Barbiturici

Barbiturici
Famiglia di farmaci derivati dalla condensazione dell'urea con l'acido malonico. Si tratta, quindi, di maloniluree e sono state sintetizzate per la prima volta nel 1864 da Adolf von Bayer. Pare che il nome barbiturico sia stato scelto in onore di una cameriera di Monaco; oppure, secondo un'altra versione, perché il von Bayer avrebbe festeggiato l'avvenimento in una locanda frequentata da ufficiali di artiglieria proprio nel giorno di Santa Barbara, patrona degli artiglieri. La sostituzione di gruppi alchilici o arilici in posizione 5 della struttura pirimidinica dei b. conferisce all'acido barbiturico (2,4,6-triossiesaidro-pirimidina) proprietà sedative e ipnotiche. Nel passato, i b. usati in tal senso erano rappresentati dal barbital (acido dietilbarbiturico) e da altri derivati quali l'amobarbital, il butabarbital, il fenobarbital, il metarbital, il meforbital e il pentobarbital. Oggigiorno il loro impiego per la sedazione e l'ipnoinduzione è stato pressoché abbandonato del tutto, in seguito all'introduzione in terapia delle benzodiazepine o di altri farmaci tranquillanti non benzodiazepinici. I b. determinano una depressione dose-dipendente del SNC, che va dalla sedazione all'anestesia. Per quest'ultima finalità il farmaco più importante è stato il tiopentone o tiopental (introdotto in terapia nel 1935). Alcuni b. vengono, invece, ancora oggi largamente impiegati nella terapia dell'epilessia (fenobarbital, primidone). In generale, tutti i b. agiscono modulando l'azione postsinaptica inibitoria del GABA e quella degli aminoacidi eccitatori come il glutamato. Essi presentano un sito di legame sul canale del cloro, per cui sono in grado di modulare il binding sia del GABA sia delle benzodiazepine (modulazione allosterica del complesso recettore-canale del cloro). Agiscono infatti a livello del sito di legame della diidropicrotossina (un sito strettamente associato al canale del cloro), la cui stimolazione porta a un aumento del flusso di tale ione. Gli effetti GABA-mimetici dei b. sono simili a quelli delle benzodiazepine: deprimono, infatti, l'attività dei neuroni catecolaminergici e serotoninergici che dal tronco encefalico proiettano all'ippocampo e ciò giustifica sia gli effetti sedativi sia quelli anticonvulsivanti. Dosi anestetiche di b. deprimono anche la liberazione e il turnover di acetilcolina e la loro azione anestetica sembra dovuta al legame con la matrice lipidica delle membrane cellulari o alle regioni idrofobiche di proteine recettoriali, con conseguente cambiamento di stato temperatura-dipendente a carico dei fosfolipidi di membrana, con passaggio dallo stato di gel a quello di liquido cristallino e successiva alterazione dei flussi ionici transmembranali. Durante l'anestesia indotta da b. si ha una riduzione del 50% del consumo di ossigeno cerebrale, con aumento di glicogeno e radicali fosforici ad alta energia. Questi fenomeni sono alla base dell'impiego dei b. come neuroprotettori nell'ischemia cerebrale acuta e nei traumi cranici. I b. sono potenti induttori enzimatici a livello microsomiale epatico e ciò spiega l'insorgenza di dipendenza.