Assemblea Nazionale Costituente
Assemblea Nazionale Costituente
La crisi finanziaria che colpì la Francia negli ultimi decenni del ’700 indusse il re Luigi XVI (1754-93) alla convocazione a Versailles degli Stati generali [vedi] il 5 maggio 1789. Il problema delle procedure nelle votazioni (per ordine o per testa) spinse il Terzo Stato [vedi] a proclamarsi Assemblea Nazionale (17 giugno).
Dopo il giuramento della Pallacorda (20 giugno) e l’ingiunzione del re ai membri del clero e della Nobiltà di unirsi al Terzo Stato (7 luglio), l’Assemblea Nazionale si proclamò Assemblea Nazionale Costituente (9 luglio 1789). Essa divenne organo del potere legislativo e del potere costituente, limitando i poteri del sovrano.
L’appoggio popolare del 14 luglio rafforzò l’operato dell’(—), che il 4-5 agosto abolì i privilegi e i diritti feudali. Il 28 agosto approvò la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino [vedi], che costituì il Preambolo della Costituzione. Tali decisioni ottennero la ratifica del re solo nell’ottobre del 1789, dopo la marcia del popolo su Versailles.
Dopo il trasferimento a Parigi, l’(—) continuò i suoi lavori all’Arcivescovado e poi nella Sala del Maneggio presso le Tuileries.
L’(—) si divideva tra destra (aristocratici) e sinistra (patrioti), così distinti dalla posizione a sedere nell’Aula. All’interno dei patrioti vi erano i moderati monarchici, favorevoli al modello costituzionale inglese e gli avanzati o costituzionali, favorevoli al monocameralismo.
Tra i principali oratori, Cazalès e l’abate Maury (destra), Malouet e Mounier (centro-destra), Lafayette, Mirabeau, il triumvirato Barnave, Duport, Lapeth (centro-sinistra). All’estrema sinistra erano Buzot, Pétion, Robespierre. Tra le decisioni approvate: l’istituzione di una Camera unica (10 settembre 1789), la concessione al re del veto sospensivo (11 settembre), la incompatibilità tra membri del Legislativo e dell’Esecutivo (7 novembre).
La crisi finanziaria indusse l’(—) alla confisca dei beni della Chiesa cattolica e alla loro conversione in beni nazionali (novembre 1789) [vedi Assegnati].
Nel luglio 1790 venne votata la Costituzione civile del Clero [vedi ]. Successivamente con la legge Le Chapelier vennero aboliti gli Ordini e le Corporazioni (14 giugno 1791).
Il 3 settembre 1791 fu approvata la Costituzione. Essa prevedeva una monarchia parlamentare con esecutivo debole, monocameralismo, sistema elettorale censitario (votavano i soli cittadini “attivi”, cioè proprietari di un patrimonio proprio). Le cariche amministrative e giudiziarie divennero elettive ed i processi pubblici. Lo Stato fu diviso in 83 Dipartimenti [vedi].
I deputati si separarono il 30 settembre 1791, dopo aver deciso la non eleggibilità all’Assemblea Legislativa dei membri della Costituente.
La crisi finanziaria che colpì la Francia negli ultimi decenni del ’700 indusse il re Luigi XVI (1754-93) alla convocazione a Versailles degli Stati generali [vedi] il 5 maggio 1789. Il problema delle procedure nelle votazioni (per ordine o per testa) spinse il Terzo Stato [vedi] a proclamarsi Assemblea Nazionale (17 giugno).
Dopo il giuramento della Pallacorda (20 giugno) e l’ingiunzione del re ai membri del clero e della Nobiltà di unirsi al Terzo Stato (7 luglio), l’Assemblea Nazionale si proclamò Assemblea Nazionale Costituente (9 luglio 1789). Essa divenne organo del potere legislativo e del potere costituente, limitando i poteri del sovrano.
L’appoggio popolare del 14 luglio rafforzò l’operato dell’(—), che il 4-5 agosto abolì i privilegi e i diritti feudali. Il 28 agosto approvò la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino [vedi], che costituì il Preambolo della Costituzione. Tali decisioni ottennero la ratifica del re solo nell’ottobre del 1789, dopo la marcia del popolo su Versailles.
Dopo il trasferimento a Parigi, l’(—) continuò i suoi lavori all’Arcivescovado e poi nella Sala del Maneggio presso le Tuileries.
L’(—) si divideva tra destra (aristocratici) e sinistra (patrioti), così distinti dalla posizione a sedere nell’Aula. All’interno dei patrioti vi erano i moderati monarchici, favorevoli al modello costituzionale inglese e gli avanzati o costituzionali, favorevoli al monocameralismo.
Tra i principali oratori, Cazalès e l’abate Maury (destra), Malouet e Mounier (centro-destra), Lafayette, Mirabeau, il triumvirato Barnave, Duport, Lapeth (centro-sinistra). All’estrema sinistra erano Buzot, Pétion, Robespierre. Tra le decisioni approvate: l’istituzione di una Camera unica (10 settembre 1789), la concessione al re del veto sospensivo (11 settembre), la incompatibilità tra membri del Legislativo e dell’Esecutivo (7 novembre).
La crisi finanziaria indusse l’(—) alla confisca dei beni della Chiesa cattolica e alla loro conversione in beni nazionali (novembre 1789) [vedi Assegnati].
Nel luglio 1790 venne votata la Costituzione civile del Clero [vedi ]. Successivamente con la legge Le Chapelier vennero aboliti gli Ordini e le Corporazioni (14 giugno 1791).
Il 3 settembre 1791 fu approvata la Costituzione. Essa prevedeva una monarchia parlamentare con esecutivo debole, monocameralismo, sistema elettorale censitario (votavano i soli cittadini “attivi”, cioè proprietari di un patrimonio proprio). Le cariche amministrative e giudiziarie divennero elettive ed i processi pubblici. Lo Stato fu diviso in 83 Dipartimenti [vedi].
I deputati si separarono il 30 settembre 1791, dopo aver deciso la non eleggibilità all’Assemblea Legislativa dei membri della Costituente.