Psicologia dell’arte

Psicologia dell'arte
Ambito della psicologia che, in collaborazione con l'estetica e la critica d'arte, utilizza teorie e metodi psicologici per l'analisi dei fenomeni e delle produzioni artistiche. Il campo di indagine si riferisce alle arti figurative, ma anche alla musica e alla letteratura. Investe quelle aree di studio che riguardano i meccanismi percettivi, visivi e motori; i processi cognitivi come l'immaginazione, la memoria; la personalità nelle varie componenti motivazionali, emotive; la produzione come capacità rappresentativa, grafica e simbolica. La psicologia scientifica dell'arte nasce nel XIX secolo ad opera di Fechner. Questi distingueva l'estetica filosofica, che muove da principi per arrivare alle produzioni artistiche, dall'estetica empirica, che muove dal particolare per cercare principi generali verificabili sperimentalmente. Molte delle sue tesi però oggi sono state superate, in quanto il suo lavoro risente dei limiti di un'impostazione esclusivamente quantitativa. La teoria psicoanalitica, invece, ha promosso nuovi e importanti sviluppi nel settore degli studi sull'arte centrati sul nesso supposto tra impulsi creativi e motivazioni profonde. Freud definisce l'arte come un appagamento sostitutivo di un rapporto interrotto con la realtà, e l'artista come colui che, in disaccordo con la vita, è capace di realizzare, attraverso la fantasia e le proprie attitudini, i suoi desideri di amore e di gloria e di trovare la strada per ritornare alla realtà. Jung si inserisce in modo significativo nel dibattito sulle relazioni tra psicologia e arte, evidenziando i rischi della metodologia freudiana, che si allontana insensibilmente dal soggetto facendo di ogni artista un caso clinico e di ogni opera d'arte una malattia. Per Jung l'opera d'arte è una produzione che va oltre l'individuo, poiché il suo significato non è rinvenibile nelle condizioni umane che l'hanno prodotta.