Psicologia comprensiva

Psicologia comprensiva
Scuola di pensiero che ha introdotto un nuovo metodo di lettura dei fenomeni psichici, descrittivo e analitico, impiegato dalle scienze dello spirito che, ritenendo l'individuo parte del mondo storico-sociale, considerano la comprensione di tale mondo possibile solo attraverso procedimenti peculiari, diversi da quelli utilizzati dalle scienze della natura, ove l'atto del conoscere non è distinto dall'oggetto conosciuto, ma nasce da un'esperienza vissuta e la comprensione dei significati investe e trasforma l'oggetto di indagine. Secondo tale distinzione proposta da Dilthey (1883), l'oggetto delle scienze della natura è rappresentato dai fenomeni che si presentano alla coscienza dall'esterno, generati da un'osservazione distinta dal fenomeno stesso e da spiegazioni causali che non modificano la sostanza del fatto osservato. In tal senso, si pone in modo radicale la distinzione tra soggetto e oggetto del conoscere. Dilthey ritiene, quindi, che il passaggio da una psicologia esplicativa a una descrittiva verta sul passaggio da una psicologia che vuole spiegare la costituzione del mondo psichico secondo i suoi elementi, le sue forze, le sue leggi, come una specie di meccanica a una psicologia che partendo dalla connessione della vita psichica considerata nella sua totalità, analizza, ma non col solo intelletto, bensì con la cooperazione di tutte le forze dell'animo, i singoli membri di queste connessioni, descrive e indaga gli elementi e le funzioni che li uniscono il più profondamente possibile, senza intraprendere alcuna costruzione causale dei processi psichici. La contrapposizione tra le scienze, introdotta da Dilthey, rappresenta il punto di partenza da cui Jaspers crea la p.c., luogo di avvicinamento interumano dove non c'è la contrapposizione soggetto-oggetto, ma un insieme di relazioni, perché l'oggetto si risolve nel significato che esso assume per l'Io e l'Io nell'oggetto in cui la sua intenzionalità emotiva si evidenzia. Ciò avviene sulla base della distinzione tra comprendere e spiegare, ove la comprensione è intesa come la visione intuitiva di qualcosa dal di dentro, che si avvicina all'oggetto di indagine nei suoi stessi termini allo scopo di vedere in esso le strutture che emergono dal suo versante e non dal versante di chi indaga, mentre la spiegazione è la conoscenza dei nessi causali obiettivi che sono sempre visti dal di fuori ed è possibile spiegare pienamente qualcosa senza comprenderlo. Nell'ambito della p.c., Windelband (1894) compie un'importante distinzione tra il metodo delle scienze della natura (nomotetico) volto allo studio del generale, e quello delle scienze dello spirito (idiografico) relativo a eventi singoli e ai tratti peculiari di ciascun individuo. Binswanger (1921-1924) per primo in psichiatria applica l'analisi fenomenologica dell'esistenza che consente la ricostruzione dell'esperienza del mondo psichico, senza frammentarlo nella scissione tra soggetto e oggetto implicita in altri metodi terapeutici. Il principio cardine dell'analitica esistenziale è, infatti, quello di avere una visione dell'uomo che consenta di affrontare in maniera unitaria i problemi dell'esistenza: per nessuna ragione si devono isolare i fenomeni psicopatologici dal contesto globale nel quale sono collocati, ossia nell'essere al mondo, nell'esistenza, nella presenza dell'essere.