Io

Io
Concetto che nell'ambito della psicologia psicoanalitica designa le parti organizzate dell'apparato psichico, in contrasto con l'Es non organizzato. La nozione di I. si specifica, tuttavia, in Freud, a partire dalla svolta rappresentata dall'apparato concettuale espresso nella seconda topica (1920). Da questo punto di vista, l'I. è un'istanza in parte conscia, in parte inconscia, in una relazione di dipendenza dall'Es, in quanto serbatoio energetico-pulsionale, dagli imperativi del~Super-Io e dalle esigenze della realtà. All'I. vengono attribuite le funzioni più varie: il controllo della motilità e della percezione, l'esame della realtà, il pensiero razionale etc., così come tutte le operazioni difensive che arginano le rivendicazioni pulsionali. Tutte queste operazioni possono essere raggruppate in coppie antinomiche (ad esempio, soddisfacimento delle pulsioni-opposizione alle pulsioni, insight-razionalizzazione) che caratterizzano la situazione di mediatore assegnata all'I. rispetto alle altre due istanze (Es e Super-Io). Freud, in L'Io e l'Es, afferma: Nella sua veste di elemento di confine l'Io vorrebbe farsi mediatore fra il mondo e l'Es, rendendo l'Es docile nei confronti del mondo e facendo, con la propria attività muscolare, il mondo idoneo a soddisfare i desideri dell'Es. Da un punto di vista dinamico, l'I. rappresenta prevalentemente il polo difensivo della personalità: a partire dalla percezione di segnali di angoscia, interni o esterni, esso si esprime attraverso meccanismi di difesa che gli consentono dapprima una reazione di fuga e, in un secondo tempo, lo sviluppo di investimenti protettivi (fobie). Da un punto di vista economico, l'I. è descritto da Freud come un'organizzazione di rappresentazioni caratterizzata da vari tratti: facilita le vie associative interne, assumendo la funzione di legame dei processi psichici e consente il continuo investimento dell'energia psichica di origine endogena, cioè pulsionale. Dal punto di vista genetico, in una prima ipotesi Freud considera l'I. una differenziazione dall'Es dovuta al contatto con la realtà esterna; secondariamente, lo definisce come il prodotto di identificazioni che portano alla formazione, in seno alla persona, di un oggetto d'amore investito dall'Es. In questa seconda accezione, esso si offre come oggetto di amore allo stesso titolo di un oggetto esterno. Da tale contesto nascono i concetti di narcisismo come tappa dello sviluppo delle relazioni oggettuali, di ideale dell'Io e di Io ideale. Lacan, con lo stadio dello specchio (Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell'Io, 1949, in Scritti) mostra che nel bambino, l'impianto del primo abbozzo dell'I., si determina tramite un'identificazione con cui si anticipa immaginariamente la forma totale del proprio corpo. Tuttavia, se il bambino riconosce la sua immagine nello specchio, è dapprima come un altro che si vede, che si apprende: emerge la dimensione immaginaria dell'I., proprio nel senso dell'immagine, l'I. della relazione duale, della confusione tra sé e l'altro. È fatto, secondo Lacan, della serie delle identificazioni che rappresentano per l'individuo un punto di riferimento essenziale in ogni momento storico della sua vita. Questi insisterà sull'aspetto di inganno, di sembiante, di illusione che l'I. riveste in un'eccentricità radicale in rapporto al soggetto. Jung considera l'I. come uno dei tanti complessi che compongono la vita psichica: il complesso dell'I. è tanto un contenuto quanto una condizione della coscienza. È un contenuto in quanto insieme di rappresentazioni che costituisce il campo della coscienza ma, nello stesso tempo, un elemento psichico che diviene soggettivamente cosciente in quanto riferito al complesso dell'I. La psichiatria fenomenologica ritiene, tuttavia, che le nozioni di I., Es e Super-Io scindano l'uomo che non può che essere considerato nella sua unitarietà: a tal proposito, essi introducono la nozione di presenza, dove non vi è una soggettività (Io) che si relaziona con un'oggettività (mondo), ma una relazione tra l'essere unitario dell'uomo e il suo essere-nel-mondo. Successivamente a Freud, altri autori hanno considerato l'I. come un'istanza psichica originale e non riducibile, sino ad ammettere che essa abbia, sin dall'inizio della vita, una certa autonomia. Questo, in campo psicoanalitico, ha condotto allo sviluppo di teorie incentrate sulle funzioni dell'I. e, nell'ambito della psicologia generale, a studi sulla personalità, particolarmente sviluppati dai comportamentisti. Secondo questi ultimi, l'I., nell'ambito della personalità, assume un posto centrale sia come fonte delle motivazioni che guidano i comportamenti, sia come istanza organizzativa dell'esperienza e, quindi, dell'adattamento all'ambiente e, infine, come luogo dell'autopercezione (immagine di sé, delle proprie capacità, dei propri limiti).