Codice penale del 1889
Codice penale del 1889
Detto anche Codice Zanardelli, dal nome dell’allora ministro della giustizia. Fu emanato con R.D. 30 giugno 1889 ed entrò in vigore il 1° gennaio 1890. Con esso si chiuse il processo di codificazione [vedi] realizzatosi nel corso del Risorgimento e fu raggiunto l’obiettivo di unificare tutta la legislazione penale. Il lungo e complesso iter legislativo ha visto succedersi sei progetti di codificazione, dal 1864 al 1887, anno in cui il ministro guardasigilli Zanardelli presentò un’ultimo progetto, accompagnato da una relazione in cui si dava conto del fondamento e dei principi ispiratori dell’emanando codice penale. Il progetto Zanardelli sintetizzò brillantemente le numerose elaborazioni dottrinarie del periodo liberale. Punti qualificanti del (—) sono i seguenti: la soppressione della pena di morte, sostituita con l’ergastolo; alla preesistente tripartizione comprensiva anche dei cd. crimini, intesi come violazioni più gravi, si sostituì una bipartizione che abbracciava solo i delitti e le contravvenzioni, lasciando peraltro fuori i reati commessi a mezzo stampa, in omaggio all’ideologia liberale nettamente contraria a configurare reati d’opinione. Alla stessa ideologia, peraltro, si ispira il sistema delle pene previste in limiti minimi e massimi, al fine di consentire al giudice un certo margine di discrezionalità nella determinazione della pena, destinata non più a sanzionare in via retributiva il fatto commesso ma a consentire la rieducazione del condannato.
Il (—) si pose in stretta continuità rispetto ai codici sardo del 1859 e napoleonico [vedi Code pénal del 1810] in merito al sistema di valori ritenuti meritevoli di tutela penale. Si può, altresì rilevare un analogo rigore sanzionatorio, per l’ispirazione liberale del codice, a tutela dell’individuo contro ogni limitazione di libertà.
Critiche al (—) sono state mosse per la particolare severità dei reati contro l’indipendenza e la sovranità dello Stato, rigore peraltro giustificato nell’Italia uscita dal Risorgimento, ancora preoccupata di potenziali minacce contro la sua unità e indipendenza appena conquistate.
Il (—) risulta costituito da 498 articoli, distribuiti in tre libri dedicati rispettivamente ai reati e alle pene in generale; ai delitti in specie; alle contravvenzioni in specie.
Tra le numerose leggi complementari al (—) possono ricordarsi la L. 14 luglio 1889 sulla riforma penitenziaria e la L. 26 dicembre 1920 sulle contravvenzioni per porto d’armi.
Detto anche Codice Zanardelli, dal nome dell’allora ministro della giustizia. Fu emanato con R.D. 30 giugno 1889 ed entrò in vigore il 1° gennaio 1890. Con esso si chiuse il processo di codificazione [vedi] realizzatosi nel corso del Risorgimento e fu raggiunto l’obiettivo di unificare tutta la legislazione penale. Il lungo e complesso iter legislativo ha visto succedersi sei progetti di codificazione, dal 1864 al 1887, anno in cui il ministro guardasigilli Zanardelli presentò un’ultimo progetto, accompagnato da una relazione in cui si dava conto del fondamento e dei principi ispiratori dell’emanando codice penale. Il progetto Zanardelli sintetizzò brillantemente le numerose elaborazioni dottrinarie del periodo liberale. Punti qualificanti del (—) sono i seguenti: la soppressione della pena di morte, sostituita con l’ergastolo; alla preesistente tripartizione comprensiva anche dei cd. crimini, intesi come violazioni più gravi, si sostituì una bipartizione che abbracciava solo i delitti e le contravvenzioni, lasciando peraltro fuori i reati commessi a mezzo stampa, in omaggio all’ideologia liberale nettamente contraria a configurare reati d’opinione. Alla stessa ideologia, peraltro, si ispira il sistema delle pene previste in limiti minimi e massimi, al fine di consentire al giudice un certo margine di discrezionalità nella determinazione della pena, destinata non più a sanzionare in via retributiva il fatto commesso ma a consentire la rieducazione del condannato.
Il (—) si pose in stretta continuità rispetto ai codici sardo del 1859 e napoleonico [vedi Code pénal del 1810] in merito al sistema di valori ritenuti meritevoli di tutela penale. Si può, altresì rilevare un analogo rigore sanzionatorio, per l’ispirazione liberale del codice, a tutela dell’individuo contro ogni limitazione di libertà.
Critiche al (—) sono state mosse per la particolare severità dei reati contro l’indipendenza e la sovranità dello Stato, rigore peraltro giustificato nell’Italia uscita dal Risorgimento, ancora preoccupata di potenziali minacce contro la sua unità e indipendenza appena conquistate.
Il (—) risulta costituito da 498 articoli, distribuiti in tre libri dedicati rispettivamente ai reati e alle pene in generale; ai delitti in specie; alle contravvenzioni in specie.
Tra le numerose leggi complementari al (—) possono ricordarsi la L. 14 luglio 1889 sulla riforma penitenziaria e la L. 26 dicembre 1920 sulle contravvenzioni per porto d’armi.