Watson, John

Watson, John
Psicologo statunitense (Greenville, South Carolina,1878 - Woodbury Connecticut 1958). Svolse la parte più rilevante della sua attività accademica e scientifica all'Università John Hopkins, dove insegnò dal 1908 al 1920. Acquisì nei primi anni del Novecento una grande fama tra gli psicologi americani, divenendo, nel 1915, presidente dell'Associazione psicologica americana e dirigendo, dal 1915 al 1927, due importanti riviste di psicologia, la Psychological Review e il Journal of Experimental Psychology. Si è guadagnato un posto di rilievo nella storia della psicologia per aver gettato le basi del comportamentismo, contrapponendosi alla psicologia introspezionista, a quella animale, a quella antropomorfica e alla scuola funzionalista di Chicago. Il comportamentismo watsoniano si sviluppa fra il 1813 e il 1830. Nella teoria elaborata da W. il comportamento è considerato soprattutto nei termini di adattamento dell'organismo all'ambiente e di contrazioni muscolari e viene a costituire l'unità di misura dell'osservazione psicologica. La mente, e tutto ciò che vi è dentro, è insondabile dal metodo delle scienze naturali che è quello galileiano. Il comportamentismo da lui espresso è detto radicale per l'assolutismo delle sue posizioni, in netto contrasto a quelle della psicologia strutturalista cui W. rimproverava l'uso del metodo introspettivo che faceva riferimento a esperienze private e dunque non osservabili se non da parte del soggetto esperiente. La psicologia avrebbe invece dovuto studiare il comportamento definito in termini di reazioni muscolari e ghiandolari. I principi cui W. fa riferimento nel suo studio sul comportamento sono la frequenza, la recenza e il condizionamento. I principi della frequenza e della recenza affermano che tanto più frequentemente e tanto più recentemente un'associazione si è verificata, maggiore è la proabilità che questa si verifichi. Il principio del condizionamento sostiene che nell'organismo esistono risposte incondizionate a determinate situazioni. I suoi lavori rimasti classici nella storia della psicologia sono il manifesto behaviorista del 1913 intitolato La psicologia considerata dal punto di vista comportamentistico, che muoveva critiche fondamentali alla psicologia introspezionistica e agli psicologi funzionalisti nella scuola di Chicago; e Il comportamento: introduzione alla psicologia comparata (1914), in cui il ricorso alla sperimentazione sugli animali veniva presentato come il solo mezzo capace di far uscire la psicologia dalla non scientificità interpretativa. Il volume Comportamentismo (1925) raccoglie i suoi scritti posteriori al 1920. Del 1928 La cura psicologica del bambino e del fanciullo, contenente una proposta di educazione normativa contraria alle tesi permissivistiche.