Deleuze, Gilles
Deleuze, Gilles
Filosofo francese (Parigi, 1925 - 1995). La sua riflessione filosofica intrattiene un rapporto diretto con la psicoanalisi e con la psichiatria critica (fu amico e collaboratore di Felix Guattari, psichiatra vicino alle correnti della antipsichiatria: molti testi-chiave sono stati scritti insieme dai due autori). Nelle sue prime opere gli autori di riferimento sono gli empiristi inglesi, Spinoza, Kant, Nietzsche, Bergson. Si tratta di momenti diversi della storia della filosofia che convergono nella critica dell'umanesimo classico. L'empirismo e il materialismo spinoziano confutano il concetto aristotelico di sostanza; la molteplicit à delle facolt à conoscitive di Kant e lo slancio vitale di Bergson ridefiniscono il concetto tradizionale di conoscenza; soprattutto Nietzsche (cui D. dedica nel 1962 uno dei suoi libri pi ù importanti: Nietzsche e la filosofia) porta a compimento la messa in questione dell'idea di soggetto tradizionale e del suo pi ù autorevole corollario teoretico, la dialettica di origine hegeliana. La volont à di potenza nietzschiana (e simmetricamente le idee di oltreuomo e di eterno ritorno) non implica, secondo D., una volont à di dominio: piuttosto sembra spingere verso una liberazione del molteplice e della differenza. Il soggetto classico si frantuma in un pluralit à di forze, in un flusso di energie che si affermano antagonisticamente. La volont à di potenza va interpretata come azione creativa ( principio dell'affermazione multipla, principio donante, virt ù che dona ). Da ci ò deriva, per un verso, una visione della filosofia come creazione ludica e artistica di concetti, espressamente teorizzata in due opere della maturit à: Differenza e ripetizione (1968) e Logica del senso (1969); per l'altro, una riformulazione della psicoanalisi e del suo statuto teorico, che trova la pi ù celebre espressione ne L'anti-Edipo. Capitalismo e schizofrenia (1972, scritto con Guattari). Quest'opera, nata nel clima della contestazione studentesca del '68, si pone come superamento del freudo-marxismo dialettico di Reich e Marcuse e mette sotto accusa il centro teorico della psicoanalisi freudiana, la dottrina dell'Edipo. Il punto di partenza è la potenza della repressione sessuale attuata dalla cultura contemporanea. Secondo D. e Guattari, la teoria freudiana è connivente con tale repressione. Freud avrebbe il merito storico di aver svelato il meccanismo dell'attivit à inconscia come dimensione desiderante , eversivo/pulsionale, liberatoria e affermativa nel senso nietzscheano. Tuttavia, la concettualit à edipica avrebbe inquadrato la sessualit à sotto il significato dispotico della castrazione . Analogo retaggio censorio rispetto al potere del desiderio si osserverebbe in Lacan che, come Freud, sembra incardinare l'inesauribilit à della pulsione lipidica nella rete della dipendenza dall'Altro e dalla Legge paterna. Secondo D., il desiderio è, al contrario, profondamente anedipico e irriducibile pena il suo spegnersi ad alcuna tipologia gerarchica, compresa quella della mancanza ontologica lacaniana. La via d'uscita consisterebbe, dunque, nella dissoluzione dell'Edipo come struttura psicosociale della modernit à e nella pratica di una corporeit à diffusa, affermativa e ludica, senza organi o limitazioni.