Bowlby, John

Bowlby, John
Psicologo inglese (Londra, 1907 - 1990). Studiò medicina e psicologia a Cambridge, specializzandosi poi in psichiatria, psichiatria infantile e psicoanalisi. A partire dal 1946 lavorò presso la Tavistock Clinic e il Tavistock Institute of Human Relation di Londra. Nel 1950 svolse una ricerca sulle condizioni psichiche dei bambini orfani o privati della loro famiglia, affidatagli dall'Organizazione Mondiale della Sanità. Oltre ad una pluriennale esperienza clinica nel campo della psicopatologia infantile, B. aveva già pubblicato tra il '40 e il '50 molti studi sull'influenza che l'ambiente ha sulla maturazione psicologica della persona, soprattutto nei primi anni di vita. Studi che continuò anche negli anni successivi, dopo la pubblicazione della monografia richiestagli dall'OMS, uscita nel 1951, che fece conoscere il suo nome in tutto il mondo scientifico, anche oltre la ristretta cerchia degli specialisti. Opere principali: Cure materne e igiene mentale del fanciullo (1951); Attaccamento e perdita (3 voll., 1969-80). Le principali conclusioni di B. possono così essere sintetizzate: a) tutti gli studi e tutti gli esperti che aveva consultato tanto in Europa quanto negli Stati Uniti concordano nell'affermare che le cure materne prodigate nella prima infanzia hanno un'importanza estrema per lo sviluppo della salute mentale; b) per cure materne vanno intese non solo la soddisfazione dei bisogni fisiologici primari, ma anche la capacità di assicurare adeguate risposte ai bisogni affettivi e intellettivi del bambino; c) la privazione prolungata di cure materne nell'infanzia può avere effetti gravi e talvolta permanenti sulla formazione del carattere dell'adulto; d) lo sviluppo dell'Io e del Super-Io è indissolubilmente legato ai primi rapporti umani del bambino e può avvenire soltanto se questi rapporti portano soddisfazione e sicurezza. La psiche ancora indifferenziata dei primi anni di vita necessita, perché si evolva e strutturi in modo corretto, di una figura materna ben identificata; e) la carenza di cure materne (e cioè di una famiglia) è negativa per tutto l'arco dell'età evolutiva, dalla nascita all'adolescenza, ma è tanto più grave quanto più si configura come una assenza completa. In polemica, ma anche in dialogo serrato con il modello psicoanalitico, B. elaborò proprio a partire dalla sua ricerca sui bambini privati del nucleo familiare una teoria dello sviluppo psicologico incentrata sul concetto di attaccamento, con il quale viene intesa la tendenza innata a stabilire legami con individui della stessa specie, ma anche con una cosa, un ambiente o un modo di vita. B. sostenne che molte forme di comportamento fino ad allora indicate come relazioni oggettuali o bisogno di dipendenza sono, in realtà, forme comportamentali tramandate nelle generazioni che influenzano la sopravvivenza nelle specie. B. teorizza l'attaccamento come: a) una predisposizione biologica del piccolo verso chi si prende cura di lui, assicurandogli la sopravvivenza; b) una motivazione primaria basata sulla ricerca di contatto e conforto che si attiva soprattutto nelle situazioni di pericolo; c) un sistema di controllo che ha come scopo il mantenimento di un equilibrio tra vicinanza ed esplorazione; d) un comportamento orientato alla sopravvivenza e al successo riproduttivo.