Omosessualità

Omosessualità
Termine coniato nel 1869 dal letterato ungherese Karl-Maria Kertbeny dalla fusione della parola greca omoios (stesso) e di quella latina sexus (sesso), definisce l'inclinazione sessuale di chi è attratto in modo preponderante o esclusivo da persone del proprio sesso. Nel corso della storia il concetto ha assunto differenti connotazioni: perversione, tendenza moralmente negativa, deviazione patologica della sfera sessuale, vizio, patologia mentale. Contro l'opinione prevalente nella psicoanalisi del secondo dopoguerra che considerava l'o. una patologia, un disordine dello sviluppo (ad esempio Alfred Adler, Carl Gustav Jung), Sigmund Freud ipotizzò l'esistenza di una predisposizione innata, ma allo stesso tempo evidenziò l'importanza delle esperienze infantili (ad esempio, la perdita del genitore di sesso opposto seguita da una difficoltà di identificazione). Dagli anni Settanta la psichiatria ha tolto all'o. lo stigma di malattia. In particolare, nell'ultima edizione del Diagnostical and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-IV-R) l'o. non occupa più alcuna casella diagnostica, ribadendone così il carattere non patologico. Pur non essendovi a tutt'oggi una teoria eziologica esaustiva e univoca, attualmente si tende a considerare il fenomeno come il risultato di una predisposizione biologica, di condizionamenti ambientali e psicologici o anche di una combinazione di tali fattori.