Dissonanza cognitiva

Dissonanza cognitiva
Teoria formulata nell'ambito della psicologia cognitiva da Festinger (1957) e divenuta essenziale per la psicologia sociale, per descrivere lo stato di disagio nel quale si trovano quei soggetti le cui opinioni, credenze, valori sono discordanti tra loro, con i loro atteggiamenti o con l'ambiente in cui vivono. Quindi, nel momento in cui viene messa in pericolo la tendenza generale dell'uomo a essere coerente con sé nel modo di agire, nonché di pensare, si crea uno stato di difficoltà che l'attività mentale cerca di allontanare o quanto meno di ridurre attraverso differenti forme di ristrutturazione cognitiva. La d., sperimentata dal soggetto fondamentalmente in concomitanza con il momento in cui viene presa una decisione, è la motivazione principale per la ricerca delle modalità di eliminazione del disagio psicologico da essa stessa originato, modalità costituite dalla ristrutturazione cognitiva o dal cambiamento del comportamento. Appare come una motivazione intrinseca alla struttura e al funzionamento della mente, come attività indotta dal bisogno che una persona ha di sentirsi competente e capace di autodeterminarsi nei rapporti con l'ambiente. La riduzione della d. passa attraverso le tre vie indicate da Festinger: a) la creazione di un cambiamento nell'ambiente in cui il soggetto opera; b) la modificazione del comportamento; c) la trasformazione del proprio mondo cognitivo, introducendo nuovi opinioni, atteggiamenti e informazioni ed evitandone altri. Il cambiamento avviene, secondo l'autore, nel dato cognitivo dissonante che manifesta minore resistenza, la quale è determinata dalla relazione di corrispondenza tra realtà e dato cognitivo: è quindi più semplice modificare opinioni, giudizi, condotta qualora questi non alterino il rapporto con la realtà sociale.