Sé
In quanto sostantivo designa, in modo generale, l'unità e la totalità della personalità individuale. Il concetto del S. abbraccia quel che è oggetto d'esperienza e quel che non lo è; o, con altre parole, quel che ancora non è rientrato nell'ambito dell'esperienza. Il termine — che non figura esplicitamente nel vocabolario metapsicologico freudiano — si è sviluppato in ambito psicoanalitico sotto l'influsso della scuola inglese (Guntrip, Winnicott) e dalla Ego-psichology americana con significati molto diversi. Tuttavia, in entrambi i casi è necessario distinguerlo dal concetto psicoanalitico di Io che, da Freud in poi, si riveste di un senso molto più ristretto di quel che gli si dà generalmente, sia nella lingua corrente, sia nella tradizione psicologica. Nello spirito della scuola inglese, il Self rappresenta la persona in quanto luogo dell'attività psichica nella sua totalità. È il prodotto di processi dinamici che garantiscono unità e continuità della persona. In psicopatologia, si fa riferimento al S. per lo studio delle sue alterazioni negli stati psicotici, mentre l'Io costituisce un'istanza parziale, la cui conflittualità in rapporto alle altre istanze (Es e Super-Io) spiega la formazione del conflitto nevrotico. Nella prospettiva dalla Ego-psichology americana, il S. è assimilato all'oggetto dell'investimento narcisistico. Si può dire che la rappresentazione del S. sia una costruzione dell'Io. Per questa ragione, molti autori che si sono ispirati a questa interpretazione preferiscono parlare di rappresentazione del S. invece che di un Self autonomo. Basandosi sulle patologie limite (borderline e disturbo narcisistico della personalità), altri autori hanno ripreso e popolarizzato il concetto di S. Kernberg ha insistito sull'articolazione tra la rappresentazione del S. e le rappresentazione di oggetti la cui integrazione definisce la normalità e la cui frammentazione definisce la patologia limite e psicotica. Tuttavia è nell'opera di Kohut che si trova il riferimento più fondato al concetto del S., al punto che la scuola a lui ispirata è stata denominata scuola di psicoanalisi del Sé (Psychoanalysis of the Self). Basandosi sulla cura psicoanalitica delle personalità narcisistiche gravi e dei borderline, Kohut definisce il S. nel senso di un contenuto dell'apparato mentale che si rivela, durante la cura, come un ente di un livello meno astratto di quello delle istanze strutturali classiche, nonostante non sia direttamente accessibile alla auto-osservazione. Questo modello strutturale ricopre le altre istanze, nelle quali alcuni dei suoi aspetti clinici coincidono in un contesto teorico più astratto. Il S. si manifesta come un insieme di rappresentazioni investite narcisisticamente sotto forma di un transfert a specchio, in cui lo psicoanalista è idealizzato quale riflesso del S. grandioso che caratterizza questo tipo di personalità. Ciò che contrassegna l'originalità del procedimento di Kouth è la considerazione che il narcisismo segue una linea indipendente dallo sviluppo della personalità, segnata all'inizio dalla indifferenziazione tra il S. e l'altro (S.-oggetto), che evolve parallelamente alla linea di sviluppo della relazione d'oggetto. Le vicissitudini di questa linea di sviluppo svolgerebbero un ruolo importante nella formazione delle psicosi, degli stati limite e dei disturbi narcisistici; il trattamento di questi ultimi stati si basa sull'analisi del transfert, ma più come riparazione delle vicissitudini arcaiche del narcisismo che non per l'analisi dei conflitti. È importante sottolineare, inoltre, come il concetto del S. abbia assunto tutta la sua importanza nella psicoanalisi a causa dell'allargamento del suo campo applicativo al di fuori del terreno degli stati nevrotici. Le critiche avanzate in genere contro l'individualizzazione del concetto provengono meno dalle prospettive psicopatologiche e terapeutiche da esso generate che non dal carattere considerato molto vago della sua definizione, che da margine a una sua banalizzazione e dal suo grado elevato di generalità. In Tipi psicologici, Jung afferma che il S., in quanto totalità psichica, possiede un aspetto tanto cosciente quanto inconscio. Il S. appare nei sogni, nei miti e nelle favole in un'immagine di personalità di grado superiore, come re, eroe, profeta, salvatore etc.; oppure di un simbolo della totalità, come il cerchio, il quadrato, la quadratura del circolo, la croce etc. Rappresentando una complexio oppositorum, una sintesi degli opposti, può apparire anche come diade unificata, qual è per esempio, in certe culture orientali, il Tao, fusione della forza yang e della forza yin. Ciò vuol dire che sul terreno empirico il S. appare come un gioco di luce e di ombra, sebbene concettualmente venga inteso come un tutto organico e, dunque, come un'unità nella quale gli opposti trovano la loro sintesi.