Husserl, Edmund
Husserl, Edmund
Filosofo tedesco (Prossnitz, Moravia, 1859 - Friburgo 1938). La sua opera filosofica ha influenzato profondamente autori e correnti e della psichiatria e della psicopatologia del Novecento. Studi ò astronomia e matematica a Lipsia e a Berlino sotto la guida di Weierstrass e psicologia a Vienna con Franz Brentano. Insegn ò poi a lungo all'Universit à di Friburgo. Le sue opere principali sono: Ricerche logiche (1900), La filosofia come scienza rigorosa (1911), Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica (1913), Meditazioni cartesiane (1928), La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale (1954). L'interesse di H. per la filosofia si sviluppa a contatto con la matematica e in relazione ai problemi della sua fondazione. La scienza è, infatti, un problema che l'attivit à filosofica ha il compito di portare alla chiarezza: la fenomenologia husserliana vuole in questo senso essere una filosofia rigorosa , che proviene dal terreno stesso della scienza. Chiarire per ò da un punto di vista scientifico i fondamenti della conoscenza, secondo H., significher à riuscire a descrivere la genesi stessa della nostra attivit à conoscitiva. A tal fine H. utilizza il concetto chiave di intenzionalit à, riprendendolo dal suo maestro Brentano. Tale termine riguarda anzitutto i fenomeni psichici, cio è i vissuti della coscienza. Ogni fenomeno della nostra coscienza è sempre caratterizzato dal fatto di riferirsi a qualcosa: ogni coscienza è sempre coscienza di qualche cosa (a tutti i livelli dell'attivit à psichica: percezioni, giudizi, stati emotivi etc.). In questo senso l'oggetto di cui siamo coscienti non è un oggetto del mondo reale (una realt à oggettiva), bens ì sempre inizialmente qualcosa di interno alla coscienza stessa: nella percezione di una sedia, ad esempio, l'oggetto col quale la nostra coscienza è in relazione non è una realt à del mondo fisico, ma di quello mentale: la sedia in quanto percepita mentalmente da noi. In una delle sue prime grandi opere, le Ricerche logiche, H. tenta per ò di andare oltre il suo maestro e di dimostrare come i concetti logici, ad esempio, non traggano la loro origine dal piano delle operazioni psichiche; essi infatti sono delle entit à ideali (un po' come le forme a priori di Kant), valide indipendentemente dal fatto che esista o meno un soggetto conoscente: la logica è l'insieme di forme oggettive attraverso cui gli oggetti si articolano nella nostra conoscenza, anzi essa costituisce la modalit à a priori dell'articolarsi della coscienza stessa. È necessario individuare quale sia il legame fra queste entit à ideali e i contenuti psichici soggettivi evitando al contempo di cadere nello psicologismo, cio è nel tentativo di far derivare gli enti ideali dai vissuti della coscienza o, in altri termini, la logica dalla psicologia. Dai semplici dati di fatto della nostra psiche non potranno mai infatti, secondo H., essere desunte delle forme universali valide a priori, ma soltanto delle leggi valide relativamente. Ecco, dunque, la nuova proposta: l'analisi dei vissuti in cui si manifestano gli enti ideali va condotta con un metodo che H. chiama fenonenologico. Tale analisi deve costituire una sorta di riflessione sul vissuto (ad esempio, la percezione della casa ) che miri a scoprire le caratteristiche essenziali che gli permettono di essere quel certo tipo di vissuto che è (ad esempio, una percezione ) e le caratteristiche essenziali dell'oggetto in quanto oggetto di quel particolare vissuto (ad esempio quella specifica casa). H. estende poi questo metodo all'analisi di tutti i vissuti, non solo quelli logici, ma anche percettivi, emotivi, volontari. In tal modo, arriva a sostenere che non solo i concetti logici vanno esclusi dallo status di oggetti mentali , ma che, anzi, anche altre forme di articolazione dell'esperienza, oltre a quelle logiche, andranno definite come realt à trascendenti, cio è indipendenti dalla nostra coscienza. A partire dal 1904, contemporaneamente a queste riflessioni, H. procede ad una pi ù precisa definizione del proprio metodo di indagine, giungendo nel primo volume dell'opera Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica a definirlo come pratica della riduzione fenomenologica o, con termine greco, epoch é. Il problema è quello di individuare una via per accedere con maggiore certezza alla coscienza e ai suoi vissuti. L'epoch é fenomenologica implica un duplice movimento: a) bisogna innanzitutto porre tra parentesi il mondo cos ì come esso ci si d à nel nostro atteggiamento quotidiano e naturale ( sospensione è, infatti, il significato della parola greca epoch é). Come H. afferma nelle Meditazioni cartesiane, infatti, l'oggettivit à pu ò essere messa in dubbio, il pensiero no: esso, il campo dei vissuti puri, è l'evidenza sulla quale qualunque oggettivit à non pu ò che essere fondata; b) allo stesso tempo, per ò, bisogna considerare che la coscienza non è mai vuota ; il campo dei puri vissuti è sempre campo dei vissuti in cui appare un qualcosa, o verso cui ci si indirizza: la coscienza è una vita intenzionale. Muove da qui il secondo movimento dell'epoch é: la costituzione, che consiste nel recuperare l'oggetto descrivendo le diverse operazioni effettuate dalla coscienza (che H. chiama sintesi) attraverso cui esso, formandosi, giunge a manifestarsi. In questo modo si scopre che l'oggetto (ad esempio, una sedia) non giunge a manifestarsi solo perch é (come sosteneva l'idealismo classico) la soggettivit à dispone delle forme a priori attraverso le quali organizzare le diverse sensazioni (che ho della sedia) e dare ad esse la forma di oggettivit à. Bens ì anche perch é gli stessi dati sensibili si autorganizzano secondo forme di aggregazione che prescindono dall'attivit à della soggettivit à (a quest'ultimo processo H. d à il nome di sintesi passiva). In una poderosa opera postuma, La Crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, H. giunge infine all'elaborazione del concetto di mondo-della-vita (Lebenswelt), inteso come mondo dei sensi comuni e condivisi, come orizzonte dell'attivit à del soggetto insieme ad altri soggetti, cio è come mondo dell'intersoggettivit à, del legame originario tra esseri e coscienze. H. utilizza tale concetto come filo conduttore per muovere una dura critica alla scienza occidentale, responsabile della crescente disumanizzazione del mondo moderno. A partire da Galileo, ma soprattutto dopo di lui, la scienza si è infatti limitata ad una concezione ingenuamente naturalistica della realt à: al mondo dei fatti viene progressivamente sostituita una rete di categorie e di rapporti mentali (assiomi matematici, postulati fisici, formule, relazioni, leggi, rapporti di causa-effetto) ritenuti aderenti ( isomorfi ) alla realt à. Cos ì la filosofia cessa di proporsi come orizzonte di sapere universale e come incremento della libert à umana per trasformarsi in puro naturalismo e oggettivismo, obliando le radici soggettive del mondo.