Capitolare

Capitolare

Ordinanza emanata dai re carolingi, a partire da Carlo Magno [vedi].
A seconda della materia trattata tali ordinanze si dividevano per capitula (da cui il nome) in ecclesiastici e civili (o mondani) e in generali e speciali.
I capitolari ecclesiastici riguardavano la disciplina della Chiesa e si rivolgevano in modo particolare a vescovi, abati e chierici.
I capitolari civili erano destinati a complemento delle varie leggi nazionali (capitularia legibus addenda), oppure a regolare materie di diritto pubblico e aventi vigore per tutti gli abitanti dell’impero (capitularia per se scribenda, in considerazione del fatto che il potere regio li pubblicava direttamente, indipendentemente dal voto di altre assemblee) o, infine, ad impartire istruzione ai missi dominici [vedi], quando questi si recavano nelle province in rappresentanza del governo centrale (capitularia missorum).
I capitolari generali si riferivano a tutte le regioni dell’impero e vincolavano tutti i sudditi.
I capitolari speciali erano diramati in riferimento a regioni o provincie congiunte all’impero.
I capitolari furono fatti oggetto di numerose raccolte generali. La prima fu dovuta all’iniziativa privata dell’Abate di Fontenelles Angesiso tra l’823 e l’833, che in quattro libri raccolse le leggi ecclesiastiche di Carlo Magno [vedi] e di Ludovico il Pio [vedi], nonchè i capitolari dei missi dominici ed altre leggi. Per l’Italia fu emanata una raccolta su ordine di Lotario I [vedi], pubblicata nell’832 e denominata Capitulare papiense, in quanto deliberata in assemblea a Pavia. Esso costituì probabilmente il nucleo originario del Capitulare italicum [vedi].
(—) di Aquisgrana
Emanato da Carlo Magno nel 789. In esso veniva comminata la pena di morte a coloro che si rendevano responsabili di omicidio di un uomo o di una donna accusati di stregoneria.
Inoltre, veniva proibito agli ebrei, dietro comminazione della pena del taglio della mano destra, di accettare pegni da un cristiano o di effettuare il commercio o lo scambio di vettovaglie.
(—) di Kiersy (Quierzy)
Legge fondamentale nel campo del diritto successorio feudale [vedi Feudalesimo] nel Regno franco [vedi Franchi] d’Occidente.
Fu promulgato nell’877 da Carlo II il Calvo [vedi] ed attribuì ai figli dei vassalli [vedi Vassallaggio] della parte occidentale del Regno la carica ed il feudo dei padri, nell’ipotesi in cui questi ultimi fossero deceduti durante l’imminente spedizione militare in Italia contro i Saraceni.
Il possesso del feudo non passava direttamente all’erede ma, in caso di morte del vassallo, doveva ritornare al signore (o al re, se si trattava di feudi della Corona) ed il signore (o il re) aveva l’obbligo di riattribuirlo con uno speciale atto di riconcessione al figlio del vassallo, qualora questi non avesse già in precedenza mostrato indegnità a succedere.
Il successore di Carlo il Calvo, Lodovico II il Balbo [vedi], restrinse gli effetti del (—), imponendo ai vassalli della Corona l’obbligo di lasciare, a loro volta, i feudi paterni ai figli dei vassalli minori (ossia dei vassalli legati direttamente da giuramento di fedeltà ad un signore e non al re) caduti in guerra.
• (—) di Olona

Promulgato nell’825 da Lotario I [vedi], istituiva a Pavia una fiorente scuola di arti liberali, nella quale dovevano affluire obbligatoriamente non solo studenti da tutta la Lombardia ma anche da Asti e da Genova.
(—) di Thionville
Promulgato da Carlo Magno [vedi] nell’805, fissava un ordine gerarchico ai rapporti di fedeltà, in modo che l’obbligo principale per tutti i vassalli fosse quello di giurare fedeltà ed obbedienza al sovrano, supremo signore feudale.