Psicologia del lavoro
Psicologia del lavoro
Campo della psicologia applicata, avente come oggetto di ricerca le attivit à lavorative dell'uomo, con riferimento all'ambiente in cui vengono messe in atto e alle relazioni interindividuali o umane implicate. La finalit à intrinseca di quest'ambito della psicologia dovrebbe essere l'ottimizzazione della prestazione del lavoratore e, al contempo, la sua gratificazione; invece, a seconda della concezione abbracciata, si pone in una prospettiva produttivistica, fondata sull'organizzazione del lavoro, ovvero in una prospettiva particolarmente attenta all'adattamento e all'evoluzione del soggetto e quindi al suo atteggiamento verso la propria attivit à lavorativa. Nel 1905, il primo obiettivo che la p. del l. si propone è lo studio e la prevenzione della fatica: in Germania, Kraepelin usa per primo il metodo sperimentale nello studio dell'attivit à lavorativa e nel tentativo di misurarne lo sforzo. La nascita della p. del l., per ò, si deve a M ünsterberg (1913), la cui attivit à è finalizzata alla creazione di una nuova scienza che faccia da ponte tra la psicologia di laboratorio e l'economia politica, e a Lahy, che, al contempo, in Francia, conduce importanti ricerche sulle condizioni di lavoro di talune categorie professionali, adottando un metodo antitaylorista. Durante la prima guerra mondiale, l'attivit à preponderante degli psicologi del lavoro è rivolta alla selezione del personale militare, mentre è occupata dai problemi connessi alla selezione professionale, in cui si avvale dei metodi della psicologia differenziale, essenzialmente quello dei test, alla fine degli anni Trenta. Dal secondo dopoguerra a oggi, l'ampliamento e la diversificazione del raggio di azione della p. del l. possono essere sintetizzati da quattro diversi interventi (selezione, formazione, orientamento professionale, ergonomia) che rappresentano la via di accesso della psicologia all'ambiente lavorativo, costituiscono una serie di conoscenze tecniche e pratiche di cui attualmente si servono diverse altre discipline e rispondono alle problematiche concrete inoltrate dalle organizzazioni.
1) La selezione. La selezione del personale riguarda l'ammissione o il rifiuto di individui alla ricerca di lavoro o una loro migliore collocazione all'interno dell'organizzazione lavorativa. Ci ò viene effettuato attraverso colloqui, questionari biografici, test psicometrici, tarati per consentire la classificazione e il confronto di individui di una certa popolazione, tra i quali si possono distinguere: a) il test di idoneit à di Cronbach, finalizzato all'individuazione dell'insieme delle qualit à psichiche utili a rivestire un certo incarico, nonch é alla rilevazione dell'interesse, all'origine dell'incremento della motivazione nell'individuo che vede le proprie tendenze investite da una seria considerazione nel suo ambiente lavorativo; b) il Pauli-Test di Pauli, atto a misurare dell'attivit à lavorativa la qualit à della concentrazione, della costanza, del rendimento, dell'affaticamento e dell'attenzione; c) il Giese-Test-System, elaborato da F. Giese per vagliare il livello qualitativo di taluni parametri, come la capacit à tecnica e direttiva, l'intelligenza pratica e l'abilit à manuale.
2) La formazione. La formazione è intesa come il momento di acquisizione e trasmissione di conoscenze tecniche professionali per il soddisfacimento di un efficace funzionamento organizzativo, capace di garantire a tutti i soggetti il reale svolgimento delle proprie mansioni e dei compiti assegnati, oltre a una presenza attiva ed efficace. La formazione va, quindi, al di l à del generico programma di umanizzazione del lavoro ; infatti, la correlazione tra variabili umane, organizzative e tecnologiche evidenzia quello che è il suo spazio specifico: favorire lo sviluppo delle abilit à professionali e sociali, correlate con le domande provenienti dal ruolo realmente svolto nel proprio contesto lavorativo. Le fonti per definire gli obiettivi dell'attivit à formativa non sono individuabili solo nel committente o nell'utente, bens ì nella puntuale indagine sui compiti e sui ruoli lavorativi, oltre che sull'organizzazione. Gli obiettivi possono cos ì essere nuovamente delineati in termini di prestazioni comportamentali attese e misurabili, in seguito all'attivit à formativa, e un nuovo percorso razionale definito. Quest'ultimo comprende l'analisi delle risorse disponibili, la formulazione dei programmi operativi, la preparazione di strumenti e tecniche maggiormente idonei, la selezione dei tempi di revisione dell'apprendimento, nel corso e al termine della formazione. La validit à delle metodologie e delle tecniche formative viene assicurata dalla consonanza tra obiettivi e risultati, scelti quindi in base all'ipotesi formativa elaborata e non in relazione alle preferenze degli operatori o all'esito conseguito in attivit à antecedenti.
3) Orientamento professionale. È una ricerca che si articola in un lungo e complesso processo interattivo tra le risorse individuali e la struttura sociale, tenendo conto che una buona affermazione in campo lavorativo è l'espressione del raggiungimento dello status adulto e della maturit à emotiva, psicosessuale e sociale. Nella valutazione della personalit à si possono individuare diversi criteri: a) psicometrico, volto a cogliere le abilit à innate del soggetto, oltre ai suoi interessi e ai tratti della sua personalit à, che lo rendono maggiormente adatto a un certo tipo di occupazione. Buona parte delle caratteristiche individuate dai test sono correlate al contesto socio-culturale del soggetto, che rappresenta l'elemento di maggior incidenza sull'orientamento, influenzandone le aspirazioni e le scelte; b) dinamico, attento alla personalit à dell'individuo, in particolare al modo in cui si sviluppa e alle relazioni cognitive e affettive sulle quali si erige: l'aspetto evolutivo si coniuga con quello psicosociale. È in questo settore teorico che si sviluppano le procedure di counseling, finalizzate ad appoggiare le decisioni del soggetto.
Da tali considerazioni emerge la modalit à di scelta che vaglia: a) la vocazione, che consiste nella rappresentazione di uno schema anticipatorio di una condizione operativa, capace di preventivarne la messa in atto; b) la scelta, che impone di considerare il principio di realt à, ossia la situazione oggettiva del mercato del lavoro, e il raffronto tra il grado di aspirazione e le reali abilit à soggettive. Qualora si verificasse un profondo divario tra queste due istanze ci si troverebbe di fronte a quelle forme tipiche di irrealismo, che vanno dall'incapacit à al disadattamento.
3) Ergonomia. L'ergonomia si propone di adeguare le condizioni lavorative allo stato fisico-psicologico del soggetto. In particolare, comprende le modalit à di regolazione del rapporto uomo-macchina-ambiente e di riprogettazione, considerando le diverse necessit à del lavoratore in merito alla sicurezza e alla gratificazione, integrate ovviamente all'efficienza. Le conoscenze sulle quali si basa l'approccio ergonomico vengono applicate alla progettazione di macchine, posti e sistemi di lavoro; alla prevenzione degli infortuni; al controllo delle condizioni ambientali; alla riconsiderazione dei servizi o dei beni prodotti. Tutti questi obiettivi hanno uno scopo comune: umanizzare il lavoro da un punto di vista scientifico, ottimizzando lo stato di salute e la gratificazione del lavoratore.