Educazione

Educazione
In un senso molto esteso il termine indica qualsiasi processo di intervento culturale sugli individui, presi singolarmente oppure come gruppo. Educare significa sostanzialmente formare un individuo singolo o una comunità. Va, tuttavia, segnalata una prima distinzione fondamentale dal punto di vista terminologico: quella tra istruzione e formazione. Con il primo termine ci si riferisce, generalmente, a quell'attività educativa che, trasmettendo alcune specifiche forme di sapere, mira principalmente allo sviluppo cognitivo di un soggetto: la scuola è, in questo senso, il principale veicolo o agente di istruzione all'interno di una certa società. Con il termine formazione siamo soliti delineare invece il complesso degli eventi in grado di esercitare una influenza globale (cioè non solo cognitiva, ma anche sociale e affettiva) sull'individuo. Detto diversamente, l'attività formativa costituisce l'insieme delle iniziative individuali e/o collettive attraverso cui una certa società trasmette non solo la propria cultura, ma anche i propri modelli e stili di vita, la dimensione etica complessiva. Quando si parla di formazione si allude, pertanto, a qualcosa di più articolato rispetto sia ai processi di trasmissione del sapere sia alle pratiche di insegnamento di abilità tecniche e fisiche (ad esempio quelle richieste dallo sport o dalle discipline militari, ma anche quelle legate all'elemento pratico e manuale di certe attività artistiche come dipingere o suonare uno strumento). È possibile sintetizzare il problema dicendo che si ha formazione quando sono in gioco i seguenti aspetti dell'individuo: quello psicofisico, relativo alla dimensione interiore e affettiva; quello etico, che riguarda il comportamento e le relazioni con gli altri; quello sociale, incentrato sui processi di scambio con l'ambiente e con le istituzioni in cui si vive. In un senso più preciso, dunque, l'attività dell'educare, che ha origini antiche quanto la nostra stessa civiltà, consisterebbe in primo luogo nel generare un arricchimento della dimensione culturale, biologica, socio-psicologica degli individui.
1) L'educazione tra individuo e società. Da questo punto di vista, lo scopo generale sotteso a qualsiasi processo educativo-formativo dovrebbe essere quello di consentire al maggior numero di individui di interagire positivamente con l'ambiente umano e sociale in cui vivono. Formarsi significa qui, ad un altro livello più profondo, sviluppare la propria identità. Quindi da un lato stimolare processi di auto-adattamento nei confronti dell'ambiente di appartenenza (processo di integrazione), dall'altro aprirsi a saperi e processi critici, al libero confronto con le istituzioni, le convenzioni, i modelli e le articolazioni culturali dei sistemi sociali in cui si vive (processo di differenziazione). L'attività dell'educare (da educere, trarre fuori) potrebbe essere intesa in questa prospettiva come l'azione volta a consentire al massimo numero di individui di accrescere i propri spazi personali e sociali di libertà, le proprie capacità di relazione e di cultura: si educa per estrarre delle potenzialità presenti dalla nascita ma anche per generare nuove disposizioni, per far nascere nuove competenze. Da un punto di vista storico, numerose e spesso divergenti sono state però le posizioni riguardo il senso da conferire alla pratica e alla teoria dell'e. Possiamo indicare, per semplificare al massimo, una contrapposizione che ha attraversato, e attraversa in parte ancora oggi, tutta la storia educativa occidentale: quella tra prospettive pedagogiche che puntano sull'e. come adeguazione del singolo uomo ai canoni della realtà sociale e prospettive che mirano all'incremento della coscienza e delle libertà individuali anche in contrapposizione ai modelli sociali dominanti. Definiamo le prime come teorie sociocentriche, volte a preservare la solidità e stabilità del sistema sociale nel suo complesso piuttosto che le libertà del singolo. Si tratta di approcci e posizioni incarnatisi storicamente in una pluralità di forme molto diverse e che, soprattutto nel Novecento, hanno trovato terreno fertile in contesti storico-politici caratterizzati da un deciso intervento dello Stato nella vita dei cittadini: tipici in questo senso sono stati gli orientamenti educativi dei totalitarismi politici. Le seconde, che possiamo sommariamente definire teorie individualistiche, alludono a posizioni secondo le quali l'e. deve costituire il processo-base che consenta ad ogni singolo individuo di affermarsi autonomamente e criticamente rispetto all'ambiente socio-politico di appartenenza. Si tratta di una posizione largamente dominante oggi a livello di elaborazione teorica generale, anche se ancora di incerta e precaria realizzazione pratica.
2) Pedagogia come scienza dell'educazione. Il concetto di e., le sue pratiche, i suoi saperi costituiscono l'oggetto di studio della pedagogia (dal greco pais, fanciullo, e agogé, guida: quindi, letteralmente, guida dei fanciulli). Vista però l'ampiezza del campo d'indagine (l'attività educativa è un processo riscontrabile nella totalità delle culture umane), le dottrine o le scienze dell'e. hanno principalmente lo scopo di sintetizzare quel sapere utilizzabile concretamente come presupposto dell'attività educativa stessa. Tale sapere riguarda, anzitutto, due tipi di problemi generali: gli scopi o le finalità che si vogliono raggiungere e i mezzi con cui s'intende procedere. A questi va aggiunto un terzo aspetto: l'oggetto specifico delle pratiche educative, cioè l'alunno, l'allievo, l'educando, il discente colto nella sua individualità, nelle sue motivazioni specifiche, ma anche nei suoi tratti problematici quest'ultimo aspetto costituisce il grande ambito della pedagogia speciale o di recupero, quella che si rivolge all'allievo svantaggiato o portatore di handicap. In sintesi, possiamo affermare che la ricerca pedagogica si delinea sostanzialmente attorno ai seguenti ambiti: teoria dei fini o scopi dell'e.; studio dei metodi, dei mezzi o delle forme organizzative dell'e. stessa; attenzione teorico-pratica nei confronti dell'educando. Tutto ciò, com'è piuttosto evidente, richiede un sapere complesso, articolato in vari rami, dinamico e tendenzialmente soggetto a metodologie scientifiche: la pedagogia, ad un certo grado di sviluppo del pensiero occidentale, si è andata profilando infatti proprio come la scienza o meglio l'insieme delle scienze che riguardano i fenomeni educativi. In questo senso il processo pedagogico affida oggi la sua scientificità a due elementi fondamentali: il primo riguarda il patrimonio di conoscenze pervenute, nel corso del Novecento, dalla psicologia, soprattutto quella infantile e dell'età evolutiva. Tali conoscenze riguardano sia la natura e lo sviluppo generale della mente umana, sia i processi e i meccanismi specifici di apprendimento nei bambini e negli adolescenti; il secondo riguarda la tecnica dell'istruzione, vale a dire lo studio dei metodi più efficaci per progettare e controllare il risultato effettivo dell'insegnamento, cioè della trasmissione del sapere.
3) L'educazione come esperienza antropologica. Nel corso della civiltà umana, e in tutte le culture conosciute, il processo educativo investe contemporaneamente il singolo e il gruppo: senza sviluppo individuale non sarebbe possibile alcuno sviluppo sociale e senza sviluppo sociale sarebbe assai difficile ipotizzare un adeguato sviluppo dell'individuo. In altre parole: tra ambiente e individuo si dà, antropologicamente, una convergenza costante e necessaria. In un'ottica evoluzionista, la naturale capacità di comunicazione e di produzione di segni (semiosi) alimenta continui scambi di esperienze, affettività, competenze e abilità decisivi per la funzione adattiva della specie all'ambiente. Lo scambio di esperienze tra individui costituisce, così, il più originario gesto educativo di un gruppo sociale. Un gruppo di individui può selezionare, scegliere, accogliere le varie soluzioni dei problemi di adattamento facendo ricorso all'immenso bagaglio delle esperienze e delle acquisizioni altrui, cioè a quel patrimonio comune e condiviso di conoscenze che costituisce propriamente la cultura. Quest'ultima è da intendersi, in ambito socio-pedagogico, precisamente come il livello di conoscenze e di dimensioni formative acquisite, trasmesse e trasmissibili da parte di una certa società o di un certo gruppo sociale. Tale trasmissione presuppone ovviamente che ciascun individuo sia in grado di accogliere il messaggio che viene trasmesso, cioè che sia capace di apprendimento, inteso come l'insieme dei processi psicofisici che consentono agli individui di acquisire abitudini e conoscenze nuove, tali da determinare in loro una modifica stabile del comportamento naturale. Apprendere significa modificarsi in funzione dell'ambiente per adattarsi creativamente ad esso. Il massimo grado di cultura corrisponderebbe, in questo senso, al culmine del potenziale di integrazione e differenziazione nei confronti dell'ambiente bio-sociale. Esiste, pertanto, un legame assai stretto tra acquisizioni individuali e spinte dell'ambiente sociale. Tale interazione può avere i caratteri di una reciproca trasformazione: l'esperienza educativa potrà dunque essere definita come la totalità degli eventi resi possibili dallo sviluppo e dalla crescita degli individui, dalla comunicazione e dalla trasmissione di un patrimonio comune di valori e conoscenze.
4) Ambiente ed educazione: i molteplici elementi dell'esperienza educativa. L'elemento centrale di questo aspetto — che è emerso soprattutto a seguito delle grandi svolte pedagogiche del Novecento — è che qualsiasi individuo o qualsiasi piccolo gruppo, nell'ambito dell'insegnamento, va considerato non come soggetto passivo, ma come soggetto interattivo: affinché vi sia un efficace processo educativo (istruttivo e formativo) c'è bisogno di una comunità sociale, di un sapere percepito come comune e di strumenti specifici dell'educazione. La comunità sociale è costituita sia dalle istituzioni che svolgono una precisa e intenzionale azione educativa (famiglia e scuola), sia dai soggetti che ne mettono concretamente in atto gli indirizzi: in primo luogo, ovviamente, genitori e insegnanti. Il sapere e la cultura, abbiamo visto, rappresentano il patrimonio comune di conoscenze su cui fonda una società stessa: e cioè l'insieme delle abitudini, degli atteggiamenti condivisi (credenze, costumi, modelli) che definiscono l'identità di un certo organismo sociale. Gli strumenti, sono, infine gli elementi che rendono concretizzabile praticamente l'atto educativo (dalla scuola come spazio fisico ai libri di testo, fino ai media). Se il processo educativo può essere considerato come una lunga serie di eventi sociali in senso lato e, allo stesso tempo, di esperienze di apprendimento personale che accompagnano l'individuo dalla nascita alla morte, deve peraltro necessariamente implicare una relazione costante tra i molteplici agenti educativi.
5) Scuola ed extrascuola: la pluralità dei modelli educativi. Quest'ultimo aspetto del problema apre il campo ad un argomento centrale nel dibattito contemporaneo sull'e.: il ruolo delle istituzioni extrascolastiche e della cosiddetta istruzione informale. Tale espressione indica un tipo di intervento educativo caratterizzato da elementi formativi non programmati in partenza, e quindi legati alle occasioni che provengono, anche contingentemente, della vita quotidiana. Questo modello per lungo tempo è stato considerato inferiore rispetto a quello basato sull'istruzione formale, cioè su quel tipo di azione educativa che prevede una programmazione consapevole e intenzionale del processo formativo. Ciò ha fatto sì che qualsiasi attività non svolta nell'ambito scolastico venisse considerata come un semplice accessorio nel percorso formativo dell'educando. Le radici storiche di un'apertura della scuola all'esterno possono essere individuate nei primi anni del Novecento, dapprima grazie a orientamenti come la scuola progressiva di John Dewey, che fu all'origine dell'attivismo pedagogico, e successivamente grazie ai movimenti delle cosiddette pedagogie alternative. Oggi con il termine extrascuola s'intende principalmente un'e. gestita da soggetti sociali indipendenti (associazioni culturali, gruppi di volontariato, comunità di ambito religioso, cooperative sociali, partiti e movimenti politici), che svolgono compiti educativi eterogenei (recupero scolastico, prevenzione del disagio sociale, cooperazione internazionale). È però piuttosto evidente come, di fronte alla precisa identità che la scuola possiede nella nostra società, la potenziale pervasività della formazione extrascolastica appaia ancora un luogo dagli incerti confini.