Beccaria Cesare
Beccaria Cesare (Milano 1738 - 1794)
Studioso di scienze criminali ed economiche, nonché filosofo.
Si laureò a Pavia nel 1758. Tra il 1763 ed il 1764 scrisse il saggio Dei delitti e delle pene, pubblicato a Livorno e tradotto in Francia nel 1766.
Nel 1770 pubblicò le Ricerche intorno alla natura dello stile e scrisse gli Elementi di economia pubblica, editi postumi nel 1804 nella raccolta dei Custodi.
Nel saggio Dei delitti e delle pene, (—) pose le basi del moderno diritto penale e processuale, in quanto la maggior parte dei princìpi da lui enunciati contro l’arbitrio e l’efferatezza del sistema penale d’antico regime costituiscono ancora oggi il fondamento di un ordinamento penale garantista e razionale.
(—) ricavò dai princìpi contrattualistici [vedi contrattualismo] il diritto dello Stato di punire, che deve avere natura retributiva, ossia deve essere basato su una proporzione fra il delitto commesso e la pena comminata. Quest’ultima deve tendere non a vendicare l’offesa ma a riparare o prevenire il danno che il delitto arreca alla collettività.
Secondo (—) il diritto deve essere chiaro e certo, in modo che i cittadini sappiano in precedenza ciò che è vietato e ciò che è consentito dalla legge e conoscano in anticipo le pene, indicate tassativamente dal legislatore, comminate per ogni fattispecie delittuosa.
Nell’opera di (—), inoltre, è posto l’accento sulla necessità che le pene vengano applicate con rapidità, dal momento che una pena mite ma certa ha potere intimidatorio superiore rispetto a quello di una pena terribile ma incerta nella sua applicazione.
In nome della socialità e dell’uguaglianza proclamati da Rousseau [vedi Rousseau Jean-Jacques], (—) difendeva l’abolizione della tortura e della pena di morte, in quanto nessun uomo avrebbe mai consentito di delegare alla società il diritto di disporre della propria vita.
I princìpi illuministici formulati nel saggio Dei delitti e delle pene vennero ben presto fatti propri da numerosi Stati europei, tra cui la Russia di Caterina II, la Prussia, l’Impero austroungarico e il Granducato di Toscana di Pietro Leopoldo, che riformò la legislazione penale nel novembre 1786.
Infine, tali principi furono accolti in maniera organica nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino [vedi] del 1789.
Studioso di scienze criminali ed economiche, nonché filosofo.
Si laureò a Pavia nel 1758. Tra il 1763 ed il 1764 scrisse il saggio Dei delitti e delle pene, pubblicato a Livorno e tradotto in Francia nel 1766.
Nel 1770 pubblicò le Ricerche intorno alla natura dello stile e scrisse gli Elementi di economia pubblica, editi postumi nel 1804 nella raccolta dei Custodi.
Nel saggio Dei delitti e delle pene, (—) pose le basi del moderno diritto penale e processuale, in quanto la maggior parte dei princìpi da lui enunciati contro l’arbitrio e l’efferatezza del sistema penale d’antico regime costituiscono ancora oggi il fondamento di un ordinamento penale garantista e razionale.
(—) ricavò dai princìpi contrattualistici [vedi contrattualismo] il diritto dello Stato di punire, che deve avere natura retributiva, ossia deve essere basato su una proporzione fra il delitto commesso e la pena comminata. Quest’ultima deve tendere non a vendicare l’offesa ma a riparare o prevenire il danno che il delitto arreca alla collettività.
Secondo (—) il diritto deve essere chiaro e certo, in modo che i cittadini sappiano in precedenza ciò che è vietato e ciò che è consentito dalla legge e conoscano in anticipo le pene, indicate tassativamente dal legislatore, comminate per ogni fattispecie delittuosa.
Nell’opera di (—), inoltre, è posto l’accento sulla necessità che le pene vengano applicate con rapidità, dal momento che una pena mite ma certa ha potere intimidatorio superiore rispetto a quello di una pena terribile ma incerta nella sua applicazione.
In nome della socialità e dell’uguaglianza proclamati da Rousseau [vedi Rousseau Jean-Jacques], (—) difendeva l’abolizione della tortura e della pena di morte, in quanto nessun uomo avrebbe mai consentito di delegare alla società il diritto di disporre della propria vita.
I princìpi illuministici formulati nel saggio Dei delitti e delle pene vennero ben presto fatti propri da numerosi Stati europei, tra cui la Russia di Caterina II, la Prussia, l’Impero austroungarico e il Granducato di Toscana di Pietro Leopoldo, che riformò la legislazione penale nel novembre 1786.
Infine, tali principi furono accolti in maniera organica nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino [vedi] del 1789.