Disturbo paranoide di personalità

Disturbo paranoide di personalità
È definito dal DSM-IV-R come un quadro pervasivo di sfiducia e sospettosità verso gli altri, tanto che le loro intenzioni vengono interpretate come malevole. Senza una base sufficiente, il soggetto sospetta di essere sfruttato, danneggiato o ingannato, dubita della lealtà o dell'affidabilità di amici e colleghi, non si confida con gli altri per paura che le informazioni possano essere usate contro di lui, scorge significati nascosti umilianti o minacciosi in rimproveri o in eventi benevoli, porta rancore, percepisce attacchi al proprio ruolo o reputazione non evidenti agli altri ed è pronto a reagire con rabbia e a contrattaccare, sospetta ricorrentemente, senza giustificazione, della fedeltà del coniuge o del partner sessuale. L'ideazione di riferimento e la sospettosità non raggiungono l'intensità delirante come nel disturbo delirante e nella schizofrenia e sono indipendenti da fattori culturali. Spesso il d.p. è presente in comorbidità con altri disturbi di personalità e dell'asse I. Insieme al disturbo schizotipico è stato inserito nello spettro schizofrenico e riscontrato con maggior frequenza nelle famiglie di schizofrenici rispetto ai controlli, ma con minore frequenza del disturbo schizotipico e con percentuali diverse nei vari studi. Più significativa sarebbe la presenza nelle famiglie di pazienti con disturbo delirante. In generale, il rischio di sviluppare schizofrenia e altre psicosi funzionali sarebbe maggiore nei familiari di pazienti con disturbo di personalità dello spettro schizofrenico. Nella popolazione generale la prevalenza si aggira su percentuali dello 0,5-2,5%, con aumento tra i familiari di individui con schizofrenia cronica. Percentuali superiori si avrebbero anche tra le minoranze etniche e tra le popolazioni di emigrati. Nella psichiatria classica tedesca la personalità paranoide era vista come direttamente collegata alla schizofrenia. Il primo a parlare di stato paranoide è stato Meyer, ma solo negli anni Quaranta si è cominciato a parlare negli Stati Uniti di disturbo paranoide come un sottotipo della personalità psicopatica. Compare come disturbo di personalità già nella prima edizione del DSM. Dal punto di vista psicodinamico, la prima descrizione è quella di Freud che, nel caso del presidente Schreber, ha parlato di proiezione e di tendenze omosessuali rimosse. Mentre il secondo punto non è sempre stato univocamente accettato, il meccanismo di proiezione mantiene ancora oggi la sua validità. Colby, in una revisione delle teorie psicodinamiche, ha elencato altre tre teorie per spiegare la paranoia: 1) proiezione di sentimenti inconsci di odio e aggressività; 2) tentativo da parte dell'individuo di restaurare un equilibrio interno a causa di sentimenti di inadeguatezza o colpa formandosi la convinzione che gli altri lo minacciano; 3) discrepanza tra immagine ideale che il soggetto ha di sé ed esperienza di vergogna e umiliazione che può fare; non riuscendo ad accettarlo, incolpa gli altri di essere ingiusti con lui. Alcune ipotesi ritengono l'ideazione paranoide una reazione a un ambiente infantile oggettivamente frustrante e sadico. La sopravvivenza emozionale del soggetto richiede l'utilizzo del meccanismo di scissione dell'oggetto e della proiezione nel mondo esterno delle parti cattive. L'individuo paranoide è, quindi, sempre vittima di oggetti persecutori o aggressivi esterni. Inoltre, non essendo in grado di mantenere un legame d'amore con una rappresentazione oggettuale interna, vive nella convinzione che le relazioni d'amore siano pericolose e instabili. Dal punto di vista terapeutico, per i pazienti, che spesso giungono all'osservazione su insistenza di conoscenti e familiari, sono utili basse dosi di neurolettici o di antipsicotici atipici quando si apprezzi una sintomatologia ansiosa pervasiva, legata al timore di perdere il controllo rispetto alle tematiche di riferimento e di minaccia. La psicoterapia individuale mira a cambiare le percezioni relative all'origine dei problemi da una fonte esterna a una interna, inducendo il soggetto a muoversi dalla posizione schizoparanoide a quella depressiva.