Catasto
Catasto (tardo gr. katà stìkon, riga per riga)
Pubblico registro di tutti i beni immobili (siano essi terreni o fabbricati), in cui sono riportati i dati generali di questi ultimi (estensione, classificazione, stima), avente lo scopo di determinare la consistenza e la rendita del bene mediante operazioni di descrizione, misurazione e stima. Di tali beni viene realizzata quindi una rappresentazione grafica in mappe particellari.
Il (—) esisteva nell’antico Egitto, presso i Greci e i Romani: da epoca remota, infatti, gli Stati avvertirono l’esigenza di costituire pubblici elenchi, sia per determinare i tributi in proporzione del valore degli immobili, sia per renderne notoria la posizione giuridica.
Nell’Alto medioevo, a partire dai primi anni del IX secolo furono istituiti i libri censorum, ossia degli elenchi di corresponsioni dovute periodicamente al signore da enfiteuti, coloni, vassalli ed altri possessori.
Nell’età dei comuni [vedi Comune medievale] alcuni catasti contenevano, oltre l’elenco degli immobili, anche l’elenco dei beni mobili e di tutti i redditi dei cittadini. La loro compilazione si basava sul sistema della denunzia, fatta dai contribuenti per lo più in forma scritta e, spesso, a garanzia dell’esattezza delle dichiarazioni, veniva rafforzata da un giuramento e da una redazione in atto pubblico dinanzi ad un notaio.
Una vera rivoluzione nella storia del (—) si ebbe con quello milanese, decretato nel 1718 da Carlo VI. Esso, pur conservando il sistema della denuncia, abbandonò il ricorso alle incerte misure meramente descrittive e numeriche e introdusse l’uso sistematico di mappe rilevate con la tavoletta pretoriana su scala. Venne adottato un sistema particellare per classi e squadre, distinguendosi i singoli immobili a seconda della rispettiva qualità e coltura, secondo una separazione equivalente a quella attuale tra qualità e classi.
Nel 1860 esistevano in Italia numerosi catasti, incompleti e non aggiornati, che rendevano il sistema confuso e fonte di forti sperequazioni tra i redditi imponibili. Per ovviare a tali inconvenienti, venne emanata la L. 1° marzo 1886, n. 3682 che imponeva per tutto il territorio la formazione di un (—) geometrico particellare uniforme, fondato sulla misura e sulla stima. Tale lavoro, tuttavia, non fu mai portato a termine.
Successivamente, furono emanate numerose disposizioni di legge, disciplinanti la compilazione e la tenuta dei catasti.
Attualmente, la materia è regolata dal R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652 conv. in L. 11 agosto 1939, n. 1249 e dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549.
Pubblico registro di tutti i beni immobili (siano essi terreni o fabbricati), in cui sono riportati i dati generali di questi ultimi (estensione, classificazione, stima), avente lo scopo di determinare la consistenza e la rendita del bene mediante operazioni di descrizione, misurazione e stima. Di tali beni viene realizzata quindi una rappresentazione grafica in mappe particellari.
Il (—) esisteva nell’antico Egitto, presso i Greci e i Romani: da epoca remota, infatti, gli Stati avvertirono l’esigenza di costituire pubblici elenchi, sia per determinare i tributi in proporzione del valore degli immobili, sia per renderne notoria la posizione giuridica.
Nell’Alto medioevo, a partire dai primi anni del IX secolo furono istituiti i libri censorum, ossia degli elenchi di corresponsioni dovute periodicamente al signore da enfiteuti, coloni, vassalli ed altri possessori.
Nell’età dei comuni [vedi Comune medievale] alcuni catasti contenevano, oltre l’elenco degli immobili, anche l’elenco dei beni mobili e di tutti i redditi dei cittadini. La loro compilazione si basava sul sistema della denunzia, fatta dai contribuenti per lo più in forma scritta e, spesso, a garanzia dell’esattezza delle dichiarazioni, veniva rafforzata da un giuramento e da una redazione in atto pubblico dinanzi ad un notaio.
Una vera rivoluzione nella storia del (—) si ebbe con quello milanese, decretato nel 1718 da Carlo VI. Esso, pur conservando il sistema della denuncia, abbandonò il ricorso alle incerte misure meramente descrittive e numeriche e introdusse l’uso sistematico di mappe rilevate con la tavoletta pretoriana su scala. Venne adottato un sistema particellare per classi e squadre, distinguendosi i singoli immobili a seconda della rispettiva qualità e coltura, secondo una separazione equivalente a quella attuale tra qualità e classi.
Nel 1860 esistevano in Italia numerosi catasti, incompleti e non aggiornati, che rendevano il sistema confuso e fonte di forti sperequazioni tra i redditi imponibili. Per ovviare a tali inconvenienti, venne emanata la L. 1° marzo 1886, n. 3682 che imponeva per tutto il territorio la formazione di un (—) geometrico particellare uniforme, fondato sulla misura e sulla stima. Tale lavoro, tuttavia, non fu mai portato a termine.
Successivamente, furono emanate numerose disposizioni di legge, disciplinanti la compilazione e la tenuta dei catasti.
Attualmente, la materia è regolata dal R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652 conv. in L. 11 agosto 1939, n. 1249 e dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549.