Cervello

Cervello
Rappresenta la porzione più voluminosa del nevrasse e occupa i nove decimi della cavità cranica. È costituito dai derivati della primitiva vescicola proencefalo (che successivamente si suddividerà in due vescicole secondarie: telencefalo e diencefalo). Comprende, quindi: a) i due emisferi cerebrali o telencefalici, pari e simmetrici, i quali sono collegati tra loro dalle formazioni interemisferiche e contengono al loro interno i ventricoli laterali; b) il diencefalo, una formazione impari e mediana, di volume molto ridotto, che contiene al suo interno la cavità del terzo ventricolo. Nel suo insieme il c. presenta la forma di un grosso ovoide con grande asse anteroposteriore e la piccola estremità posta in avanti. I suoi diametri principali misurano, in media: cm 17 nel maschio e cm 16 nella donna quello anteroposteriore, cm 14 e cm 13,5 quello trasversale, cm 13 e cm 12,5 quello verticale. Ha un peso medio di gr 1.150 nel maschio adulto e 1.016 nella donna adulta. Vi si descrivono una faccia superiore e due laterali, tutte fortemente convesse e in rapporto con la parete interna della scatola cranica, sulle cui ossa lasciano caratteristiche impronte, ed una faccia inferiore o base che entra in rapporto in avanti con la base cranica e indietro con il tintorio del cervelletto. Sulla faccia superiore è osservabile un profondo solco, il solco interemisferico, che si prolunga in avanti e indietro sulla faccia inferiore e che suddivide il c. nei due emisferi. Il solco è occupato dalla grande falce del c., una piega della meninge dura madre, e al suo fondo è osservabile una formazione interemisferica, il corpo calloso. La base presenta, nella sua porzione centrale, una zona di pertinenza di encefalica che è separata lateralmente e indietro da quelle di pertinenza telencefalica ad opera di un profondo solco ad U, aperto in avanti, la fessura traversa (di Bichat), all'interno della quale la meninge pia madre si addentra per giungere in contatto con l'ependima dei ventricoli ove contribuisce alla costituzione della tela coroidea e dei plessi coroidei.
1) Emisferi cerebrali. Ciascun emisfero presenta tre facce (laterale, mediale e inferiore), tre margini (superiore, laterale o inferiore e mediale) e due poli (anteriore o frontale e posteriore od occipitale; un terzo polo, l'inferiore o temporale, si trova lungo la faccia inferiore). La superficie degli emisferi presenta un aspetto variabile nelle diverse specie animali. Nella scala zoologica, sino ai Mammiferi meno evoluti (ad esempio, i roditori), si presenta liscia e gli animali si dicono liscencefali, mentre nei Mammiferi più evoluti si presenta piuttosto irregolare. Una serie più o meno complicata di rilievi (giri e circonvoluzioni), separati da altrettanti solchi di profondità variabile, costituiscono la caratteristica del c. degli animali girencefali, tra cui l'uomo costituisce l'esempio della maggiore complessità. Alcuni tra i solchi più profondi, che sono anche i primi a comparire nell'ontogenesi e pertanto sono detti primari, permettono di suddividere la superficie di ciascun emisfero in lobi.
2) Struttura. Ciascun emisfero presenta uno strato di sostanza grigia che ne riveste la superficie esterna (il mantello o pallio o corteccia cerebrale) ed una massa di sostanza bianca interna (il centro semiovale) nel cui ambito sono collocate alcune formazioni grigie. La corteccia cerebrale è una lamina pieghettata, in quanto si adatta perfettamente ai rilievi e ai solchi, che presenta una caratteristica stratificazione dovuta al vario disporsi di cellule e fibre nervose nel suo interno. Il suo spessore varia da un massimo di 4-4,5 mm alla sommità dei giri ad un minimo di 1 mm al fondo dei solchi. Non presenta struttura uniforme, ma evidenzia caratteristiche strutturali regionali. Si distingue una allocortex da una isocortex. L'allocortex ha una costituzione primitiva e non raggiunge mai la complessità dell'altra sia per numero di strati, sia per ordine nella stratificazione; comprende l'archipallio, tipico del corno di Ammone e il paleopallio, tipico di alcuni territori libici e olfattivi. L'isocortex è tipica del neopallio e si distingue a sua volta in isocortex omotipica (con sei strati omogenei) ed isocortex eterotipica, ove i sei strati non sono omogenei né per estensione, né per composizione in cellule (citoarchitettonica) o in fibre (mieloarchitettonica). Di quest'ultima si riconoscono alcune varianti fondamentali come il tipo agranulare, caratteristico delle aree motrici, il tipo frontale, il tipo parietale, il tipo polare e il tipo granulare o coniocorteccia, caratteristico delle aree sensitive. Dal punto di vista citoarchitettonico si distinguono sei strati di cellule: molecolare; dei granuli esterni; delle cellule piramidali esterne; dei granuli interni; delle cellule piramidali interne; delle cellule polimorfe. I principali tipi di cellule corticali sono: le cellule piramidali: dalla caratteristica forma, presentano ricche arborizzazioni dendritiche apicali e basali ed un neurite corticifugo che può raggiungere una zona corticale dello stesso emisfero (fibre associative), dell'emisfero opposto (fibre commisurale) o centri sottostanti (fibre proiettive efferenti o motrici); i granuli: cellule piuttosto piccole con ricca arborizzazione dendritica e un neurite corticicolo (che non fuoriesce, cioè, dallo spessore della corteccia stessa). Sono deputate alla ricezione di stimoli dall'esterno della corteccia (fibre esogene) e al loro smistamento all'interno della stessa corteccia. Sono particolarmente numerosi, quindi, nelle aree recettrici o sensitive, così come sono molto rappresentate le piramidali nelle aree motrici; le cellule associative: dotate di ricca arborizzazione dendritica e di un neurite corticicolo, si interpongono nei circuiti tra i primi due tipi, diffondendo lo stimolo in senso orizzontale e verticale nell'ambito della corteccia. Si ricordano le cellule stellate, le cellule a doppio pennacchio dendritico, le cellule del Martinetti etc.
Dal punto di vista mieloarchitettonico, le fibre possono assumere una disposizione radiata oppure tangenziale. Queste ultime costituiscono caratteristiche strie come quella esterna o tangenziale di Exner; quella del terzo strato, o di Kaes-Becterew, quella esterna di Baillarger, nel quarto strato, e quella interna di Baillarger, tra quinto e sesto strato. Anche queste strie subiscono veriazioni regionali. Si ricorda, inoltre, che caratteristiche variazioni regionali possono subire anche la disposizione della glia (glioarchitettonica) e quella dei vasi intracosrticali (angioarchitettonica).
Cambiando i vari parametri si sono ottenute vere e proprie mappe della corteccia cerebrale, tra cui si ricordano quelle di Economo o di Brodmann, cui si vuole associare anche un significato funzionale diverso.
3) Conformazione interna. Si può osservare dopo un taglio frontale del c. (secondo Charcot) od orizzontale (secondo Flechsig). Al di sotto del mantello si osserva così la massa del centro semiovale che, approssimandosi verso le aree inferomediali, laddove si deve continuare verso il tronco dell'encefalo, viene suddivisa in tre grosse lamine bianche (dette capsule: interna, esterna od estrema) dalla presenza dei nuclei della base. La capsula interna si trova, infatti, tra il talamo e il nucleo caudato medialmente e il nucleo lenticolare lateralmente; la capsula esterna tra questa e il claustro; la capsula estrema tra questo e la corteccia dell'insula. Le sezioni evidenziano anche la presenza della cavità del ventricolo laterale, che ha nell'insieme la forma di una grossa C; vi si descrivono un corpo o crocevia centrale da cui originano un corpo anteriore o frontale, uno posteriore od occipitale ed uno inferiore o temporale. In determinati punti della sua parete il rivestimento epidemiale, doppiato dalla pia madre, dà luogo alle formazioni corioidee responsabili dell'elaborazione del liquor cefalo-rachidiano.
4) Formazioni interemisferiche. Collegano i due emisferi e, sono, in genere costituite da fibre nervose ad andamento commessurale e associativo. Vi si comprendono il corpo calloso, il fornice, la commessura anteriore, il setto pellucido.
5) Diencefalo. Occupa una posizione centrale, subito caudalmente alle formazioni interemisferiche. Si suddivide in talamo, metatalamo, ipotalamo, sub talamo ed epitalamo. E comprende la cavità del terzo ventricolo. Il talamo è una grossa formazione ovoidale incuneata tra i nuclei della base, la parete del terzo ventricolo e il pavimento del crocevia ventricolare. Col suo polo anteriore delimita insieme al fornice il foro interventricolare (di Monro), che fa comunicare ciascun ventricolo laterale con il terzo ventricolo. Il suo polo posteriore, più voluminoso, detto pulvinar sporge dorsalmente. Una lamina bianca lo suddivide in tre gruppi di nuclei (anteriori, mediali e laterali), alcuni dei quali rappresentano sedi di interruzione di importanti vie ascendenti e discendenti. È collegato mediante peduncoli, che nell'insieme costituiscono la cosiddetta corona raggiata, con varie aree corticali e con la maggior parte dei centri sottostanti. L'ipotalamo è un importante centro vegetativo collegato con la corteccia e i centri sottostanti, nonché con il sistema ipofisario. Se ne osserva dall'esterno, al centro della base del c., una serie di formazioni tra cui, dall'avanti all'indietro, il chiasma dei nervi ottici, il tuber cinereo con il peduncolo ipofisario e i corpi mammillari. Il subtalamo è un centro intercalato tra le vie motrici extrapiramidali. Il metatalamo è costituito dai due corpi genicolati, laterale e mediale, intercalati rispettivamente sulle vie ottiche e sulle vie acustiche. L'epitalamo, situato posterosuperiormente, conta delle formazioni abenurali e comprende anche la ghiandola pineale o epifisi, nonché la commessura posteriore.
6) Fisiologia. Organi come il fegato, i polmoni e le ghiandole erogano una prestazione complessiva qualitativamente non diversa da quella delle singole cellule che li compongono, ma se ne differenzia solo sul piano quantitativo (può eventualmente accadere che funzioni diverse, ad esempio la produzione di due ormoni, vengano svolte da due diversi gruppi di cellule all'interno della stessa ghiandola). Per il c. non è così. Pur trattandosi di un organo funzionalmente unitario, è infatti organizzato secondo livelli diversi, ciascuno dei quali ha un'architettura, leggi di funzionamento e descrivibilità proprie, non applicabili agli altri livelli, superiori o inferiori. Le proprietà della corteccia non possono essere immediatamente derivate da quelle di piccoli sistemi neuronali, anche se necessariamente ne dipendono; lo stesso può dirsi dei rapporti tra questi e la singola cellula nervosa. Pertanto descrivere, sia pure sommariamente, come funziona il c., è difficile prima di tutto perché esistono livelli diversi di spiegazione. Per questo da alcuni decenni lo studio del c. viene affrontato in modo diversificato, ma correlato, dalle neuroscienze, un settore di ricerca multidisciplinare alla quale afferiscono neurofisiologia, neurochimica, neurobiologia, neurofarmacologia, psicobiologia e altre discipline ancora, ciascuna con un proprio livello di indagine.
7) L'organizzazione del cervello. Negli anni a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento si svolse un'importante controversia tra alcuni studiosi, in particolare tra l'anatomista italiano Camillo Golgi e lo spagnolo Santiago Ramon y Cayal, che si risolverà più tardi a favore del secondo. Entrambi studiavano il c. attraverso l'analisi al microscopio di sottili sezioni cerebrali preparate con un particolare metodo di colorazione messo a punto dallo studioso italiano; un metodo che, pur colorando solo 1 neurone su 100, aveva finalmente reso accessibile all'occhio umano la struttura e l'organizzazione del tessuto nervoso. Mentre Golgi pensava al c. come ad una rete nervosa priva di discontinuità, Ramon y Cayal (premio Nobel 1906) invece fornì le prime prove che quest'organo rappresenta un complesso di cellule ben separate le une dalle altre, ma comunicanti tra loro attraverso alcuni particolari collegamenti: le sinapsi. Per le loro piccolissime dimensioni, queste ultime sarebbero state viste direttamente solo alcuni decenni più tardi, con l'ausilio del microscopio elettronico. Inoltre, Cayal indicò per primo che all'interno del c. i collegamenti tra singoli neuroni o gruppi di neuroni non erano casuali, ma altamente organizzati e strutturati. Grazie a queste scoperte lo studioso spagnolo aveva gettato le prime basi della neuroanatomia funzionale: i suoi studi promossero, ad un tempo, la ricerca di altre possibili connessioni nervose tra le diverse aree del c. e le indagini sulle funzioni da queste assolte. Il numero di neuroni del c. umano è stato computato in circa 100 miliardi di unità, con un'approssimazione di valore 10, in più o in meno; le cellule potrebbero, dunque, essere 10 miliardi o 1.000 miliardi. Inoltre, su ciascun neurone possono convergere un numero variabile di terminazioni da 100 a 1.000 ed un neurone, a sua volta, emette prolungamenti diretti verso un numero altrettanto grande e variabile di cellule nervose. Per comprendere com'è organizzato e come funziona il c., può essere utile proporne un modello schematico, estremamente semplificato, comprendente tre aree; la prima, aperta, indicante la zona di ingresso delle informazioni; una terza, aperta anch'essa, di uscita; una intermedia è di connessione tra le due. Nella prima si trova un numero relativamente ristretto di cellule, tra le quali i recettori, cellule nervose specializzate a trasformare in segnali elettrici le informazioni provenienti dall'esterno, quelle luminose (recettori della vista), quelle chimiche (per il gusto e l'olfatto), quelle meccaniche (per tatto, udito ed equilibrio), quelle termiche e altre ancora. I recettori entrano in contatto con una prima serie di neuroni, questi a loro volta con altri e così via. Sui dendriti e sui corpi cellulari di ogni unità nervosa convergono gli assoni di numerosissime cellule e ogni unità fa divergere il segnale su un numero altrettanto grande di cellule. Il segnale pertanto viene costantemente integrato, in qualche misura modificato nel suo percorso intracerebrale, zona della seconda area. Al termine il segnale arriva nella terza, cioè ai muscoli o alle ghiandole, le uscite del sistema nervoso. I sistemi nervosi più semplici hanno un'attività integrativa relativamente modesta perché tra il segnale in ingresso e quello in uscita sono intercalati solo pochi neuroni, cosa questa che si verifica nel c. umano solo per particolari circuiti; in questi casi si parla usualmente di riflessi nervosi. Per esempio, il restringimento della pupilla dopo una forte stimolazione luminosa rappresenta un riflesso comprendente forse 4 o 5 sinapsi. Peraltro il più delle volte, tra la presentazione di un qualsiasi stimolo e la risposta, il segnale percorre un tragitto molto più lungo, risulta cioè integrato da un considerevole numero di neuroni intercalari, o interneuroni. La diversa risposta che un pesce, un uccello, un gatto, una scimmia o un appartenente alla specie umana possono avere di fronte a un medesimo stimolo si giustifica in termini anatomici con il progressivo arricchimento in interneuroni dei loro cervelli. Secondo il modello funzionale proposto da MacLean all'inizio degli anni Settanta, il c. dei Mammiferi superiori può essere considerato la risultante di tre cervelli sovrapposti, formatisi per effetto dell'evoluzione biologica, nell'arco di decine di milioni di anni. Il primo, il c. più antico, assimilabile a quello dei Rettili, regola un complesso di attività istintive, stereotipate, quali la caccia, la tendenza a cercare rifugio, l'accoppiamento, la riproduzione. Il secondo c., che compare nei Mammiferi più primitivi ed è identificabile nel cosiddetto sistema limbico, è il c. dell'emotività, delle funzioni endocrine e di quelle viscerali. Il terzo, infine, il c. dei Mammiferi più sviluppati, e dell'Homo sapiens in particolare, è rappresentato dalla neocorteccia; solo questo terzo livello consente complesse forme di adattamento all'ambiente e la comprensione del suo funzionamento rappresenta ancora oggi una delle maggiori sfide intellettuali per la ricerca scientifica. Soprattutto in un recente passato sono stati fatti molti tentativi per localizzare in questa o in quella zona della corteccia cerebrale umana particolari funzioni. Erano state pertanto identificate, o meglio si pensava che fossero state identificate, l'area del linguaggio, quella motoria, quella sensitiva e così via. Esempi in tal senso sono i classici studi di Broca e Wernicke sulla localizzazione delle aree cerebrali del linguaggio, condotti a termine, come la gran parte delle analoghe ricerche, su persone che avevano riportato lesioni cerebrali circoscritte e presentavano disturbi del linguaggio. Il principio ispiratore di questi studi era che se la lesione di una particolare area cerebrale danneggiava in qualche modo una particolare funzione, ad esempio il linguaggio, se ne doveva concludere che normalmente quell'area cerebrale assolveva proprio alla funzione danneggiata. Animati dal medesimo intento localizzatorio erano anche gli studi di elettrostimolazione, una procedura seguita durante gli interventi di neurochirurgia, quando, scoperchiato il cranio, il c. era direttamente accessibile. Si era scoperto che deboli correnti elettriche applicate sulla corteccia cerebrale mediante piccoli elettrodi provocavano effetti diversi a seconda delle zone dove avveniva la stimolazione. Si poteva provocare il movimento, evocare ricordi o particolari sensazioni o altro. Studi di questo tipo hanno fornito indispensabili modelli funzionali del c. per orientare e promuovere la ricerca, ma hanno il più delle volte portato a conclusioni eccessivamente schematiche sul piano anatomico e su quello funzionale. Per esempio: l'elettrostimolazione delle aree corticali 19 e 22, zone di elaborazione dell'informazione rispettivamente visiva e acustica, fa deviare lo sguardo dal lato opposto a quello stimolato; l'interrogativo che, pertanto, si pone è se queste aree vadano considerate motorie o sensitive. Il punto di vista attualmente prevalente è illustrato dalle parole di David Hubel, premio Nobel per gli studi sulla visione umana, secondo il quale nell'organizzazione funzionale del c. ci sono segnali in ingresso, con il quale l'uomo può conoscere il mondo esterno e segnali in uscita: l'unico modo con il quale l'uomo risponde e influisce sul mondo esterno. Tra i due c'è tutto il resto, percezione, emozioni, memoria, pensiero e tutto ciò che rende l'uomo umano.
8) Segnali in ingresso. I diversi stimoli vengono convertiti dai recettori in segnali bioelettrici che arrivano al c. seguendo vie distinte. Esistono pertanto una via visiva, una acustica, una olfattiva e altre due, distinte, per la sensibilità somatica, una prima per gli stimoli dolorifici e termici e una seconda per tutti gli altri. Ad eccezione di quella olfattiva, tutte le vie, a varia altezza, attraversano la linea mediana e arrivano al talamo, da dove i segnali vengono proiettati sulla corteccia cerebrale; pertanto l'emisfero destro raccoglie gli stimoli provenienti dalla metà sinistra del corpo, quello sinistro gli stimoli della metà destra. A seconda del tipo di informazione, i segnali arrivano a zone corticali diverse; quelli luminosi e acustici, ad esempio, vengono proiettati rispettivamente sui lobi occipitali e su quelli temporali; mentre le stimolazioni provenienti dalla superficie del corpo, di qualsiasi natura esse siano (tattili, termodolorifiche e gustative), raggiungono la corteccia a livello della circonvoluzione parietale ascendente. Le zone più propriamente sensitive della corteccia, dove arrivano i segnali, sono dette aree di proiezione; quelle che li elaborano successivamente, poste a distanza variabile dalle prime, aree di associazione. Nelle aree di proiezione si verifica una vera e propria tempesta sinaptica: un segnale in arrivo giunge a migliaia di neuroni e da qui, attraverso un altissimo numero di sinapsi, ad un secondo ordine di neuroni, poi ad un terzo e così via. Oltre ai collegamenti tra cellule adiacenti, il c. contiene diverse vie di connessione interne a ciascun emisfero e tra un emisfero e l'altro; la più importante è il cosiddetto corpo calloso. In questo modo le informazioni possono raggiungere aree cerebrali relativamente distanti da quelle di proiezione primaria. I segnali raccolti dai neuroni della corteccia sensitiva primaria non coincidono con la proiezione consapevole di un oggetto, cioè con il riconoscimento dell'oggetto medesimo. Le informazioni in ingresso vengono proiettate sulla corteccia sensitiva primaria, dove giungono in modo topograficamente definito e dove finalmente assumono il carattere di sensazioni coscienti. Si tratta, però, ancora di sensazioni informi ed elementari.
9) Elaborazione centrale. Toccando un oggetto ad occhi chiusi, si può riconoscere che è di vetro, a forma cilindrica, piuttosto freddo, ma ciò non significa ancora averlo riconosciuto come un bicchiere; un'operazione questa di carattere simbolico con la quale riconosciamo un bicchiere vedendolo, o vedendolo disegnato, o appunto palpandolo. Sono operazioni cui concorrono in vario modo aree cerebrali diverse all'interno dei lobi parietale e occipitale. Pertanto una lesione all'interno del c. può provocare, ad esempio, ipoestesia o anestesia su una mano cioè ridurre o abolire le sensazioni avvertibili sulla mano medesima, ma può anche lasciare queste indenni e causare agnosia tattile; in questo caso il bicchiere non verrà riconosciuto come tale. Analogamente la corteccia dei lobi parietale, temporale e occipitale sono indispensabili per la comprensione del linguaggio. Il termine non è sinonimo di capacità di parlare, ma più estesamente indica la possibilità di trasmettere o ricevere contenuti di pensiero attraverso qualsiasi via. Normalmente siamo in grado di riconoscere suoni ed immagini e ci è, pertanto, accessibile il significato di quel che leggiamo e udiamo. Lesioni circoscritte della corteccia causano talora disturbi apparentemente singolari come il mancato riconoscimento di un oggetto o di un'immagine che pure sono visti, o di un suono nonostante sia percepito. Si parla in questi casi di agnosia visiva e uditiva, che possono presentarsi anche in altre forme. Tutte le disfunzioni di questo genere, che comportano un qualche deficit nella comprensione del linguaggio parlato e scritto, sono chiamate afasie sensoriali, espressione talora usata limitatamente ai disturbi del linguaggio in senso stretto. Per esempio: quando è danneggiata l'area di Wernicke, le parole che compongono una frase di risposta vengono pronunciate senza alcuna difficoltà, ma sono spesso logicamente sconnesse e non esprimono complessivamente un contenuto preciso. L'area di Wernicke comprende la corteccia uditiva primaria e una regione a cavallo tra i centri visivi e uditivi del c. Oltre a quella sensoriale, esiste anche un'afasia motoria. In questo caso la persona parla con difficoltà e lentamente; se deve rispondere ad una domanda non può farlo in modo compiuto con una frase completa e corretta grammaticalmente, ma ricorre ad uno stile semitelegrafico. Ciò nonostante, le sue risposte sono sensate. Che non si tratti di una difficoltà nell'articolazione delle parole lo dimostra il fatto che la persona, pur non potendo parlare, può però cantare normalmente. Particolare importanza assumono i rapporti tra le diverse funzioni simboliche del c., ad esempio quelle tra il linguaggio e la coscienza che ogni individuo ha di se stesso, della propria individualità psichica, forse il fenomeno più caratteristicamente umano. Coscienza non è sinonimo di veglia o vigilanza. Questo è un fenomeno puramente vegetativo regolato da una rete neuronale localizzata dentro il tronco dell'encefalo, la cosiddetta formazione reticolare. La compongono due distinte popolazioni di cellule, tra loro connesse, la cui attività fluttua periodicamente. I neuroni della formazione reticolare ricevono segnali dalle principali vie ascendenti sensitive e li rinviano in forma diffusa alla corteccia. Il ciclo sonno-veglia risulta dall'alternarsi periodico dell'attività delle due popolazioni, una delle quali avrebbe effetto eccitatorio sulla corteccia (e produrrebbe, dunque, la veglia), l'altra effetto inibitorio e produrrebbe pertanto il sonno. La coscienza non può poi essere identificata tout court con la memoria, un fenomeno questo presente, sia pure in forme molto diverse, nella gran parte degli organismi viventi; non solo il cane, il topo, ma anche i pesci e gli insetti sono in grado, in vario modo, di apprendere e ritenere informazioni. In tutti questi casi è possibile che esista qualche analogia dei processi neurofisiologici con i quali piccoli sistemi neuronali operano uno stoccaggio delle informazioni; molto probabilmente l'apprendimento modifica in parte la distribuzione delle sinapsi e ridisegna parzialmente i circuiti nervosi. Nella specie umana sono distinte una memoria a breve termine e una a lungo termine. Con la prima vengono temporaneamente fissate nuove informazioni che, senza un adeguato rinforzo, presto si cancellerebbero; se il rinforzo interviene più volte, le informazioni vanno ad ingrossare il serbatoio della memoria a lungo termine, meno volatile. Numerose indicazioni suggeriscono che la struttura denominata ippocampo svolge un ruolo decisivo nel decidere se una pericolare informazione debba essere memorizzata o meno; per quanto riguarda invece il deposito permanente delle informazioni, è probabile vi sia coinvolta pressoché l'intera corteccia. Nella specie umana la memoria non coincide semplicemente con il riconoscimento, ma include anche la possibilità di memorizzare idee e concetti e di rievocarli al momento opportuno. La memoria umana è, a livello simbolico, difficilmente separabile sul piano operativo dal linguaggio, che consente la manipolazione di idee e concetti; così pure dalla coscienza di sé che necessariamente include il ricordo delle sensazioni memorizzate da ciascuno di noi in forma assolutamente originale e che formano parte integrante della nostra individualità psichica. Ciò non vuol dire però, che le tre funzioni coincidano. Lo dimostra quanto avviene nelle persone dove, per una qualche malattia, vengano tagliate le connessioni tra i due emisferi, e in particolare il corpo calloso; una condizione questa denominata split brain, ovvero c. diviso. Questi soggetti apparentemente hanno un comportamento del tutto normale, ma analisi più approfondite dimostrano che i loro due emisferi funzionano come entità distinte e presentano possibilità funzionali che l'emisfero controlaterale non ha. Lo studio dei processi che avvengono nel c. dei soggetti con split brain è stato possibile grazie a particolari tecniche che consentono di comunicare ora con l'uno ora con l'altro emisfero. Si è scoperto che il linguaggio e l'abilità manuale sono prerogative esclusive della metà sinistra (se si tratta di destrimani), mentre la destra è specializzata, ad esempio, nel riconoscimento dei visi delle persone, di particolari scene o di melodie. L'emisfero destro è muto perché non può comunicare con il linguaggio, ma si ritiene che abbia un ruolo essenziale per quanto concerne l'espressione artistica. Queste scoperte, confermando che esiste una qualche specializzazione funzionale dei due emisferi, hanno contribuito a far abbandonare il vecchio concetto di un'assoluta dominanza emisferica secondo cui le funzioni simboliche connesse con il linguaggio e i processi cognitivi dipendano in modo esclusivo dall'emisfero dominante, quello dove si trovano i centri del linguaggio: il sinistro nei destrimani, il destro nei mancini. Si sa, oggi, invece che esiste tra i due emisferi una prevalenza funzionale alternante nelle diverse circostanze.
10) Segnali in uscita. L'analisi dell'atto motorio è esemplificativa delle difficoltà che si incontrano a voler localizzare in questa o in quell'area una particolare funzione. Se si invita una persona a compiere un particolare movimento volontario, ad esempio muovere un dito, ad intervalli irregolari e quindi senza tenere alcun conto di eventuali stimoli ambientali, 800 millisecondi prima che il movimento abbia inizio sulla convessità del cranio si registra un'onda negativa che aumenta lentamente. Quest'onda, denominata potenziale di preparazione, è seguita dal potenziale motore, contemporaneo al movimento, registrabile esclusivamente dalla regione della corteccia motoria corrispondente alla parte del corpo che viene mossa. Il potenziale di preparazione può quindi essere considerato l'equivalente bioelettrico del progetto di un movimento volontario, un progetto che richiede l'intervento di una zona cerebrale assai più ampia della porzione di circonvoluzione frontale ascendente immediatamente coinvolta nel movimento medesimo. Analogo significato ha la registrazione del cosiddetto potenziale di aspettativa, rilevabile quando si chiede ad un soggetto di eseguire un determinato movimento alla presentazione del secondo di una coppia di segnali, ad esempio luminosi; anche in questo caso, infatti, il potenziale compare prima dell'esecuzione del movimento. Indicazioni non diverse vengono dai rilievi eseguiti con la tomografia ad emissione di positoni (PET), una nuova metodica radiologica con la quale è possibile ottenere informazioni sul funzionamento di questa o di quell'area cerebrale attraverso la misurazione del consumo di glucosio da parte delle cellule nervose. Pertanto la corteccia cerebrale rappresenta un collo di bottiglia verso il quale confluiscono un'incredibile quantità di segnali, provenienti dalle aree più diverse. Per compiere un movimento è necessario il progetto del movimento medesimo, ma sono anche indispensabili numerosissime informazioni, di vario tipo, che ne rendano materialmente possibile l'esecuzione. Occorre, ad esempio, avere informazioni preliminari sulla posizione del corpo nello spazio; ma occorre anche, durante l'esecuzione del movimento, un servomeccanismo che informi di continuo e in tempo reale sulla posizione progressivamente assunta dal segmento corporeo che si sta muovendo. Ciò dovrebbe aiutare a comprendere perché la cosiddetta corteccia motoria sia connessa attraverso appositi circuiti con il cervelletto, che assicura la coordinazione dei movimenti, con i centri nervosi sottocorticali, dove arrivano le informazioni sensitive, con numerose altre zone dello stesso emisfero e di quello controlaterale e, in particolare, dove avviene l'elaborazione e il progetto del movimento. Pertanto le vie nervose motorie rappresentano il braccio efferente, cioè l'uscita di un lungo arco riflesso, lungo il quale sono intercalati sistemi neuronali diversi che agiscono in parallelo. Sulla circonvoluzione frontale ascendente, detta corteccia primaria, sono rappresentati i vari gruppi muscolari della metà controlaterale del corpo (testa, tronco, braccia e gamba); le parti del corpo capaci dei movimenti più fini, come la mano, hanno proiezioni proporzionatamente maggiori di altre con masse muscolari più grandi. Altri neuroni motori sono sull'area motoria supplementare, nel lobo frontale. Si vengono a costituire, in tal modo, due grandi sistemi motori. Uno, detto piramidale, assicura l'esecuzione dei movimenti volontari; il secondo, extrapiramidale, quella dei movimenti involontari associati ai primi e dei movimenti mimici, quelli stereotipati e automatici. Entrambi questi sistemi hanno proprie vie nervose, che terminano in prossimità dei neuroni motori del midollo spinale e del tronco cerebrale.
11) Patologia. Nonostante le dimensioni relativamente ridotte, il c. consuma da solo circa 1/5 dell'ossigeno necessario all'intero organismo e le cellule nervose sono particolarmente sensibili alla mancanza di questo gas. Ciò contribuisce a spiegare perché il c. (insieme al cuore) rappresenti uno degli organi più gravemente colpiti dai disturbi circolatori. Il più delle volte questi, sono provocati dalle placche arterosclerotiche che sporgono verso l'interno delle arterie e ostacolano il flusso di sangue; ciò avviene in particolar modo quando sulle placche si deposita del materiale biologico proveniente dal sangue e si forma, quindi, un trombo. Un altro disturbo circolatorio molto frequente è l'emorragia cerebrale apoplettica, che si osserva quasi esclusivamente nelle persone con ipertensione arteriosa, della quale rappresenta una delle complicazioni più temibili. L'emorragia viene in genere scatenata da una brusca variazione del calore pressorio che apre una breccia nella parete delle arterie, il più delle volte in quelle che decorrono in prossimità dei gangli della base. Un'altra possibile causa di emorragia è la rottura di un aneurisma, una dilatazione della parete vasale; la terapia, in questo caso, è semplicemente chirurgica e consiste nella rimozione dell'aneurisma. In tutti e tre i casi i sintomi causati dal disturbo circolatorio (paralisi, disturbi della sensibilità, della vista, vertigini e altri ancora) tendono a comparire in modo relativamente repentino. Tale circostanza ha portato ad adottare il termine di origine greca apoplessia (letteralmente stordisco colpendo) o quello latino ictus e nella lingua inglese stroke, entrambi di significato equivalente al primo. La gravità del disturbo varia considerevolmente a seconda della zona cerebrale colpita e dell'entità della lesione anatomica, anche se nei casi non mortali tende a ridursi nel corso del tempo. Per esempio: un'emorragia nella capsula interna, dove decorrono le fibre motorie destinate alla metà opposta del corpo, può provocare un'emiplegia, cioè una paralisi totale dei movimenti che inizialmente è sempre flaccida. Nel corso di alcune settimane però viene in genere recuperato un qualche controllo, talora anche significativo, della muscolatura interessata, mentre i muscoli diventano spastici, oppongono cioè una maggiore resistenza se vengono allungati passivamente. La prevenzione di queste malattie coincide con quella delle malattie circolatorie in genere. Di particolare rilevanza è, in ogni caso, il controllo della pressione arteriosa nelle persone dove questa sia tendenzialmente elevata. A differenza di quanto comunemente si crede, nelle persone anziane i disturbi circolatori provocano i quadri di generale decadimento delle funzioni intellettive, definiti demenze, solo in una minoranza di casi. Queste compaiono in genere nel 6-7-8 decennio di vita e sono inizialmente caratterizzate da disturbi della memoria a breve termine; la capacità di ritenere nuove informazioni si riduce progressivamente e compaiono deficit intellettivi di vario tipo. Solo il 20-25% delle demenze è provocato da disturbi circolatori; la principale causa di deterioramento psichico è, invece, la malattia di Alzheimer-Perusini. Si verifica in questi casi una grave perdita di neuroni, assai più rilevante di quella che si osserva per effetto del processo di senescenza cerebrale. Dato l'aumento tendenziale della popolazione anziana nei Paesi industrializzati, si ritiene che questa affezione, di cui tuttora non si ha una forma valida di terapia, interesserà nei decenni futuri un numero sempre maggiore di persone. Altra causa di demenza è la malattia di Jakob-Creutzfeldt, che colpisce ogni fascia di età e sulla quale si sono concentrate negli ultimi anni numerose ricerche, nonostante la sua bassa incidenza. Si tratta di una malattia infettiva provocata da un tipo di particelle che presentano solo alcune analogie con i virus e per questo denominate virus non convenzionali. Penetrate all'interno del sistema nervoso, tali particelle non provocano alcuna infiammazione come avviene in tutte le altre infezioni del sistema nervoso. Per il suo lungo periodo di incubazione (mesi, anni o forse decenni) la malattia è stata indicata come infezione lenta, definizione riservata peraltro anche ad altre due encefaliti: l'encefalite sclerosante subacuta e la leucoencefalite progressiva multifocale. La prima, provocata dal virus SV40, si osserva in particolare nelle persone con gravi malattie del sangue; la seconda è invece provocata da un virus simile a quello del morbillo e può essere, in effetti, considerata una forma lenta di encefalite morbillosa. Da ricordare, inoltre, l'encefalite da Rhabdovirus e quella da Herpesvirus; per la prima si dispone unicamente del vaccino antirabbico, che peraltro è efficace solo se somministrato prima della comparsa dei disturbi, subito dopo la morsicatura dell'animale rapido, mentre contro la seconda è stato finalmente messo a punto un farmaco utile, l'adenina arabinoside. Tra le infezioni delle meningi, ricordiamo la meningite meningococcica e tutte le altre forme di infezione batterica e virale. Si tratta, in genere, di affezioni aggredibili con i farmaci oggi a nostra disposizione. Dopo le malattie circolatorie e quelle infettive, un altro importante capitolo è rappresentato da quelle cosiddette degenerative. Ne è un esempio il morbo di Parkinson, dove si verifica una riduzione di oltre l'80% dei neuroni del locus niger, un nucleo di cellule contenuto all'interno del tronco cerebrale. Il soggetto si muove con difficoltà per la rigidità dei muscoli, presenta un grave tremore alle mani e alle braccia e tende a compiere pochi movimenti. La perdita di neuroni fa diminuire l'azione eccitatoria che questo centro svolge sul corpo striato deputato al controllo e alla coordinazione dei movimenti. Per malattie come quella di Parkinson, l'appellativo degenerativo vuole indicare il processo di apparente distruzione endogena dei centri nervosi, in assenza di cause lesive esterne. Si tratta probabilmente di un gruppo eterogeneo di malattie, che si andrà smembrando nel tempo con il progressivo arricchimento d'informazioni sulle cause e, quindi, sulla natura delle singole affezioni. Diversamente da altre cellule, quelle nervose e muscolari hanno la particolarità di non riprodursi. Ciò comporta un alto costo di base per la lenta, ma progressiva perdita di cellule all'interno del c.; però presenta anche un vantaggio: la totale assenza nell'adulto di tumori nelle cellule nervose. I tumori cerebrali primitivi derivano quasi esclusivamente dalla proliferazione incontrollata delle cellule gliali (gliomi) e delle meningi (meningiomi).
Accanto alle malattie degenerative, di eziologia ignota, ne esistono altre sicuramente causate da agenti tossici e da fattori lesivi fisici. Esempi sono l'encefalopatia alcolica, associata a disturbi della memoria, deficit intellettivo o anche quella pugilistica, conseguente al continuo microtraumatismo indotto nel tessuto cerebrale dall'attività sportiva. Tra le malattie croniche del c., un posto a parte spetta alla sclerosi multipla che si presenta tipicamente attraverso ripetuti episodi nella stessa persona. Alla base dei disturbi è la distribuzione delle guaine mieliniche che rivestono gli assoni, all'interno del sistema nervoso. La conduzione degli impulsi avviene con difficoltà lungo la via nervosa cui gli assoni appartengono: ne possono derivare disturbi che possono regredire in misura variabile, da caso a caso. Come accennato, la malattia ha una caratteristica disseminazione temporale e spaziale; si presenta, cioè, con episodi successivi e interessa ora questa ora quella zona del c. Un'altra malattia ad andamento critico è l'epilessia, cui peraltro fanno capo affezioni diverse. Il disturbo di base consiste nel fatto che l'attività bioelettrica di un gruppo di neuroni si sincronizza in modo repentino e ne conseguono effetti diversi: temporanee perdite di coscienza (non di vigilanza), definite assenze (piccolo male epilettico), durante le quali la persona è come isolata dal mondo, incapace ad esempio di rispondere a una domanda, o casi più gravi (grande male epilettico) con perdita dei sensi, irrigidimento degli arti e convulsioni. Infine il controverso capitolo delle malattie mentali, schizofrenia e depressione endogena in particolare. Si tratta di affezioni dove non è possibile individuare in modo chiaro una qualche lesione del sistema nervoso. È possibile che a determinarle concorrano, in misura variabile da caso a caso, fattori ereditari predisponenti e fattori ambientali.