Coscienza

Coscienza
In termini operativi, la c. può definirsi un processo psicofisiologico complesso, che si manifesta con la consapevolezza che ha un individuo della propria identità, del proprio passato e della propria situazione percettiva ed emozionale. Le varie discipline nell'ambito delle quali è stato trattato tale concetto hanno, di volta in volta, posto l'accento sugli aspetti soggettivi, comportamentali o neurofisiologici. Il termine è stato introdotto in epoca moderna da Leibniz, il quale ha separato i contenuti psichici avvertiti coscientemente (aperception) dai contenuti preconsci (petite perception, somma di stimoli subliminali), delineando la c. come fenomeno qualitativo della psiche, suscettibile di sperimentazione psicofisica. Wernicke ha tentato di definire la c. come organo della corteccia cerebrale, vera e propria entità fisiologica; tuttavia, in ambito neurofisiologico, solo lo sviluppo dell'elettroencefalografia e lo studio delle funzioni del sistema reticolare hanno condotto a far coincidere lo stato di veglia, caratterizzato da precisi parametri fisiologici, con la c. Da tale punto di vista, la struttura della c. si caratterizza attraverso: a) azioni e contemporanee inibizioni dei vari sistemi neuronali (rilevabili nel fenomeno della desincronizzazione all'elettroencefalogramma); b) attivazione di circuiti periferici sensoriali e centrali che sfociano nell'atto percettivo cosciente; c) attivazione delle zone corticali che conservano la traccia degli avvenimenti passati; d) attivazione delle zone encefaliche che assicurano la presenza di uno schema corporeo cui attribuire le percezioni in atto (acquisizione di un Io); e) integrazione dell'attività di analisi percettiva, a livello corticale, in schemi ideoverbali che approdano nel linguaggio. Il continuum di attivazione che caratterizza lo stato di c. può, dunque, essere studiato sia sulla base delle strutture anatomiche che fungono da mediatori, sia da misure fisiologiche, come il già citato elettroencefalogramma o i potenziali evocati, sia attraverso indici comportamentali che correlano i livelli di attivazione con le prestazioni nei compiti di vigilanza, attenzione e memoria. Altro punto di vista fondamentale è quello della fenomenologia, che considera la c. come un atto caratterizzato dalla sua intenzionalità diretta alle cose. Interviene, allora, una negazione della c. come entità, o campo interiore: essa viene ribadita come un originario fuori-di-sé, una trascendenza attiva, contatto simultaneo con l'essere del singolo e l'essere del mondo (Husserl, 1913; Merleau-Ponty, 1945). Secondo Jasper (1933) l'essenza della c. è nell'essere diretta intenzionalmente agli oggetti; tuttavia riflette anche su di sé, ponendosi come autocoscienza (l'io penso e l'io penso che penso). L'incontro tra l'esperienza di c. vissuta e descritta a livello fenomenologico con le nozioni fisiologiche consente, in sede clinica, un migliore inquadramento dei disturbi della c., rendendo possibile il confronto tra la descrizione soggettiva e l'osservazione oggettiva del clinico. È stato a tal fine ripreso, in particolar modo dallo psichiatra francese Ey (1979), il concetto di campo di c. Lo strutturarsi del campo avviene, secondo Ey, in base allo stato di veglia, con particolare attenzione alla funzione della vigilanza che indica lo stato di c. ottimale per l'esecuzione di compiti determinati, grazie alla messa in funzione di specifici meccanismi di ritenzione e selezione degli stimoli che poi, attraverso l'attenzione, vengono immagazzinati dalla memoria. Lo stato di vigilanza è in stretto rapporto con i processi facilitanti e inibenti interposti fra il tronco cerebrale e la corteccia. Trattandosi di una funzione fisiologica, la vigilanza può subire modificazioni per effetto della fatica e della prostrazione fisica, o a causa di lesioni focali o diffuse nel cervello. In riferimento alla vigilanza si parla anche di ampiezza o di restringimento del campo di c., nel senso che una vigilanza rivolta in modo intenso ed esclusivo a un oggetto funge da schermo per tutti gli altri stimoli ambientali che possono disturbarla o deviarla. In tal caso, si parla di restringimento del campo di c. Quando invece la vigilanza è fluttuante e distesa, senza una particolare concentrazione, ne deriva una maggiore ampiezza del campo di c., che, in condizioni normali, ha contemporaneamente presenti dalle cinque alle otto unità di contenuto. I disturbi della c. influiscono, in generale, sulla consapevolezza di sé e sull'attenzione all'ambiente e sulle strutture fondamentali della vita psichica: questo può avvenire con diversi livelli di gravità. Uno stato di torpore della c. può essere caratterizzato da una diminuzione della vigilanza, con contemporanea perdita di differenziazione nel campo di c. È presente un rallentamento ideomotorio, unitamente a difficoltà di concentrazione, memoria, disorientamento spazio-temporale. Lo stato crepuscolare è caratterizzato da un restringimento del campo di c. con interruzione dei rapporti con l'ambiente: vengono mantenute azioni particolari, abituali, o gesti meccanici. Il comportamento può risultare passivo o agitato, o ancora coerente con le linee o le fantasie alle quali si è ridotto il campo coscienziale. Tale stato è caratterizzato da un'insorgenza improvvisa, solitamente di breve durata e di rapida scomparsa, seguito da sonno e, sovente, da amnesia totale rispetto all'episodio. Una più grave destrutturazione della c. è rappresentata dallo stato confusionale: il soggetto non appare più in grado di organizzare le esperienze percettive in un insieme coerente. Viene a mancare la distinzione Io/mondo esterno, risulta ridotta la memoria e pressoché assenti sono le capacità critiche e di giudizio. Possono comparire stati oniroidi, sino ad arrivare a una completa incoerenza delirante. Infine, il coma è una condizione di perdita totale della c. e dell'attività volontaria: si caratterizza come il livello minimo di attivazione dell'organismo e può essere provocato da cause endocraniche (emorragia cerebrale, trombosi, tumori, epilessia) o extracraniche (diabete, ipoglicemia, intossicazioni). Si distinguono uno stato di precoma, dove la percettività e la reattività sono in parte conservate soprattutto per la sensibilità dolorifica; di coma, simile al sonno; e di coma profondo, che richiede l'intervento di metodiche di rianimazione che si possono praticare finché l'elettroencefalogramma non mostra il tracciato lineare che segna la morte del cervello. Benché la teoria psicoanalitica sia partita dal concetto che lo psichico non sia riducibile alla sola c., tuttavia in essa la c. assume una fondamentale importanza quale campo solcato da forze psichiche. Secondo la teoria metapsicologica di Freud, la c. sarebbe una funzione del sistema percezione-coscienza. Freud assimila la c. alla percezione e considera come essenza di quest'ultima la capacità di ricevere le qualità sensibili: in seguito, amplierà tale concetto includendo la c. dei fenomeni psichici. La c., dunque, percepisce gli stati di tensione pulsionale e le scariche delle eccitazioni sotto forma di qualità di dispiacere-piacere. Dal punto di vista funzionale, il sistema percezione-coscienza si oppone ai sistemi di tracce mnesiche, cioè all'inconscio e al preconscio: su di esso non viene registrata alcuna traccia durevole delle eccitazioni. Freud formula inoltre l'ipotesi che la c. sia dotata di un'energia mobile (energia dell'attenzione), in grado di operare investimenti su elementi esterni. La c. svolge un ruolo fondamentale nella dinamica del conflitto, cioè all'evitamento cosciente di ciò che è sgradevole, nonché nella regolazione del principio del piacere. Freud, comunque, evita di identificare la c. con l'Io, limitandosi a stabilire un semplice legame di appartenenza della c. all'Io.