Suicidio

Suicidio
Atto umano anticonservativo caratterizzato dall'autoinfliggersi intenzionalmente la cessazione della vita (Shneidman, 1973), applicabile a tutti i casi di morte risultanti direttamente o indirettamente da un atto positivo o negativo della vittima, consapevole delle conseguenze del proprio agito (Durkheim, 1897). Se l'individuo sopravvive, questo atto viene definito s. mancato. Si distingue dal parasuicidio, definito dall'Organizzazione Mondiale della Sanità come atto con esito non fatale che induca un individuo, deliberatamente, a un comportamento non abituale che, senza l'aiuto degli altri danneggi se stesso, oppure all'ingestione di una sostanza generalmente riconosciuta come terapeutica che gli/le era stata prescritta, mirando a ottenere in conseguenza di ciò, un danno fisico. Il parasuicidio è spesso ripetuto, in particolare in presenza di disturbo di personalità borderline, antisociale e istrionico, abuso di alcol ed entro un anno dal primo tentativo. Platone condanna il suicidio in Fedone: Non è lecito all'uomo sostituirsi al volere degli dei. Secondo la visione classica di Durkheim (1897), il s. si distingue in: altruistico (l'individuo si sacrifica a vantaggio di una comunità, della società, sentendosi spinto dall'autorità del gruppo), egoistico (derivante da sentimenti di alienazione dalla società), anomico (da mancato adattamento alle norme sociali) e fatalistico (l'individuo sente il proprio destino come segnato). Sono descritti vari tipi di suicidio.
1) Suicidio a grappolo. Anche detto effetto Werther, dalla catena di suicidi che fece seguito alla pubblicazione del romanzo di Goethe I dolori del giovane Werther (1774), si caratterizza per l'aumento di s. (ad esempio, tra adolescenti) in seguito alla diffusione delle notizie di tali atti attraverso i mass-media.
2) Suicidio razionale. Alternativa a vivere in condizioni intollerabili, intimamente connesso con meccanismi di tipo eutanasico.
3) Suicidio mascherato. Dissimulazione del s. (ad esempio, in forma di incidente stradale o overdose).
4) Suicidio allargato. Gesto anticonservativo che può manifestarsi in depressi gravi, i quali, sulla spinta di idee erronee, spesso di tipo delirante, coinvolgono nel proprio suicidio altre persone (figli, coniuge).
5) Erosione suicidaria. Rifiuto alla cura e all'alimentazione (ad esempio, nell'anziano).
6) Atto anticonservativo congruo (o incongruo). A seconda che la modalità utilizzata sia idonea (o meno) alla finalità di portare a morte l'individuo. Nei Paesi occidentali rappresenta almeno l'1% di tutti i decessi, costituendo la seconda-terza causa di morte per gli adolescenti e la nona-decima per gli anziani. Mostra un'incidenza particolarmente elevata nei Paesi nord-europei, in particolare la Svezia. È più frequente nella razza caucasica e nelle minoranze isolate.
Il s. è più frequente nei maschi (3:1), il parasuicidio nelle femmine (4:1). L'incidenza aumenta con l'età, in particolare sopra i 65 anni. Negli anziani aumenta inoltre la probabilità di un esito fatale, anche per la scelta di mezzi più congrui e violenti. I parasuicidi sono più frequenti nei giovani. La vulnerabilità al s. appare di tipo multifattoriale, relativa a fattori genetici e storia familiare, tratti di personalità, aspetti biologici e ambientali, eventi psicosociali e malattie fisiche, concomitanti disturbi psichiatrici e abuso di sostanze (Blumenthal, 1988). Secondo Shneidman (1985), la condizione psicologica che più sovente conduce al s. è definita da 10 caratteristiche comuni: 1) ricerca di una soluzione a fronte di una situazione insostenibile e drammaticamente angosciosa; 2) bisogno di arrestare il flusso della coscienza a fronte di una sofferenza vissuta come senza fine; 3) presenza di una sofferenza vissuta come intollerabile; 4) frustrazione del bisogno di essere ascoltati; 5) vissuto emozionale caratterizzato da assoluta mancanza di aspettative positive per il futuro (hopelessness) e di certezza di non poter ricevere alcun tipo di aiuto (helplessness); 6) atteggiamento di ambivalenza tra desiderio di vivere e morire; 7) restringimento dell'orizzonte cognitivo; 8) azione attraverso la fuga; 9) comunicazione dell'intento suicidario (attraverso lettere, visite al medico); 10) presenza delle suddette caratteristiche cognitive e comportamentali in modo costante di fronte a situazioni di difficoltà. Nel 90% dei s. è presente un disturbo psichiatrico (Harris-Barraclough, 1997). Tra disturbi a maggior rischio si annoverano: disturbi dell'umore, soprattutto la depressione maggiore (20 volte il rischio rispetto alla popolazione generale); i disturbi bipolari (15 volte rispetto alla popolazione generale); l'abuso di sostanze, in particolare di alcol e schizofrenia (8 volte il rischio rispetto alla popolazione generale); e il disturbo borderline e antisociale di personalità. Sono considerati fattori di maggiore vulnerabilità al s. la condizione di single (senza essersi mai sposato), la disoccupazione, l'indigenza, la carcerazione (in particolare in isolamento), la data di ricorrenza di un evento di perdita, quali l'anniversario di morte del coniuge (anniversary suicide), la presenza di un evento di perdita (reale o simbolica), recente dimissione da un ospedale psichiatrico (in particolare per psicosi). Appare più frequente in primavera (aprile-maggio) e in autunno (novembre); non sembra più frequente nelle vacanze estive o natalizie (Pavan, 1993). Il s. è meno frequente in individui coniugati, in particolare con figli. Le malattie fisiche più spesso associate risultano essere l'epilessia, in particolare di tipo temporale (Torta, 1994), la sclerosi multipla, la corea di Huntington, l'AIDS e il cancro. Il ruolo di fattori genetici è limitato a un aumento di vulnerabilità. Sotto il profilo biologico, il s. si è mostrato correlato ad alterazioni del sistema serotoninergico come testimoniano, ad esempio, bassi livelli liquorali dei metaboliti della serotonina (acido 5-idrossindolacetico) in soggetti che hanno tentato il s. In un'ottica psicodinamica, il s. è strettamente connesso con gli aspetti aggressivi che l'individuo dapprima rivolge contro gli oggetti e quindi contro se stesso (aggressività autodiretta), con concomitante sentimento di colpa per i tali impulsi (Baconcini, 1993). Secondo Freud (1915), l'Io può uccidersi solamente trattando se stesso come se fosse un oggetto, con lo spostamento di desideri distruttivi da un oggetto interiorizzato verso il Sé. È una vittimizzazione dell'Io da parte di un Super-Io sadico. Secondo Fenichel (1945), il s. può rappresentare anche il soddisfacimento magico di un desiderio di riunificazione con un oggetto amato perduto. Secondo Kohut (1977), la vulnerabilità al s. è legata alla difficoltà a mantenere l'autostima a livelli accettabili, in assenza di oggetti-Sé che garantiscano introiezioni tranquillizzanti.
7) Aspetti terapeutici. Il paziente richiede spesso una visita medica prima di commettere il s., o comunica le proprie intenzioni ad amici o familiari. L'intervento deve essere articolato sulla crisi, articolazione di strategie preventive e intervento sui fattori che incrementano il rischio, primi fra tutti i disturbi psichici. L'intervento sulla crisi deve rispondere alla richiesta di aiuto creando una comunicazione, indagando in maniera appropriata sulle intenzioni suicidarie, fornendo disponibilità all'ascolto, non offrendo quello che non si può o non si è in grado di fare, avvalendosi della consulenza di uno specialista esperto (De Leo-Pavan, 1993).