Azione

Azione
Movimento intenzionale deliberato che ha come finalità un intervento sull'ambiente. Il termine viene adottato in diversi ambiti.
1) Filosofia. L'a. è una categoria aristotelica che ha il suo contrario nella passione. Per Aristotele, l'a. prevede un agente e, pertanto, è il predicato di un soggetto. Opposta alla concezione aristotelica è quella romantica espressa in sede letteraria da Goethe e in sede filosofica da Fichte, secondo cui l'azione è l'originario e l'Io si risolve completamente nella sua attività.
2) Neurofisiologia. Il termine aristotelico praxis è stato adottato dalla neurofisiologia, che chiama prassìa il movimento intenzionale rivolto all'oggetto esterno in contrapposizione all'automatismo del movimento riflesso. La neurofisiologia parla esplicitamente di a. nella duplice eccezione del potenziale d'a. e della teoria dell'a. di massa: a) il potenziale d'azione è la perturbazione elettrochimica che si propaga lungo l'assone di un neurone. Rappresenta l'unità fondamentale della trasmissione dell'informazione da un punto ad un altro del sistema nervoso ed è dovuta alla differenza di potenziale che esiste sui due lati della membrana neuronale. Quando una cellula viene stimolata essa si depolarizza fino ad un valore critico denominato soglia. Quando la soglia viene superata si produce una temporanea inversione di polarità del potenziale con eccitamento della cellula. Questa variazione del potenziale elettrico di membrana è alla base di tutti i processi di eccitamento; b) la teoria dell'azione di massa prevede che larghe aree del tessuto cerebrale, chiamate aree di associazione, funzionino come un tutto. Questa teoria, formulata da Lashley in base all'osservazione che nelle lesioni cerebrali la menomazione dipende più dalla massa di corteccia cerebrale distrutta che dall'integrità di un'area particolare, si oppone a quella di Broca secondo cui esistono aree distinte per le specifiche funzioni.
3) Psicologia. In questo ambito si è soliti definire l'a. come un comportamento motivato e volontario, accompagnato da emozioni e controllabile socialmente nella sua pianificazione consapevole e diretta a uno scopo. La differenza tra le varie posizioni dipende dalla diversa accentuazione dei concetti come: scopo, piano, decisione, risoluzione, identità, autonomia, competenza, che intervengono nella formulazione della definizione di base: a) dal punto di vista cognitivo si tende ad analizzare l'azione in ordine sequenziale e su vari livelli gerarchici come proposto nel 1960 da Miller, Galanter e Pribram, che distinguono: l'immagine come deposito generale di conoscenze utilizzate come base per lo sviluppo di un piano, il piano come gerarchia di istruzioni o informazioni che dirigono il comportamento, il TOTE che è l'unità fondamentale del comportamento funzionante come un circuito a feedback; b) dal punto di vista motivazionale gli studi più significativi sono quelli di Heckhausen, secondo il quale la motivazione è il risultato di un calcolo più o meno razionale per cui si preferisce quella che massimizza il risultato e le probabilità di successo; c) dal punto di vista del controllo sociale le teorie più rilevanti dell'azione sono espresse da Mead e da Goffman, che hanno elaborato il concetto di interazione simbolica, secondo cui la società trasmette ai suoi membri conoscenze su oggetti, situazioni, azioni che costituiscono la base su cui interagire e, nel contempo, controllare le azioni proprie e altrui, favorendo un controllo indiretto e diffuso rispetto a quello diretto e impositivo; d) la psicologia del lavoro ha fatto dell'azione il suo campo privilegiato di indagine con Hacker, che ha rivolto l'attenzione alla regolazione del motivo o pulsione, e alla regolazione dell'esecuzione. La rappresentazione cosciente della regolazione avviene a tre livelli: il livello dell'analisi intellettiva in cui sono elaborate strategie e piani, il livello percettivo in cui sono preparati schemi di a., e il livello senso-motorio che orienta il movimento che può essere più o meno cosciente; e) la ricerca di mercato studia le a. sociali più diffuse per pianificare un intervento. Promuove una ricerca sulle azioni che prevede una raccolta sistematica di dati in funzione di un obiettivo, un feedback ai clienti con modificazione di alcune variabili incompatibili con lo scopo, e la pianificazione degli interventi in base alla valutazione dei risultati raccolti e alla manipolazione delle variabili del sistema che sono sotto il controllo del ricercatore; f) la psicologia del comportamento ha introdotto due nozioni valutative delle a., espresse dal potenziale specifico di azione e dal quoziente d'azione. Il primo designa il potenziale che occorre raggiungere per avviare una determinata a. Il secondo è invece un indice elaborato da Busemann che misura, in rapporto all'età, le fasi azionali decidibili in base al numero di verbi impiegati nel linguaggio corrente rispetto agli aggettivi.
4) Sociologia. In questo ambito si è fornito uno schema concettuale che determina le costanti dell'a. Durkheim ha insistito sugli aspetti oggettivi e istituzionali dell'a. sociale, che a suo parere consistono in modi di agire, pensare e sentire esterni all'individuo e dotati di un potere coercitivo in virtù del quale gli si impongono. Weber, invece, ha insistito sugli aspetti soggettivi dell'a. sociale e sul calcolo razionale di adeguamento dei mezzi ai fini. Tra le due posizioni si colloca quella di Parsons, per il quale dentro l'area di controllo dell'attore, i mezzi impiegati non possono in generale essere considerati come scelti a caso o dipendenti esclusivamente dalle condizioni dell'a., ma devono essere soggetti all'influenza di un determinato fattore selettivo indipendente, la cui conoscenza è necessaria per la comprensione del concreto andamento dell'a..
5) Psicoanalisi. In questo ambito si intendono con il termine a. fenomeni abbastanza diversi fra loro, che possono essere così specificati: a) azione ripetuta o di evitamento: assolve alla funzione di resistenza contro l'affiorare di ricordi che disturbano; b) azione coatta: esecuzione di un atto contrario o al di là dell'intenzione cosciente, tendente a ripetersi accompagnato da stati ansiosi che riflettono lo sforzo del soggetto impegnato ad impedirlo. Solitamente si tratta di a. stilizzate e rituali, la cui grossa componente ossessiva lascia trasparire motivi o idee inconsce che si vogliono contenere; c) azione sintomatica: si riferisce a gesti frequenti e abituali, apparentemente privi di significato, da impuntare a tendenze inconsce. Freud li distingue dai lapsus perché si tratterebbe di sintomi rivelatori di particolari fantasie e non del risultato di un conflitto tra due intenzioni contrarie, di cui il lapsus sarebbe il risultato; d) azione specifica: è l'a. che risolve una tensione interna creata da un bisogno che attende un soddisfacimento.