
Winnicott, Donald
Winnicott, Donald
Pediatra e psicoanalista inglese (Plymouth, Devon, 1896 - Londra, 1971), figura di grande rilievo della psicoanalisi europea, mantiene tuttavia una precisa autonomia e una certa indipendenza, grazie ad una stretta connessione tra pratica clinica ed elaborazione concettuale. A contatto inizialmente con Melanie Klein (da cui fu analizzato), successivamente si discosta dal suo pensiero divenendo entrando nel cosiddetto gruppo degli indipendenti britannici (middle group, gruppo di mezzo), facendosi teorico e pioniere della scuola delle relazioni oggettuali . Nella sua teoria, esposta principalmente in scritti come Il bambino e il mondo esterno (1957), Dal luogo delle origini (1965), Gioco e realt à (1971), centrale è lo studio dell'influenza dell'ambiente nello sviluppo del soggetto che si esprime nella relazione di legame e di separazione tra madre e bambino. Le ipotesi di fondo della psicoanalisi di W., stimolate dalla sua professione di pediatra, che lo port ò ad osservare a lungo i bambini e la loro interazione con le madri, ruotano attorno ai concetti di holding e di spazio transizionale; all'ipotesi dell'oggetto transizionale; alla nozione di madre sufficientemente buona; e infine all'elaborazione del falso S é. Il punto di partenza è la prima immagine materna che il bambino si procura successivamente allo stadio affettivo-simbiotico della gestazione. Il neonato percepisce una sorta di mamma-ambiente empaticamente protettiva. È il cosiddetto holding, termine intraducibile che indica il complesso della gestualit à materna: cullare, sostenere, proteggere affettivamente. Esiste secondo W. una continuit à d'essere che per il bambino significa possibilit à per l'Io di strutturarsi senza soffrire l'urto dell'ambiente. Per garantire che nel passaggio dalla condizione di onnipotenza in cui il bambino protetto nell'holding immagina di vivere i primi mesi di vita, alla condizione di separazione dunque alla prima strutturazione della soggettivit à c' è bisogno che si instauri tra mamma e bambino uno spazio simbolico, ludico/creativo che W. definisce esperienza transizionale . Essa permette lo sviluppo della capacit à di vivere nella realt à oggettiva riuscendo per ò a conservare il nucleo dell'onnipotenza soggettiva, che permetter à l'espressione dell'originalit à e della passione nell'individuo. Per W. l'esperienza transizionale è una sorta di luogo psichico dove il bambino pu ò giocare creativamente, perci ò l'autore assimila le esperienze culturali umane alle esperienze transizionali. All'interno di questa esperienza transizionale e in questo spazio del gioco, si inseriscono i cosiddetti oggetti transizionali : oggetti di qualit à tipicamente tattile-pressoria (animali di peluche, pezzi di stoffa) che il bimbo tiene con s é nei momenti d'angoscia, nelle situazioni di distacco. Secondo W. nel percorso dell'individuazione, nel passaggio cio è dalla fase fusionale a quella soggettiva, il bambino scopre l'esistenza del mondo esterno. Se dapprima riteneva gli oggetti esterni una sua creazione o il frutto di una allucinazione (oggetti soggettivi li definisce W.), nell'impatto con l'ambiente il bimbo si disillude, ed è costretto a riconosce l'esistenza dell'alterit à a costo di perdere la precedente condizione di onnipotenza. La figura materna avr à allora il compito dapprima di stimolare l'illusione del bambino, e in seguito quella del disincanto. Proprio in questa seconda fase, l'area transizionale attiver à le potenzialit à simboliche del bambino originando quella dimensione di prassi ludica che negli adulti diventer à arte, lavoro, cultura. Al polo opposto dello spazio transizionale e della nozione di madre sufficientemente buona si situa l'ipotesi del falso S é : W. intendeva, con questa espressione, indicare le situazioni nelle quali il paziente avverte un acuto senso di inutilit à soggettiva, di non esistenza. Il falso S é deriverebbe da un rapporto primario madre-bambino insoddisfacente, quindi da una madre incapace di rispondere in maniera adeguata ai bisogni primari del bambino (ma non ci si riferisce tanto a bisogni fisiologici, quanto a dimensioni di crescita, di onnipotenza, di creazione e distruzione dell'oggetto). Inizialmente, infatti, è fondamentale che il bambino sperimenti l'onnipotenza soggettiva, vivendo nell'illusione di essere contemporaneamente il creatore e il distruttore della madre. Successivamente, grazie all'esperienza e all'oggetto transizionale, potr à muoversi verso un terreno di realt à condivisa, segnata dall'oltrepassamento dell'egocentrismo. A tal fine, il bambino ha bisogno di una madre sufficientemente buona che lo sottoponga a delle frustrazioni ottimali : esperienze che il piccolo pu ò recepire come non traumatiche. La madre non sufficientemente buona interrompe al contrario l'onnipotenza soggettiva del bambino; è in questo modo che si forma il falso S é : un'area psichica priva di potenza soggettiva. Il vero S é deriva infatti soltanto dal normale superamento dell'onnipotenza soggettiva, che permane come vero nucleo della personalit à.