Autismo infantile

Autismo infantile
Disturbo che si manifesta prima dei 3 anni di età, caratterizzato da uno sviluppo notevolmente anomalo o deficitario dell'interesse sociale e della comunicazione e da una notevole ristrettezza del repertorio di attività e interessi (DSM-IV-R). Non dissimili sono i criteri adottati dall'OMS, che classifica l'a. tra le sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico e ne sottolinea l'inadeguata capacità di cogliere i segnali socio-emozionali con scarso uso di segnali sociali e mancanza di reciprocità socio-emozionale. Da sempre esiste una notevole confusione terminologica per quel che concerne i disturbi psichici peculiari dei primi anni di vita. Nel corso del XIX secolo non veniva fatta alcuna distinzione fra demenza, deficienza intellettiva e alcuni gravi disturbi del carattere; era ammesso che in alcuni casi l'insorgenza della psicosi si facesse risalire a epoca infantile (Kraepelin, Bleuler), ma non era stata isolata alcuna forma particolare. Fu per primo De Santis nel 1906 a descrivere quadri di demenza precocissima, ossia bambini che, generalmente classificati come oligofrenici, presentavano invece, a un'attenta valutazione, molti dei sintomi descritti da Kraepelin nella dementia praecox degli adulti, come manierismi, stereotipie e sintomi della serie catatonica. Potter nel 1933 introdusse l'espressione schizofrenia infantile, considerando essenziale per la diagnosi l'esistenza di una regressione intellettuale e affettiva che necessitava, quindi, di una struttura già in parte organizzata e non pertinente ai primi periodi della vita. Nel frattempo, andavano delineandosi due tendenze fondamentali e opposte sull'uso dell'espressione schizofrenia infantile, restrittiva la prima, includendo in tale quadro solo individui senza segni di cerebropatie, ed estensiva la seconda, che includeva diverse forme anche su base organica certa. Le polemiche e la confusione generata condussero all'abolizione della formula schizofrenia nella psichiatria prepuberale e all'utilizzo dell'espressione psicosi infantile da parte degli autori a orientamento psicoanalitico. Nel 1942 Kanner descrisse i primi 15 casi studiati di a. infantile, distinguendolo dalla schizofrenia infantile per l'estremo isolamento e il distacco dall'ambiente fin dal primo anno di vita. I bambini autistici arrivano spesso all'osservazione con sospetto di cecità e sordità o perché i genitori ne apprezzano l'isolamento progressivo e le particolari manifestazioni comportamentali che li fanno apparire come incapsulati, rinchiusi in una fortezza vuota dalla quale guardano il mondo senza apparente componente affettiva o intento di comunicare. I criteri diagnostici adottati dal DSM-IV-R contemplano una compromissione qualitativa dell'interazione sociale che si manifesta con marcata compromissione nell'uso di svariati comportamenti non verbali (gesti, postura, mimica, sguardo) che regolano l'interazione sociale, incapacità di sviluppare relazioni con i coetanei adeguate al livello di sviluppo; mancanza di ricerca spontanea della condizione di gioie, interessi o obiettivi con altre persone; mancanza di reciprocità sociale ed emotiva. È inoltre presente compromissione qualitativa della comunicazione, come manifestato da un ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato o marcata compromissione della capacità di iniziare o sostenere una conversazione con altri, uso di linguaggio eccentrico o stereotipato, mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione sociale adeguati al livello di sviluppo; modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati, come manifestato da dedizione assorbente a uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati anomali o per intensità o per focalizzazione; sottomissione rigida a inutili abitudini o rituali specifici, manierismi motori stereotipati e ripetitivi, persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetto. Nel 75% dei casi coesiste un ritardo mentale (di solito di entità moderata, con QI 35-50), con possibili anomalie dello sviluppo delle capacità cognitive, che presentano un profilo irregolare. All'esame obiettivo possono essere rilevati diversi segni neurologici, come riflessi primitivi e ritardato sviluppo della dominanza di lato, a volte con un'associazione neurologica o medica generale di base (percentuali variabili, a seconda degli autori, dal 5% al 30%), come la fenilchetonuria, la sclerosi tuberosa, la sindrome dell'X-fragile, anossia alla nascita, rosolia materna, encefalite). Nel 25% dei casi possono svilupparsi convulsioni. La prevalenza sarebbe di 2-5 casi su 10.000 soggetti con un rapporto maschi:femmine di 3-4:1. Il decorso raramente evolve in psicosi allucinatorie o deliranti tardive. La capacità di linguaggio e il livello intellettivo generale sono i fattori che più fortemente condizionano la prognosi definitiva. In 1/3 dei casi è possibile un certo grado di indipendenza parziale. Per lo più l'esito è in una forma di psicopatia postautistica a carattere deficitario, connotata da infantilismo psichico e bizzarrie con scarsa integrazione sociale. Nell'originaria descrizione di Kanner (1942) l'a. veniva considerato una sindrome puramente psicogena, mentre oggi si pensa che si tratti di una modalità di organizzazione psicotica precocissima che può avere variabile patogenesi e nella quale è implicita anche una componente difettiva primaria. La limitazione delle capacità del soggetto nel recepire la realtà e gli stimoli esterni complessi sarebbe legata a un deficit integrativo di base a carico del SNC o ad un difetto nelle esperienze e negli apprendimenti precoci del bambino. Accanto ai quadri a base organica certa già accennati, l'anamnesi mette comunque molto spesso in evidenza una sofferenza fetale o neonatale chiamata in causa nel determinare i cosiddetti minimal brain damages (danni cerebrali minimi). L'indagine sui sistemi neurotrasmettitoriali ha evidenziato alti tassi di serotonina nel sangue in toto, con anormalità dei processi di ricaptazione e di rilascio piastrinico correlabili al livello intellettivo e all'età dei soggetti, fornendo conferme all'ipotesi di un ritardo maturativo del SNC. Si sarebbe inoltre evidenziato un aumento dell'acido omovanillico (metabolita della dopamina) nel liquor di soggetti autistici, mentre i livelli urinari di MHPG (metabolita principale della noradrenalina) e di catecolamine sarebbero ridotti rispetto ai soggetti normali. Studi sul sistema immunitario avrebbero evidenziato anormalità nelle risposte linfocitarie e analogie immunologiche tra a. e malattie da virus lenti e autoanticorpi contro i recettori della 5-HT. Studi neurofisiologici con i potenziali evocati evidenziano un deficit nella modulazione degli input sensoriali e dell'output motorio a livello del tronco, permettendo tra l'altro di escludere cecità e sordità. Alterazioni del funzionamento delle aree mesocorticali con strette connessioni col sistema limbico sarebbero, secondo alcune ipotesi, alla base della dissociazione tra sentimenti e segni emozionali. L'a. sembra situarsi alla convergenza di molteplici fattori neurobiologici e psicologici che interagiscono fra loro. L'ipotesi di una genesi psicogena è stata portata avanti da diversi autori in riferimento a teorie psicoanalitiche e comportamentali. La scuola kleiniana e postkleiniana ha sottolineato il ruolo primario svolto dalla figura materna che, nel caso del bambino autistico, verrebbe a perdere la sua funzione di contenitore esterno delle emozioni. Il bambino si troverebbe nell'impossibilità di metabolizzare gli stimoli provenienti dall'interno e dall'esterno, vissuti come minacciosi per la propria integrità, e metterebbe in atto complesse operazioni difensive che lo porterebbero all'autoincapsulamento. Il bambino rimarrebbe fissato alla fase autistica (primi 3 mesi), senza raggiungere la fase di separazione-individuazione. Le ricerche a indirizzo cognitivo hanno individuato un deficit primario del linguaggio di tipo cognitivo-linguistico. Altri autori hanno sottolineato il deficit delle capacità di simbolizzare, ma ancora non si è trovato accordo sull'esistenza di un'alterazione primaria e sulla sua identificazione. Meltzer (1989) e Tustin (1981) hanno sottolineato la frequente presenza di una depressione postpartum nella madre. Dal punto di vista terapeutico appare spesso necessario compiere un lavoro di preparazione alla psicoterapia con uso di tecniche speciali come musicoterapie, terapie a mediazione corporea, terapie del linguaggio, terapie familiari e comportamentali. La terapia farmacologica, che utilizza prevalentemente neurolettici, è limitata alla diminuzione dell'angoscia e delle condotte aggressive.