinione più comune (magis communis opinio) e poi dell’opinione comunissima (communissima opinio).
La (—) aveva forza di legge in tutti quei casi in cui a regolare la fattispecie concreta non intervenisse una norma di legge o consuetudinaria esplicita e chiara.