Laing, Ronald

Laing, Ronald
Psichiatra inglese (Glasgow, 1927 - Saint Tropez, 1989), massimo rappresentante dell'antipsichiatria, cioè del vasto movimento di contestazione (molto influente soprattutto negli anni Sessanta) dei metodi tradizionali della psichiatria, dei trattamenti e delle istituzioni (terapie farmacologiche ed elettroconvulsivanti, internamenti in ospedali psichiatrici). L. (al cui nome vanno aggiunti quelli dell'inglese David Cooper e dello statunitense Thomas Szasz) parte dalla necessità di una riformulazione del concetto di malattia mentale. Influenzato come Binswanger dalla fenomenologia husserliana e poi in misura determinante dall'esistenzialismo di Sartre, in opere famose (L'io diviso, 1959; La politica dell'esperienza, 1967) che hanno notevolmente alimentato le istanze generali di ribellione al sistema politico, di critica sociale e di denuncia degli aspetti repressivi della società proprie degli anni Sessanta, contesta la storica separazione tra normalità e anormalità, tra malattia mentale ed esperienza comune. Lo scopo della scienza psichiatrica dev'essere quello di ridefinire filosoficamente le basi fenomenologico-esistenziali per la conoscenza delle psicosi: la psichiatria deve farsi, sulla scorta della ipotesi della Daseinalyse di Binswanger, scienza delle persone e non dei sintomi, mostrando attenzione nei confronti della relazione tra vissuto patologico e agire collettivo, tra disagio psichico e sistema sociale. Nella prospettiva di L., l'Io è diviso perché l'immagine che ciascun soggetto ha di sé non corrisponde necessariamente a quella che di lui hanno altri. Gli altri sono principalmente i componenti della famiglia intesa come istituzione socio-politica, cioè come sistema chiuso degli scambi e delle relazioni. Si tratta di una dimensione patogena: il disturbo psichico si genera quando il soggetto rifiuta di adeguarsi alla falsa immagine che il mondo esterno esige da lui. Lo psicotico, non riconosciuto dalla società e come tale oggetto di segregazione, è in realtà il soggetto sano: la psicosi contiene elementi potenziali e paradossali di liberazione sociale. In un'ottica chiaramente ideologico-politica, normalità significa sottomissione all'Altro: la psicosi, come rifiuto della sottomissione, può dunque consentire l'esperienza di un viaggio liberatorio ed eversivo. Le innovative comunità terapeutiche organizzate dagli antipsichiatri miravano in questo senso ad accompagnare lo psicotico nella sua regressione, sino al raggiungimento di una forma di singolare, a tratti mistica, autoguarigione. Accanto al tramonto degli aspetti più largamente utopistici (tra cui l'idea della schizofrenia come forma diretta di opposizione sociale), molti dei risultati del movimento antipsichiatrico (chiusura dei manicomi, interpretazione del sintomo psicotico come istanza comunicativa) possono oggi considerarsi acquisiti.