Linguistica

Linguistica
Scienza che ha per oggetto lo studio della lingua intesa come codice verbale umano attraverso cui si realizza il linguaggio.
1) Il sistema linguistico. Il linguaggio si sviluppa su più livelli, costituendo, quindi, una sorta di sistema tra i sistemi. Possiamo individuare quattro livelli strutturali nelle lingue:
— livello fonologico: implica un sistema di suoni collegati tra loro (le singole unità sono interdipendenti);
— livello morfologico: si tratta di un sistema di regole che reggono la struttura, la formazione e la flessione delle parole;
— livello sintattico: implica un sistema di regole grammaticali che regolano la formazione delle frasi;
— livello semantico: attiene alla dimensione del significato delle parole.
Gli atti linguistici sono spontanei, strettamente legati all'ambiente in cui viviamo; parlare, ascoltare, capire, domandare, rispondere, scherzare, interrogare, ordinare e pregare sono atti del tutto naturali e inconsapevoli, ma implicano un impegno nel costruire, con le varie emissioni di suoni, parole che coinvolgono tutto l'organismo umano: trachea, laringe, glottide, corde vocali, palato, cavità nasale, labbra, cooperanti a produrre un'unica emissione di voce. Le lingue sono inoltre sia parlate sia scritte, anche se storicamente l'oralità ha preceduto la scrittura (ancor oggi alcune lingue permangono nella fase primaria dell'oralità: ad esempio, la lingua somala o le lingue indiane d'America). La lingua scritta è, pertanto, un derivato di quella orale. Ciò è dovuto, da un punto di vista bio-psicologico, al fatto che si impara prima a parlare (in modo del tutto spontaneo) e successivamente a scrivere. La lingua parlata si evolve, muta in rapporto ai cambiamenti sociali e alle contaminazioni con altre lingue. La lingua scritta, invece, tende alla fissità e mantiene inalterata la sua struttura: permanendo identica a se stessa, risulta sostanzialmente impermeabile ai mutamenti. Per la comprensione della lingua è fondamentale la capacità, o competenza, attraverso la distinzione dei suoni, di cogliere il significato, cioè il valore semantico della parola. Tale capacità implica i seguenti livelli:
— livello astratto del termine. La parola tatto, ad esempio, ha un significato proprio, che sarà del tutto diverso da quello di tetto;
— livello concreto. Implica una varietà infinita di possibilità di pronunzia della parola tatto, che dipende dalla durata del suono della (a) o della (o), più o meno lungo, dall'altezza tonale, o da qualsiasi altro atto di fonazione, che corrisponde alla cosiddetta esecuzione, ossia all'atto individuale di produrre un determinato suono, a seconda di come siano atteggiati gli organi della fonazione.
Gli studiosi di l. contemporanea hanno prodotto numerose ulteriori specificazioni della distinzione tra livello astratto e livello concreto. Schematizzando: Ferdinand de Saussure (1916), ha proposto una distinzione di fondo tra:
— langue, vale a dire la lingua sociale astratta della collettività, che sta al di fuori degli individui, preesiste e sopravvive loro;
— parole, cioè l'attuazione individuale, la produzione singola di suoni concreti e parole significanti.
Roman Jakobson (1960) ha ulteriormente distinto tra:
— codice, cioè l'atto astratto, costituito da unità di potenziali grafi astratti (come l'alfabeto Morse o le lettere dell'alfabeto umano che si combinano tra loro, secondo determinate regole, per formare messaggi);
— messaggio, vale a dire un atto concreto costituito da unità fornite dal codice, finalizzate a formare messaggi rispettando le regole della fonetica, della morfologia e della sintassi.
Noam Chomsky (1965) ha operato una terza distinzione:
— competenza, vale a dire conoscenza astratta della propria lingua, a livello individuale (diversamente dalla langue di Saussure, che è conoscenza sociale);
— esecuzione, cioè l'atto di realizzazione concreta, attraverso le parole, di un messaggio.
2) La competenza. Per competenza non s'intende la bravura del singolo palante, bensì la capacità, la conoscenza linguistica di ogni individuo, ossia che cosa e quanto sappia un parlante di una lingua, e come la usi. Possiamo sintetizzare gli aspetti della competenza linguistica secondo la divisione seguente:
— competenza fonologica: un parlante della lingua italiana sa formare spontaneamente delle parole. Mostra dunque una competenza nell'associare i vari suoni della sua lingua, per comporre, ad esempio, le parole sale o pane, mentre la combinazione di thing (cosa, in inglese), gli è del tutto estranea; egli sa anche associare tre consonanti per formare una parola come strano, ma sa altrettanto chiaramente che la prima delle tre deve essere necessariamente la s e non, ad esempio, la c; oppure, per formare il plurale di comico sa che deve cambiare il suono (k) nel suono (ts) di comici o, per fare un altro esempio, che la pronuncia della s di storia non è uguale alla s di sdentato;
— competenza morfologica: solitamente un parlante sa anche che la maggior parte delle parole in italiano finisce con una vocale, diversamente da parole straniere; sa che due parole, dal suono identico, ma con diverso accento, cambiano di significato (àncora e ancòra, ad esempio); il parlante sa inoltre che parole come cane, sedia, cerchio hanno un determinato significato; sa che parole come chose, dress, acthung non appartengono alla sua lingua e che parole come sssttttbbb o mmmtgve non esistono. Sa, poi, formare parole nuove: ad esempio, dal verbo parlare può formare la parola parlamento, da posteggio posteggiatore; è in grado di formare parole composte, come contachilometri, di coniugare in varie forme un verbo o formare parole complesse (da dolce può derivare dolcemente, ma non disveloce da veloce). Sa aggiungere dei suffissi a parole come testa (testina, testone, testaccia) o balcone (balconcino, balconaccio, ma non barcolesco). È possibile, quindi, distinguere tra parole della propria lingua e parole straniere, e poi ancora tra parole possibili ma non esistenti (ad esempio, buna) e parole semplicemente non possibili (ad esempio gggtjc);
— competenza sintattica: i parlanti sanno ovviamente costruire anche vari tipi di frasi, applicando le regole della sintassi e trasformarle, ad esempio, da dichiarative in interrogative (Abbaiano i cani, può essere trasformata in I cani abbaiano?). Vi sono, inoltre, varie forme sintattiche di frasi largamente utilizzate in maniera inconsapevole e intuitiva, come: Credo che lo chiamerò, Vado a chiamarlo, Penso che lo chiamerò, oppure Penso di chiamarlo. Sono grammaticali quelle frasi che rispettano le regole sintattiche quando si volgono al passivo, come: Penso che si possa comprare un libro = Penso che un libro possa essere comprato da me, ma non: Penso che un libro si possa essere comprato da me; oppure, in forma interrogativa: Si può comprare un libro?, ma non Può libro comprare si?;
— competenza semantica: i parlanti sanno il significato delle parole; stabiliscono relazioni di sinonimia (parole di significato equivalente), anche se non si può parlare di sinonimia completa (numerosi/molteplici non sono del tutto identici). Altre relazioni sono l'antonimia (dire il contrario: vecchio/giovane; povero/ricco; buono/cattivo) e l'ambiguità (la frase la vecchia porta la sbarra può essere ovviamente intesa in due sensi molto lontani tra loro).
La grammatica può, dunque, in senso generale essere intesa come quell'insieme di conoscenze accumulate nella mente nel corso delle esperienze e acquisite nella comunità linguistica di appartenenza. Si tratta di un sistema basato su dati linguistici primari, costruiti dall'individuo sin da bambino e determinati in larga parte da fattori biologici innati.
3) Competenza sintagmatica e paradigmatica. Nell'atto linguistico i suoni perdono la loro individualità: ogni parola viene espressa attraverso un'unica emissione di voce e, senza separare un suono dall'altro, forma una successione di elementi di una catena parlata, che vengono definiti rapporti sintagmatici. Ad esempio: la n di santo ha un suono dentale che dipende dalla t, mentre la n di canfora ha un suono labiodentale perché è seguita dalla f. La c della parola amico al singolare ha un suono velare (gutturale, poiché il dorso della lingua urta contro il palato molle), mentre al plurale amici ha un suono palatale (ts), perché influenzato dalla vocale i. Si dice rapporto paradigmatico o associativo la relazione di compresenza tra gli elementi di un sistema fonologico; ossia, tutti i suoni che compaiono in un testo intrattengono tra loro rapporti associativi. Nella parola stelo, ad esempio, la t è tra la s e la e, dando un determinato suono, che può cambiare se si realizza al posto della t un'altra consonante, come la d di sdegno, o qualsiasi altra. Ma ci sono rapporti sintagmatici anche nelle espressioni. Ad esempio, in Questo mio libro, laddove c'è un accordo tra le parti, e così anche al plurale Questi miei libri, o al femminile Questa mia borsa. Analogamente avverrà se si userà un aggettivo possessivo, o un verbo, come: l'imperfetto del verbo amare = amavo, amavi, amava etc. Le forme realizzate escludono, così, tutte le altre, intrattenendo tra loro un rapporto paradigmatico, quindi di tipo coesivo.
4) Sincronia e diacronia. Il fenomeno sincronico è un rapporto tra elementi simultanei e coesistenti, tale da stabilire tra loro un accordo (ad esempio, tra soggetto-verbo-oggetto: Mario è un amico, La mucca mangia l'erba, Gli uomini sono vertebrati), senza considerare la loro evoluzione nel tempo. Il fenomeno diacronico è un cambiamento linguistico attraverso il tempo. Si pensi ai cambiamenti intervenuti sulla lingua italiana nel corso della sua lunga separazione dal latino. Ad esempio, ai casi si sono progressivamente sostituite le preposizioni (regis = del re, regum = dei re) e sono cadute le consonanti finali di una parola (rosam = la rosa).
5) L'espressione segnica della lingua. La parola è un segno, ossia è un elemento che produce un'unione di significato e significante, una forma sonora ed una forma grafica (nel caso in cui sia scritta). Il segno ha varie proprietà:
— la distintività. Il segno mano è differente da sano, nano, vano, che hanno tutt'altro significato;
— la linearità. Il segno perdura nel tempo (se è orale) e nello spazio (se è scritto), quindi ha una successione di un prima e di un dopo. L'articolo la, ad esempio, cambia di significato se i suoi segni cambiano posizione (al);
— l'arbitrarietà. Il segno è un fenomeno arbitrario, di natura convenzionale e sociale, in quanto nessuno impone che al segno libro debba necessariamente corrispondere il suo significato. In altre lingue tale significato può essere espresso diversamente, come book o livre. Non solo il segno sonoro o grafico ha un significato, ma anche i colori. Si pensi al colore nero, in Occidente associato per convenzione culturale al significato di lutto, oppure alla segnaletica stradale.
In questo senso possiamo concludere che la l. studia i segni linguistici, mentre la semiotica i segni in generale.